Massimo Bubola ha presentato a Milano il suo ultimo romanzo “Sognai talmente forte”
Se non riesci a piangere, le canzoni piangono per te. Se sei disperato, si disperano con te e cercano subito il punto da dove si è staccata l’ombra del dolore. Se ti senti umiliato, si sdraiano davanti a te, come se fossi il loro re, e ti alzano da terra e ti ridanno la corona. Se non sai dire parole d’amore, loro te le suggeriscono da dietro una porta, da un vaso di gerani, o dai fianchi di una chitarra. Se sei perso si perdono con te, e ti riportano dove non sapevi tornare.
Il potere delle canzoni è straordinario: esse possono riportare alla luce emozioni dimenticate, risvegliare sentimenti sopiti, insinuarsi negli anfratti più profondi dell’anima per colmare il nostro vuoto interiore. Possono scorrere come linfa nel nostro corpo restituendoci energia vitale, possono persino farci diventare chi abbiamo sempre desiderato essere. Ci sono poi figure che, una volta tratteggiate dalla penna e dalla chitarra di un cantautore, sono entrate nell’immaginario collettivo, divenendo quasi degli archetipi. E se tutto questo è vero per la maggior parte delle composizioni, lo è in particolar modo per quelle firmate da Massimo Bubola, che in quarant’anni di carriera ha realizzato venti album e più di trecento brani, molti dei quali collocabili tra i migliori del panorama musicale italiano: basti pensare a Il cielo d’Irlanda e poi a Rimini, Fiume Sand Creek, Volta la carta, Il canto del servo pastore, Don Raffaè, scritte insieme a Fabrizio De André.

Bubola è stato definito più volte dalla critica un autentico poeta, ma si è spesso cimentato anche con il romanzo e la ricerca storica. Nel 2006 ha pubblicato una raccolta di liriche dal titolo Neve sugli aranci e nel 2009 il suo primo romanzo, Rapsodia delle terre basse. Si è poi dedicato alla riscoperta del patrimonio artistico, musicale e storico legato alle vicende della Prima guerra mondiale in Italia, da cui hanno avuto origine due album di inediti e un’antologia. Nel 2017 il suo romanzo Ballata senza nome (Frassinelli), sempre legato alle vicende della Grande Guerra, è stato celebrato dalla critica, aggiudicandosi il Premio Croce, e molto apprezzato dal pubblico. E adesso il cantautore veronese è tornato con una nuova opera letteraria, Sognai talmente forte, uscita il 13 settembre 2022 ed edita da Mondadori.
Il titolo, come è noto, è l’incipit della terza strofa del brano Fiume Sand Creek ed è legato ad un aneddoto che il musicista racconta spesso durante i suoi concerti. Figura fondamentale del vissuto di Bubola è stata quella del nonno, personaggio determinante nella sua crescita e nella sua educazione, che gli insegnò, tra le altre cose, ad apprezzare la poesia fin da bambino. Di fronte alle frequenti epistassi del piccolo Massimo, egli un giorno gli suggerì di “sognare più piano”, ispirando così in seguito i memorabili versi “Sognai talmente forte/che mi uscì il sangue dal naso”.
L’antecedente del romanzo sono le innumerevoli canzoni nate dalla creatività del musicista veneto: il protagonista, l’anziano Callimaco, nel suo ultimo giorno di vita ripensa alla sua esistenza, circondato dalle persone che ama di più, e rievoca luoghi e figure che ne hanno contrassegnato i momenti più significativi. Luoghi e figure che, in realtà, fanno parte del vissuto emotivo di molti lettori, poiché sono stati resi immortali dalle composizioni di Bubola stesso. Gli affetti più cari che il protagonista ha vicino a sé sono Ermelinda, la moglie, e il caro nipote Gilroy. Callimaco racconta loro di quando, da bambino, era il piccolo Servo pastore, da tutti conosciuto per il suo indomito spirito di spensierata libertà; dialoga, in sogno, con la figlia Teresa dagli “occhi secchi”, che dal mare di Rimini finisce i propri giorni nell’Argentina della dittatura, dopo essere stata sottoposta, insieme a molti altri prigionieri politici, ad ignobili torture; si commuove, poi, ripensando ai nativi americani vittime dello sterminio che ebbe luogo nel 1864 in riva al Fiume Sand Creek. Nei suoi ricordi e nelle sue fantasie il mazzo di Volta la carta diventa un ciclo di affreschi e persino Madama Doré prende la parola per narrare le surreali vicissitudini delle sue sei figlie. Ma tra le reminiscenze dell’anziano patriarca c’è posto anche per Il cielo d’Irlanda, l’Hotel Supramonte e per tante altre situazioni e vicende descritte nelle canzoni dell’autore.
Lunedì 19 settembre il cantautore ha presentato il volume alla Libreria Feltrinelli di Piazza Duomo a Milano, Dialogando con Alessandra Tedesco, Massimo Bubola ha confermato il suo spessore di artista dotato di grande cultura e sensibilità. Egli, nella sua lunga carriera, si è misurato con varie forme compositive, musicali e letterarie, e ha spesso messo in gioco la propria esperienza personale ed elementi del proprio vissuto nelle sue opere, trasfigurati nella realtà poetica delle sue canzoni e dei suoi romanzi. E la sua è un’autentica prosa poetica, come è dimostrato anche da quest’ultimo lavoro in cui, come il Dostoevskij del suo brano del 1994, egli “curva” le parole, accosta termini in modo inedito, crea immagini e sequenze ricche di fascino. Del resto il musicista ha più volte avuto occasione di ribadire che scrittura letteraria e scrittura di canzoni sono modalità espressive analoghe e con pari dignità. Bubola si è nutrito di poesia fin da bambino, anche grazie al padre insegnante, che spesso gli faceva imparare componimenti a memoria. È inoltre molto legato anche alla letteratura orale, di matrice contadina, della sua terra, che egli definisce “la Mesopotamia d’Italia”, situata tra l’Adige e il Po.


