Alessio Lega ha presentato il suo libro “La Resistenza in 100 canti” in occasione del 25 aprile

 «La Resistenza ebbe le armi e le canzoni. Impossibile pensarla senza le une o senza le altre. Troppo semplice sarebbe dire che le canzoni senza armi non possono affrontare i nazisti – a canzoni non si fan rivoluzioni – ma ditemi voi, quale rivoluzione non abbia almeno una canzone? … Le canzoni di questo libro sono, a mio avviso, le più significative e sono soprattutto il racconto cantato di questa nostra epopea popolare, che in fondo non è altro che una bellissima canzone. La più bella canzone che il popolo italiano abbia cantato per l’amata libertà. Come si canta un canto d’amore per chi verrà dopo di noi.»

Queste parole di Alessio Lega, tratte dall’introduzione del suo ultimo libro “La Resistenza in 100 canti”, edito da Mimesis, riassumono efficacemente il ruolo che i canti popolari ebbero durante i venti mesi che portarono alla liberazione dal fascismo. Essi furono espressione della vita quotidiana, dei sogni, delle speranze, della memoria, ma soprattutto della lotta per la libertà, aspra e drammatica, condotta dai partigiani, e della volontà popolare di tramandare episodi e rievocare figure che hanno portato alla costruzione di una nuova Italia.

Oggi, 25 aprile 2022, nel 77mo anniversario della Liberazione, una riflessione sul ruolo delle canzoni nel lungo e faticoso processo che portò l’Italia fuori dalla seconda guerra mondiale è necessaria, ed è avvertita da più parti. Proprio da pochi giorni, esattamente due settimane fa al cinema e venerdì scorso sulla RAI, è stato infatti trasmesso il documentario Bella Ciao di Giulia Giapponesi, che dimostra, attraverso numerose testimonianze, ricerche e aneddoti, l’importanza che questo canto ha avuto non solo in epoca partigiana, ma soprattutto nei decenni successivi, in tutto il mondo, come inno di libertà e di rifiuto di ogni tipo di oppressione.

Come ha dichiarato lo stesso Lega, la canzone è uno strumento essenziale per raccontare la storia di chi non ha voce. Cantautori come Fabrizio De André hanno narrato molto spesso vicende di personaggi, reali e immaginari, e allo stesso modo le canzoni popolari, tramandate oralmente, sono “portatrici di storie”. L’artista pugliese ha presentato il suo libro in uno spettacolo, organizzato dall’ANPI di Rescaldina ed andato in scena proprio ieri sera, intitolato “Qui Radio Libertà”, accompagnato dal fisarmonicista Guido Baldoni e da Rocco Marchi alle percussioni e al basso. La sua performance ha ripercorso le varie fasi dell’evoluzione dei canti popolari che inneggiano alla libertà. Quello di “Resistenza”, secondo il musicista, non è un concetto legato ad un momento storico, bensì un atteggiamento esistenziale: la vera resistenza, infatti, è quella che la vita oppone alla morte.

Lega, leccese di nascita ma milanese d’adozione, cantautore, scrittore e performer, è considerato oggi il rappresentante più coerente del canto sociale, fra canzone d’autore e riproposizione dei repertori storici. Ha avuto importanti riconoscimenti a livello nazionale, tra i quali il Premio Lunezia, la Targa Tenco per la miglior opera prima nel 2004 e, sempre al Tenco, la Targa come miglior interprete (2019). Di dichiarata fede anarchica, il musicista, in oltre 25 anni di carriera, si è sempre dimostrato sensibile alle tematiche della marginalità sociale, della solidarietà, della memoria storica, e ha sempre mantenuto intatta la propria coerenza e indipendenza anche a discapito delle logiche commerciali.

Il cantautore ha aperto il suo spettacolo con La guerra di Piero di Fabrizio de André, un brano che parla di “resistenza” proprio in questo significato più ampio: il soldato Piero, nell’attimo di esitazione che gli impedisce di sparare, riconosce il valore della vita del suo “nemico” a prezzo della sua stessa sopravvivenza. Lega ha poi rievocato la vicenda di “Radio Libertà”, emittente radiofonica partigiana nata clandestinamente a Biella per opera di Sandro Berruto, che fino a pochi giorni prima del 25 aprile 1945 trasmise notizie, ma anche canzoni, eseguite dal vivo da cantanti e musicisti, per infondere coraggio e speranza negli ascoltatori. Altra storia di resistenza partigiana è quella dei siciliani fratelli Di Dio, le cui vite si intrecciarono con quelle del “partigiano galantuomo”, l’architetto Beltrami. E poi altre figure come quelle di Duccio Galimberti, Nuto Revelli, Felice Cascione, Giovanni Pesce: protagonisti di episodi, autori di testi o immortalati nelle canzoni, tutti questi personaggi sono stati riportati in vita da Lega in brani come Fischia il vento, Dalle belle città, Pietà l’è morta, La Badoglieide.

