Eugenio Finardi ha presentato il suo ultimo album “Euphonia Suite” in uno showcase a Lissone

Euphonia è una parola greca (εὐϕωνία) composta dal prefisso εὖ «bene» e ϕωνή «voce» e significa, dunque, “suono gradevole”. Ma il prefisso εὖ compare anche nel nome “Eugenio”, derivante dal termine ευγενης (εὖ più γενης), cioè “ben nato” o “di nobile stirpe”. Non è detto che Eugenio Finardi abbia voluto inserire un elemento autoreferenziale nel titolo del suo ultimo disco, ma si tratta indubbiamente di un’ipotesi affascinante.

“Euphonia Suite”, di recentissima pubblicazione – uscito il 14 ottobre 2022 – è un album (doppio, nella versione in vinile) composto da 17 brani, la maggior parte scelti tra i più significativi della quasi cinquantennale carriera del cantautore. Essi vengono riproposti in una nuova veste, vale a dire con il solo accompagnamento del pianoforte di Mirko Signorile e del sax di Raffaele Casarano, che si uniscono in raffinati arrangiamenti alla ricerca vocale di Finardi nel realizzare una “suite”, come annuncia il titolo stesso, della durata di un’ora e 10 minuti, concepita per essere fruita in un unico ascolto. Le tracce vanno così a costituire le strofe di una sorta di “metacanzone” il cui scopo è condurre l’ascoltatore verso uno stato di maggiore consapevolezza, accompagnandolo in una sorta di viaggio ideale lungo i meandri della propria interiorità. Le atmosfere sono affini all’ambito del jazz con spunti di musica rock, classica e contemporanea, ma il disco non vuole essere classificato in un genere, perché il suo intento va al di là del mero contenuto.

Il songwriter milanese ha presentato “Euphonia” in una serie di showcases, uno dei quali si è tenuto a Lissone, lo scorso 27 ottobre, presso “Carillon Dischi”. Si tratta di un negozio molto particolare, gestito con passione da Massimo Colombo, che si configura come una “costola” del prestigioso store di hi-fi “Il Tempio del suono”. Così Finardi ha illustrato in un insolito contesto, circondato da impianti stereofonici di altissimo livello, la genesi e il significato dell’album, per poi passare al tradizionale “firmacopie” attorniato da scaffali colmi di vinili nuovi e vintage, CD, libri e poster di artisti che hanno fatto la storia del rock.

L’album, come l’artista ha raccontato, affonda le sue radici in alcune collaborazioni con Casarano e Signorile risalenti ad una decina di anni fa, legate a concerti occasionali in cui i suoi brani venivano riproposti in versioni “jazz” che comunque non rientravano (volutamente) appieno nei canoni del genere. A distanza di diversi anni, durante il lockdown, il cantautore ha voluto concretizzare il sogno di dare vita ad una suite vera e propria, una narrazione musicale di ampio respiro, lavorando con il pianista ed il sassofonista in un rapporto “paritario”, vale a dire mantenendo voce e strumenti sullo stesso piano. Il lavoro è stato realizzato in Puglia, regione della quale i due musicisti sono originari. Così Finardi ha spiegato lo spirito dell’album: “La musica è un incontro con l’assoluto” ha dichiarato “e ha il potere di mettere l’animo umano in contatto con la trascendenza. Rielaborare dei brani già noti utilizzando sonorità inconsuete aveva proprio questo scopo. Per fare questo tipo di esperienza gli ascoltatori dovrebbero accostarsi alle canzoni nella loro totalità ed essenza, senza soffermarsi eccessivamente sul significato delle parole, che deve emergere spontaneamente dal ‘brodo primordiale’ della composizione”. Ascoltare la musica, soprattutto se in essa sono presenti elementi ripetitivi, può condurre a raggiungere uno stato alterato di coscienza, ma anche un grado di consapevolezza superiore. Ben lo sapeva Franco Battiato, con le sue sperimentazioni sonore con i sintetizzatori dei primi anni ’70; l’ascolto, inoltre, può avere anche una funzione “terapeutica”, e qui si potrebbe citare ancora Battiato; tutte queste riflessioni sono emerse durante la presentazione, in uno stream of consciousness in cui Finardi si è rivelato affabulatore coinvolgente e brillante.

Le tracce di “Euphonia”, dunque, si dipanano come una lunga suite in cui vengono riletti brani noti e meno noti della discografia del cantautore, ma anche pezzi scritti da artisti ai quali Eugenio è legato da profondissima amicizia e stima. È presente Una notte in Italia di Ivano Fossati, che costituisce probabilmente il vertice dell’intero album. “Mentre la cantavo mi si è ‘rotta’ la voce, e non riesco ad evitare di commuovermi ogni volta che la interpreto” ha confidato Finardi. “È una canzone straordinaria, che va a toccare, in me, delle corde e dei tasti che non sapevo neppure di avere, generando un’emozione fortissima; è un pezzo magico, di musica quasi sacra” ha aggiunto. Ma c’è anche Oceano di silenzio, un brano mistico e profondo firmato da Franco Battiato, peraltro già inserito in un album del 2003 (“Il silenzio e lo spirito”) che Eugenio ha rivisitato con un’interpretazione suggestiva, quasi esoterica. Del resto, come lui stesso ha osservato, le sperimentazioni vocali sono una parte fondamentale di tutto il disco e la voce è stata da lui utilizzata come un vero e proprio strumento – un “cantare la voce” che rimanda idealmente a Demetrio Stratos, potremmo dire. “Ho appena compiuto settant’anni, sono un vecchio cane senza denti ma ogni tanto mordo ancora… e finché ho la voce a disposizione intendo usarla al meglio!” ha affermato ironicamente il cantautore.

Per rispondere alla curiosità del pubblico, Finardi si è quindi soffermato sull’ispirazione di alcuni brani, raccontando degli aneddoti. Le sue canzoni hanno quasi sempre una matrice autobiografica e, se questo aspetto è particolarmente significativo per Katia, unico inedito dell’album, esso è riscontrabile anche in Le ragazze di Osaka, il cui titolo è legato ad un particolare episodio. Il brano, composto dopo la nascita della figlia Elettra, voleva esprimere lo smarrimento e la necessità di proteggersi dall’indifferenza del mondo esterno, sentimenti causati dal dover affrontare il problema della disabilità. La contemplazione di una vecchia foto raffigurante tre fanciulle giapponesi era diventata per il cantautore un’occasione di rifugio e di consolazione fino a quando, a distanza di tempo e con notevole sconcerto, apprese che in realtà l’immagine raffigurava tre prostitute.

Il musicista, infine, ha evidenziato la particolare cura profusa nella realizzazione dell’artwork, realizzato dallo studio Convertino, team che ha curato alcune tra le più belle copertine nella storia della musica italiana. I tre uccellini che si stagliano sullo sfondo nero della back cover e all’interno del gatefold appartengono ad un genere di passeriformi denominato proprio Euphonia.

Non resta, ora, che mettere il disco sul piatto, “assaporandolo” tutto d’un fiato per poi riascoltarlo e coglierne le molteplici sfaccettature. Da Voglio a Extraterrestre, passando per Dolce Italia e La radio, la suite eufonica di Eugenio Finardi condurrà l’ascoltatore che vorrà abbandonarsi a questo “flusso di coscienza” musicale verso le vette dell’Assoluto Cosmico.