Recitare come scoperta di sé e come via per raggiungere l’assoluto: l’attore si racconta e ricorda la sua collaborazione con Franco Battiato

Penso che l’artista che fa bene il proprio lavoro sia meritevole di benedizioni.

Il mio maestro di teatro, esimio insegnante di non-teatro, sovente diceva che non bisogna accettare l’ammirazione. Chi accetta di essere ammirato è già morto.

Dunque, benedetti gli artisti che non si prodigano per il favore del pubblico. Benedetti gli artisti che non tradiscono il pubblico per i fatidici trenta denari; benedetti gli artisti che invece considerano il pubblico come “il prossimo” in un’ottica cristica. Il prossimo è come se stessi.

Benedetti gli artisti che hanno il coraggio del “vero” contro la menzogna del sistema disumano, disumanizzante e disumanizzato in cui viviamo; contro la menzogna delle leggi di mercato e del consumismo; la vera arte non è e non può essere un fatto consumistico.

Un amico caro e Maestro che vive nell’Aldilà dice che “la menzogna è lo zucchero del diavolo”. E questo zucchero viene elargito a profusione ogni giorno e gratuitamente, ma questa dolcezza presto diventa, e diventerà, una pesante amarezza con la quale tutti facciamo, e faremo i conti.

Il mio Maestro m’insegnò com’è difficile “trovare l’alba dentro l’imbrunire”. Ebbene, è arrivato il momento di scegliere tra l’alba e l’imbrunire. È un aut-aut; non ci sono possibilità intermedie, o l’alba o il tramonto.

Queste ispirate parole di Paolo Raimondi descrivono l’arte, ed in particolare l’arte dell’attore, come ricerca della verità: un apparente paradosso, se pensiamo che recitare significa impersonare qualcun altro, quindi fingere, e la parola “ipocrita” (colui che dissimula per guadagnarsi il favore degli altri, ingannandoli) deriva dal greco ὑποκριτής, (hypokritḗs) che significa proprio “attore”. In coerenza con le sue affermazioni, il percorso professionale e umano di Raimondi si configura come un lungo cammino lungo i sentieri che conducono all’indagine di sé per approdare all’autenticità e alla trasfigurazione di essa in atto artistico, e teatrale in particolare.

Paolo Raimondi ricorda Franco Battiato durante la presentazione del libro “La Stagione dell’amore – Viaggio nella spiritualità di un grande poeta” di Enrico Impalà presso la libreria Ubik di Legnano (ottobre 2022)

Originario di Rescaldina (MI), attore, regista, scrittore e drammaturgo, Paolo ha iniziato la sua attività teatrale negli anni Settanta, frequentando alcuni stages presso il CRT di Milano. Tra le sue collaborazioni più significative, quella con Franco Battiato nello spettacolo “Baby Sitter“. È stato anche animatore culturale presso il “Teatro La Torre” di Rescaldina, fondatore del “Teatrostudioviola” e de “L’Opera delle Acque Teatro” e cofondatore del “Teatro Immediato”. Ricordiamo, inoltre, la sua partecipazione a “I cancelli della Memoria”, un progetto nato nel 2007, che prevedeva la riproposizione dal vivo dei brani dei primi album di Franco Battiato con un ensemble musicale che comprendeva lo storico batterista e percussionista Gianfranco D’Adda e coreografie ed azioni sceniche di Elena Lago.

Battiato rappresenta uno dei fondamentali punti di riferimento dell’attore rescaldinese, ed il testo sopra riportato è tratto da un monologo che quest’ultimo ha interpretato lo scorso 7 gennaio a Busto Arsizio, nell’ambito di una serata dedicata al cantautore siciliano. Le immagini del documentario “Io chi sono?” di Lino Pinna hanno ripercorso, in quell’occasione, la parabola artistica e personale del musicista, indagandone la profonda spiritualità; Renato Franchi & His Band hanno interpretato, con le loro “Suggestioni Cosmiche”, i suoi brani più significativi; gli interventi coreografici di Elena Lago e la testimonianza di Filippo Destrieri, amico e collaboratore di Franco, hanno contribuito a realizzare un ritratto del cantautore dalle molteplici sfaccettature. L’intervento di Raimondi, infine, è stato particolarmente apprezzato ed intenso. A distanza di qualche tempo, ho avuto nuovamente l’occasione di incontrarlo e di porgli alcune domande.

Il Teatro “La Torre” di Rescaldina negli anni Novanta

Ciao Paolo, benvenuto nel mio blog. Quando e come sono nati la tua passione per il teatro e il tuo desiderio di diventare un attore?