photo by Mary Nowhere

I toni delle canzoni sono differenti: battaglieri, sentimentali, satirici o nostalgici. Nell’epoca della guerra civile, i canti rappresentavano infatti, a vario titolo, i sentimenti della collettività e accompagnavano la quotidianità dei combattenti, durante le estenuanti marce o durante le azioni; al tempo stesso, le canzoni rievocavano episodi, personaggi, tragedie, ma esprimevano anche nostalgia, amore, ribellione. Lega ha riportato alla luce anche le vicende degli scugnizzi che combatterono per la liberazione di Napoli e ha reso omaggio alla Resistenza francese, con Le Partisan, che venne tradotta in inglese da Leonard Cohen. Espressione di un’altra Resistenza, quella che chiede dignità per tutti gli individui garantendo il diritto al lavoro, è O cara moglie di Ivan Dalla Mea, un brano che non manca mai nelle setlist del musicista; il concerto si è poi concluso con l’interpretazione di un pezzo su uno degli episodi più toccanti della storia della Liberazione, l’eccidio dei sette fratelli Cervi, tradotto in poesia da Marino Severini dei Gang ne La pianura dei sette fratelli. Nel finale non poteva mancare Bella Ciao, canzone che, come l’ha definita Carlo Pestelli, autore di un libro ad essa dedicato, è “un piccolo bene immateriale, che agisce sulla coscienza come qualcosa che arriva da lontano, quasi a segnare il confine tra la guerra e la nuova primavera dei popoli; un’elegia del presente che è anche, e sempre, una continua rinascita della storia della libertà”. Per questi ultimi due brani Alessio Lega ha invitato sul palco Renato Franchi, cantautore locale sempre molto attivo sul territorio nelle iniziative legate alla memoria storica e quindi presenza estremamente significativa.

photo by Mary Nowhere

Il libro curato da Lega raggruppa le canzoni dedicate alla Resistenza in cinque capitoli. Il primo gruppo comprende gli “inni di un popolo in rivolta”, quelli cantati durante la guerra civile vera e propria che ebbe luogo dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, come Fischia il vento, un adattamento del ligure della melodia tradizionale russa Katiuscia, Pietà l’è morta scritta da Nuto Revelli, Il bersagliere ha cento penne. Ma anche il canto soldatesco Compagni Fratelli Cervi, reso celebre dall’interpretazione di Giovanna Daffini, e tutti i canti partigiani anarchici. Seguono poi le canzoni di tematica antifascista, nate tra il 1921 e l’armistizio dell’8 settembre, quelle scritte dopo il 1945 e quelle appartenenti alla Resistenza di altri Stati europei. Il libro è stato realizzato nell’arco di breve tempo, vale a dire in soli due mesi, tra il gennaio e il marzo di quest’anno; quello che lo differenzia dai precedenti volumi scritti sullo stesso argomento da Roberto Leydi nel 1960 e da Michele Straniero nel 1985 è che i due etnomusicologi avevano analizzato i brani dal punto di vista filologico, come autentiche poesie popolari inquadrate nel momento storico in cui erano nate, mentre l’indagine di Lega si rivolge soprattutto a recuperare le storie che hanno dato origine alle canzoni, quindi la parte più intima ed emotiva della Resistenza. È una raccolta di vicende umane; le canzoni erano un modo, per i loro protagonisti, di lasciare la loro traccia nella storia, tramite la cultura orale, e pertanto esse sono impregnate dall’urgenza di cantare l’amore per la vita nella consapevolezza del rischio di perderla.

Come ribadisce il cantautore nella prefazione al volume da lui curato, «La Resistenza fu armata e non solo o principalmente di chitarra e fisarmonica, sarebbe ipocrita non ammetterlo; la Resistenza si fece carico di una guerra che conducesse alla pace, perché questo furono i partigiani: i guerrieri della pace, gli unici che combattevano perché mai più ci fossero guerre». Nonostante fossero inevitabili le diversità di approcci e di visioni tra gli stessi partigiani (basti pensare al dibattito di questi ultimi tempi tra l’ANPI ed altri soggetti rispetto alle posizioni riguardo la guerra in Ucraina) l’intento di liberazione, a volte espresso proprio nella dimensione del canto, li accomunava sempre : Lega afferma infatti, sempre nell’introduzione, «Mica andavano tutti d’accordo i partigiani, ma tutti intonarono in coro (con qualche dissonanza) il grande canto della libertà».

Spartiacque etico, politico, culturale, la Resistenza continua a essere un punto di riferimento per ogni movimento progressista, democratico, rivoluzionario italiano. I canti diffusi durante la guerra partigiana sono la testimonianza diretta delle opere, degli uomini e dei giorni che diedero vita a un’altra Italia. Le canzoni ad essa dedicate hanno consentito di conservare nella memoria dei popoli destini personali ed eroismi collettivi.