Il cantautore ha spiegato che il nome “Callimaco”, che significa “buon combattente”, viene attribuito al protagonista che fin da bambino, poiché orfano, aveva dovuto lottare per la propria sopravvivenza. Ma questo nome appartiene anche a uno dei più grandi lirici greci, di epoca ellenistica, che influenzò Virgilio, Orazio e Ovidio e fu inventore del verso dodecasillabo cosiddetto “alessandrino”. Inoltre, come Bubola stesso racconta nel romanzo, il poeta scriveva “per combattere con la bellezza delle parole la povertà e le asperità del vivere” e questo sentire lo avvicina indubbiamente al personaggio del romanzo che, come ha suggerito Tedesco, potrebbe rappresentare un alter ego dell’autore stesso. Callimaco, nel libro, riveste anche altri due ruoli: quello del faqir, un emarginato che però è in contatto con la divina essenza, e quella del pharmakos, che nell’antica Grecia era una sorta di capro espiatorio. Queste figure, come lo stesso protagonista, erano individui separati dalla società e al tempo stesso erano dotati di qualità eccezionali. Le stesse qualità che accomunavano poeti e artisti dotati di un talento visionario, che però si scontravano duramente con la realtà, come lo stesso Dino Campana, a cui Bubola ha dedicato una canzone.

Rispetto al fatto che la letteratura debba parlare della contemporaneità, il cantautore ritiene che essa non debba essere legata alla stretta attualità, ma debba toccare tematiche universali e di più ampio respiro. “I buoni libri sono per tutti e per sempre”, ha affermato: nella sua visione la letteratura deve essere utile e necessaria. E anche la musica è utile, tanto che nel romanzo Callimaco dichiara che “cantare è esistere”. Così, sul letto di morte, l’uomo raduna intorno a sé tutti i ricordi, gli eventi e i sogni di un’intera esistenza; allo stesso modo, il songwriter veneto ha raccolto nel suo ultimo romanzo le sue creazioni più preziose e memorabili, “riportandole a casa“ per farle rivivere in un nuovo contesto. Perché le canzoni dei grandi cantautori, oltre a rappresentare l’evolversi del loro pensiero e della loro creatività, acquisiscono una vita propria. Esse hanno il potere di riconciliarci con noi stessi e di riportare a casa chi le ascolta.
Le canzoni non ti fanno morire d’esilio perché, cantando, le parole ti mostrano i muri e le piazze della tua vecchia, malinconica patria, e ti riportano a casa. Di strofa in strofa, di onda in onda, di collina in collina ti portano a casa. Di pietra in pietra, di contrada in contrada, la corda intrecciata delle note e delle strofe ti riporta a casa, nella patria lasciata e tanto vagheggiata, quella che ti aveva disdegnato e fatto partire un tempo.
Le parole di Callimaco esprimono efficacemente quanto le canzoni siano importanti e quale straordinario potere possiedano. Massimo Bubola, scrittore di grande talento, autore e coautore di pietre miliari nella discografia italiana, in questo romanzo conduce il lettore per mano sui sentieri dell’immaginazione e della poesia, lungo i quali ogni istante di vita si riempie di bellezza, di consolazione e d’amore.

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