Prima del teatro c’è stata la musica, infatti ho cominciato come batterista (batterista è una parola grossa, diciamo che suonicchiavo la batteria), introducendomi nell’ambiente musicale in cui ho conosciuto Renato Franchi, Gianfranco D’Adda, Franco Battiato (grazie allo stesso Gianfranco) e altri. Allora identificavo il teatro con la recitazione, che non mi attraeva affatto anzi, mi infastidiva perché la consideravo una sorta di modalità artistica per mentire. A 18 anni incontrai poi due esponenti del Centro di Ricerca per il Teatro (CRT) di Milano, i quali proponevano la formazione di gruppi teatrali di base della Lombardia con relativi stages teatrali ai quali partecipai, anche se con un po’ di riluttanza all’inizio. Addentrandomi, in questa attività, però, scoprii progressivamente che era proprio ciò che stavo cercando per la mia formazione artistica. In questo modo di fare teatro c’era addirittura una sorta di negazione della recitazione in favore di una autenticità espressiva; cominciava così la mia esperienza nel mondo teatrale, che dura tuttora.

Che cosa è per te il teatro e quali, sono, a tuo avviso, le peculiarità di questa forma d’arte rispetto ad altre, le modalità espressive e comunicative che la rendono unica?

Prima di essere un artista (anche qui, “artista” è una parola grossa e la strada da percorrere è lunghissima), mi definisco un aspirante esoterista (almeno mi sforzo di esserlo) che segue un cammino spirituale, e il teatro è solo un mezzo di espressione particolarmente consono nel quale mi identifico solo parzialmente. Il teatro non è l’arte più elevata, ma offre una grande possibilità espressiva perché può contenere tutte le altre arti. Per me rappresenta un senso di libertà ed estensione espressiva, e rappresenta il valore dell’interdisciplinarità; voglio dire che per fare veramente teatro ci vuole una seria disciplina interiore propria di un ricercatore spirituale. Sappiamo che in origine il teatro è una potentissima forma di rappresentazione rituale, e come tale è sacro. Purtroppo col tempo è stato quasi completamente dissacrato, ma di questo argomento possiamo parlare un’altra volta. Mi impegno moltissimo come attore, regista, anche musicista, drammaturgo, coreografo, scenografo eccetera, perché qui trovo una concreta opportunità per esprimere il mio rapporto con la divinità. Non mi identifico con l’arte fine a se stessa, ma con l’arte che è al servizio di un progetto divino.

Ci sono dei personaggi che hai incontrato nel corso della tua carriera che consideri dei maestri e che hanno influenzato non solo la tua formazione, ma anche la tua esistenza?

Voglio parlare di tre personaggi che ho conosciuto personalmente e con i quali ho interagito direttamente. Il primo è Baba Bedi XVI, che considero come Maestro Spirituale. Ho avuto il privilegio di lavorare con lui per più di 17 anni al Centro di Filosofia Acquariana di Milano, dove ho acquisito e scoperto moltissimo sulle discipline spirituali ed esoteriche, tra le quali l’arte psichica comprendente il teatro psichico. Ciò che Baba definisce come “arte psichica” è l’espressione artistica rivelata dalla Sensibilità Psichica che, a sua volta, è il Terzo Organo della Luce Divina presente in ognuno di noi. Il fondamento dell’Insegnamento di Baba Bedi XVI si può esprimere attraverso queste sue parole: “Non c’è Maestro più grande della Luce: questo è il Dio dentro di noi. Se riconosciamo questo Maestro allora viviamo in libertà”.

Mi permetto di aggiungere, per chi legge, qualche notizia biografica su questa figura. Baba Bedi XVI, nato in Punjab nel 1909, studiò perso diverse università europee (Oxford, Heidelberg, Ginevra) e, tornato in patria, fu figura di spicco del Partito Comunista indiano. Dopo che l’India ottenne l’indipendenza, Bedi si dedicò completamente alla ricerca spirituale e, nel 1972, si trasferì in Italia. Qui sviluppò la sua Filosofia Acquariana, basata sull’insegnamento della terapia vibrazionale e sullo sviluppo della personalità umana mediante l’espressione psichica. Nel 1992 Baba Bedi XVI fondò l’Istituto di Pedagogia Acquariana per trasmettere il suo pensiero filosofico ma morì l’anno seguente. Il Centro di Filosofia Acquariana di Segrate continua tuttora la sua attività sotto la guida della seconda moglie, Antonia Chiappini Bedi. Una curiosità: il famoso attore Kabir Bedi è figlio di Baba e della sua prima moglie Freda.

