Confused Songwriter, album di esordio di Arizona Parker, è improntato alla tematica delle relazioni

http://www.arizonaparker.com

Mi capita, a volte, di sentirmi conquistata fin dal primo momento dall’ascolto di un album di un artista che non conosco. L’emozione è ancora più grande se ho occasione di ascoltare per la prima volta, dal vivo, un personaggio con il quale si stabilisce da subito una sintonia, un’affinità elettiva. Ho avuto modo di conoscere Arizona Parker soltanto qualche giorno fa, in occasione di un concerto per il Record Store Day alla Feltrinelli di Milano, di cui ho già parlato. Nel suo set ha presentato in versione minimal tre brani – A Mess of Goodbye, Over Me, Black Window – tratti dal suo album Confused Songwriter. E le sue canzoni mi hanno davvero toccato nel profondo, come se riconoscessi in esse una parte di me.

Il disco di esordio di Arizona (pseudonimo di Giorgia Carena), autoprodotto, è interamente improntato alla tematica delle relazioni. Rapporti che terminano, che ricominciano; legami che restano vivi solo nella memoria, quando si decide di contare solo su se stessi, con o senza il ricordo o la presenza delle persone con cui abbiamo condiviso parte della nostra vita.

photo by Arizona Parker

Confused Songwriter è un album dalle sonorità pop-rock prodotto in Italia, ma con un respiro che travalica l’oceano e approda negli USA, nelle terre vaste e assolate e che da sempre affascinano l’artista al punto da volerne assumere il nome. Già il titolo del lavoro è emblematico, poiché la confusione è un sentimento dalle molteplici implicazioni. Si può essere confusi perché incerti sulla direzione da prendere, o perché ciò che accade ci impone di indagare dentro noi stessi ma, proprio per il sovrabbondare di emozioni, non troviamo risposta ai nostri interrogativi. I dieci brani dell’album si susseguono scandagliando l’interiorità e descrivendo tutte le sfaccettature delle relazioni interpersonali. Arizona esprime emozioni, vissuti, desideri, aspirazioni che hanno valenza universale, ma sono espressi in prima persona per veicolare un maggiore coinvolgimento.

Si comincia con Dead On The Throne a parlare di un rapporto fatto di schermaglie, di alternanze: si può non volere qualcuno e poi scoprire che tutto ciò che desideriamo è, in realtà, la persona che abbiamo cercato di allontanare:

I didn’t want to be your baby

Now I’m just waiting

Hold your hands around me, it’s not late to find me

In the dark you smell my scent, in your sound I place myself

photo by Pier Maria Mazza

In A Mess of Goodbye si racconta un amore finito e quanto sia difficile dire addio. Over Me è dedicata ad un partner che inganna, che rifiuta, che non vede i bisogni della sua donna, la quale vorrebbe trovare la forza di separarsi da lui. Il brano ha un andamento incalzante, sostenuto, quasi a voler esprimere il battito cardiaco accelerato di chi fugge, frastornato da una un rapporto destabilizzante. In All I Want Is You, invece, l’io lirico non riesce a staccarsi da una relazione totalizzante:

All I want is you, all I feel is blue

I can’t stand no more life without your love

‘Cause all my life, every night, it’s like a nothing, it’s like a sight

Quando poi l’amore finisce a causa di una persona che si insinua nella coppia, la reazione è forte, e la voce narrante può usare anche termini forti (pissed off, bloody word) per esprimere il proprio disappunto. L’addio è necessario: in Black Window, uno dei brani più efficaci dell’album, la persona amata viene lasciata alla nuova relazione ed al proprio destino. In What U R il rapporto non si interromperà nonostante le incomprensioni, perché c’è la volontà di superarle. Always Alone si basa invece sull’amara consapevolezza del sentirsi inadeguati, destinati alla solitudine:

Always alone, I’ve been always alone

In the days of my life, in the name of my pride

It’s me that always failed to get out of myself, to get out of my world

photo by Arizona Parker

In Still Here l’io lirico attende spiegazioni che rendano giustizia ad un legame ormai infranto, ma poi la situazione si ribalta ed è il partner ad attendere chiarimenti che non arriveranno. Segue Alive Again, un inno al coraggio, alla resilienza, alla volontà di rinascita. L’album si chiude con una nota di pessimismo: in Immortality prevale la consapevolezza che il tempo è ormai trascorso e che nulla torna indietro.

Nei credits del booklet è presente un ringraziamento a Bruce Springsteen. A questo proposito, e interpellata riguardo ai musicisti che ritiene dei punti di riferimento per la propria esperienza umana e artistica, Arizona racconta:

Bruce ha segnato tutta la mia vita, per me è stato il terzo genitore, sin da quando ho preso in mano per la prima volta il primo disco che ho comprato. Lui è stato il mio psicologo, il mio mentore, la mia strada illuminata nel buio. A fianco, a pochi passi Johnny Cash, Tom Waits, Vinicio Capossela, Chris Cornell, Live, Candle Box, Nirvana, Pearl Jam, Pink Floyd, Chavela Vargas, Paolo Nutini… poi ascolto tanto, tantissimo jazz. chicche scelte di blues.E poi naturalmente mio padre, pianista meraviglioso e colonna sonora della mia infanzia.

photo by Claudio Rampinini

Nel disco, prodotto da Stefano Pulga, Arizona suona anche il pianoforte e il basso e si avvale della collaborazione di eccellenti musicisti come Angelo Corvino alla batteria e Fabrizio Gagliardi e Roberto Grazioli alla chitarra. Immortality è stata invece prodotta da Gianfranco Calvi.

La grande passione per la fotografia – Arizona è anche fotografa professionista – si evince dalle affascinanti immagini che costituiscono l’artwork dell’album. Sulla copertina la figura della musicista si staglia su un paesaggio assolato e desertico. Il cielo è terso, la luce è forte e Giorgia si ripara gli occhi con la mano, guardando lontano. Nella prima pagina del booklet è presente una citazione da “Space Oddity” di David Bowie. Scatti in bianco e nero e a colori si alternano, spazi aperti e climi aridi costituiscono il setting del photoset. Particolarmente affascinante è l’immagine in cui alcune carcasse di automobili campeggiano in mezzo al deserto.

photo by Arizona Parker

Confused Songwriter è un disco che conquista per i ritmi incalzanti e per la voce della cantante che ci guida nei meandri dell’anima e dell’esistenza. E Arizona, in realtà, è tutt’altro che una “confused songwriter” perché sì, le relazioni interpersonali possono anche essere destabilizzanti, ma la sua scrittura ispirata e la sua abilità compositiva, accompagnate da un’eccellente produzione, sono sicure, mature e convincenti.

Ringrazio Arizona Parker per la preziosa collaborazione e per la gentile concessione delle sue foto.