Paolo Raimondi prosegue così il suo racconto:

Il mio secondo “maestro” è stato Ryszard Cieslak, considerato primo attore del Teatro Laboratorio di Wroclaw in Polonia diretto da Jerzy Grotowski. Con lui ho conosciuto un po’ del “Teatro Povero“, ossia quel teatro basato fondamentalmente sull’attore, il suo corpo e la sua voce. Mi sono ritrovato immerso nell’energia invisibile che si manifestava anche attraverso la mia espressione … e della quale io stesso mi meravigliavo. Gli stages con Cieslak si tenevano al chiuso nel salone del CRT di Milano, e all’aperto, ad esempio in montagna, nel mese di febbraio. Un esercizio di questo stage consisteva nell’uscire dalla baita di notte con un maglioncino leggero, jeans e stivali di gomma, per scoprire e sperimentare il fatto che l’energia è anche calore che si può richiamare con la propria anima, semplicemente mettendosi in armonia con l’anima della Natura. Durante l’incontro personale conclusivo dello stage, Cieslak mi disse soltanto queste poche parole: “Hai fatto un buon lavoro; io e te potremo sempre lavorare assieme. L’importante è ciò che ci ritroviamo nelle mani alla fine della vita; o c’è qualcosa, o non c’è niente.”

Restando invece in ambito italiano, Franco Battiato è stato per te un importante punto di riferimento…

Franco Battiato, col quale ho collaborato per anni, mi ha trasmesso un insegnamento molto particolare, ossia il diritto dell’artista di esprimersi davanti ad un pubblico che “può anche non essere d’accordo su quello che fai”. Franco affermava il diritto di espressione e di autoaffermazione per gli artisti coscienti della propria finalità qualunque essa sia, ma soprattutto quando questa tratta dell’evoluzione della coscienza. Franco era (e lo è ancora perché non è morto ma vive e opera dai Piani Alti), un guerriero della Verità, se così si può dire; le sue armi erano un’eccezionale maestria nella musica, nella parola, nel suono sacro e nella parola sacra, nel teatro, nella pittura e in diverse altre discipline artistiche, e aveva un altrettanto eccezionale conoscenza, spiritualità e umanità, ma la sua arma più potente era l’amore incondizionato per la Verità, il Divino e la Sua Volontà. Per concludere con questa risposta voglio dire che mi sono state insegnanti tutte le persone che ho incontrato, anche quelle cosiddette comuni e quelle considerate insignificanti; non si smette mai di imparare e scoprire qualcosa di nuovo nella vita.

Del tuo sodalizio con Battiato si è parlato in diverse occasioni e recentemente sei stato invitato a rievocarlo in varie iniziative a lui dedicate. Vorresti lasciarci un tuo ricordo di questo straordinario artista e ricordare un episodio significativo che vi ha visti coinvolti?

Qui si tratta di un “episodio duraturo”. Per tutto il tempo della nostra collaborazione, Franco è sempre stato gentile, rispettoso, attento, determinato senza mai essere insistente; era dotato di una raffinata sensibilità e percezione, sapeva sempre in anticipo ciò che ero in grado di fare per tutti i progetti artistici, e non mi ha mai chiesto cose che non sapevo fare. Questo è l’atteggiamento di un Maestro spirituale che conosce il valore dell’artista e del suo operare. Franco sapeva che ero alla continua ricerca della mia strada e non ha mai fatto pesare la sua indiscutibile superiorità e la sua consapevolezza facendomi sentire un suo pari, facendomi sentire grande della mia personale e connaturata grandezza. L’insegnamento più grande che ho assorbito è quello di essere sempre presente a me stesso e di non fuggire mai da me stesso.

Con Franco e un folto gruppo di altri personaggi dell’ambiente musicale ed artistico hai partecipato nel 1977 ad un’esperienza unica: lo spettacolo di teatro sperimentale “Baby Sitter”. Vorresti parlarcene?

Per quanto mi riguarda, per ciò che ho compreso o penso di aver compreso, “Baby Sitter” è stato una “visione artistica” di Franco Battiato da intendersi come sperimentazione di musica teatrale o teatro musicale, in continua e progressiva evoluzione, allo scopo di raggiungere tale visione e concretizzarla in una messinscena. Diventava sempre più chiaro il fatto che si doveva raggiungere un certo livello di “visibilità” della musica. Essa doveva diventare visibile, oltre che udibile, attraverso il teatro, il quale presuppone la dimensione dello spazio, mentre nella musica la dimensione dominante è il tempo. In “Baby Sitter” sono stato soprattutto un attore gestuale, in qualche modo cosciente del valore sperimentale ed espressivo di una gestualità non codificata, che per me diventava, di volta in volta, un linguaggio nuovo.

Locandina di “Baby Sitter”, un’immagine di Battiato durante lo spettacolo e l’interno del Teatro Out-Off di Milano, dove lo spettacolo andò in scena in una versione “primitiva” dal titolo “Azione Teatrale”

Non c’era quasi mai una certezza di conclusione scenica che potesse garantire una esatta riproducibilità; da un momento all’altro poteva cambiare tutto, perché il percorso era sempre pieno di imprevisti e scoperte, dovute alla genialità artistica di Franco. Lavorare in questo modo era faticoso, spesso destabilizzante, ma sempre affascinante; era richiesta una continua attenzione al valore e alla “sensatezza” di ciò che si produceva; bisognava essere sempre pronti a cambiare, a rinnovarsi, a ripartire daccapo se necessario, a non attaccarsi a quello che si era già fatto, bisognava essere pronti a non schematizzare, pronti ad affrontare nuove situazioni da gestire artisticamente. Per me diventava sempre più chiaro il fatto che la parola pronunciata è la conseguenza naturalizzata di gesti spontanei e questi, a loro volta, sono la reazione visibile al suono che prende forma di sensazioni, emozioni e sentimenti che, ancora a loro volta, possono esprimersi come gestualità. Dai gesti si può dunque arrivare al suono che li produce, e si può andare oltre il valore evocativo delle parole e ritrovare il suono primordiale, immutabile e oggettivo che le genera. Cominciavo a percepire che il pensiero è suono e che si possono pensare le parole così come si può pensare il suono. Diventava possibile andare oltre la funzione evocativa delle parole ed entrare nel campo magnetico primordiale del Suono.

Il teatro Trastevere di Roma oggi: qui, nel marzo 1977, debuttò “Baby Sitter”

La sperimentazione era di fatto il nostro lavoro, basato sui suoni, rumori, musica, gesti, parole, movimenti di scena, danza libera, ritmi, gestualità e “assemblaggio” teatrale senza cadere nella recitazione accademica tradizionale e nella pantomima, intesa come gestualità codificata. Il teatro veniva ridotto alla sua essenziale primordialità rituale, ad una composizione attiva di spazio, rappresentazione e spettatori. Con questa consapevolezza si poteva “rimettere tutto in gioco” e vedere cosa poteva succedere; si “costruiva” su un terreno rinnovato e continuamente rinnovabile attraverso l’arte scenica, in una continua sperimentazione avente uno scopo di scoperta e comunicazione.

Sempre a proposito di Battiato, come ricordavamo all’inizio, tu hai partecipato alla serata di anteprima dei docufilm “Io chi sono?”, dedicato al cantautore e realizzato da Lino Pinna. In occasione di quell’evento hai recitato un monologo in cui hai espresso la necessità di autenticità come qualcosa di fondamentale. Vorresti riprendere il contenuto del tuo intervento ed esplicitare nuovamente il tuo messaggio?

Per una mia scelta di vita, mi dedico ad un’arte ‘oggettiva’ che contiene, come una delle sue molteplici basi, il servire l’evoluzione della coscienza. L’organo che percepisce la realtà è la coscienza e non la mente come normalmente si crede. Servire la coscienza in evoluzione corrisponde a servire il Divino. Continuo a seguire questa via anche se viene molto difficilmente accettata dal sistema in cui viviamo… nostro malgrado. Troppo spesso mi si dice che il pubblico non è pronto, che la gente si deve solo distrarre e divertire, che non si deve destabilizzare nessuno, che certe cose non si devono dire, che tutti devono sentirsi tranquilli, che le mie performances non possono considerarsi ‘vendibili’, né riproducibili, quindi, non ci possono essere dei profitti, i costi di produzione e promozione non rientrerebbero, eccetera. Tutto ciò purtroppo è vero, per cui cerco di continuare “al di fuori del sistema” accettando le difficoltà che ne derivano. Colgo pertanto l’occasione per ringraziare Lino Pinna che ha inserito il mio monologo nella serata del 7 gennaio 2023 dedicata a Battiato. Sono alla continua ricerca di opportunità come quest’ultima, e fino ad ora non mi sono fermato. Sono convinto che le cose, prima o poi, cambieranno; per cui sono determinato nel proseguire.

Paolo Raimondi al Teatro Sant’Anna di Busto Arsizio durante la serata dedicata a Franco Battiato del 7 gennaio 2023

Per concludere, vorrei chiederti quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro.

Non ho ancora perso “il vizio di scrivere” e ho molti testi per piccole e lunghe performances nel cassetto. Attualmente sto mettendo in scena un mio lavoro intitolato: Arpège, in moto perpetuo. Continuo a scrivere, studiare, ricercare, sperimentare … non posso fermarmi perché non riesco a “perdere il vizio di sognare” un mondo più vero e forse anche meno ridicolo.

Benedetti gli artisti che sanno che la vera arte è la manifestazione, il riflesso della Bellezza Divina sulla Terra, nel mondo terreno, materiale, nella Materia.

Benedetti gli artisti che sanno che la cultura è il ‘culto della Luce’.

Un giorno, anch’io sarò un artista, per ora non lo sono ancora.

Per ora, umilmente mi accontento e mi sforzo di pregare, di meditare, di concentrarmi affinché io non debba sprecare il tempo che mi rimane da vivere come essere umano.

(Paolo Raimondi)

La foto di copertina è di “Sempione News”

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