Lo “psicocantautore” legnanese ha recentemente pubblicato il suo primo album, mentre il suo libro “Psicoparade” è in uscita per Arcana
Sito ufficiale: www.davidegammon.com
Musica e psicologia sono due strade, anzi, due binari paralleli che a volte si incontrano e che possono condurre, sebbene in modi diversi, l’individuo alla scoperta di sé, al miglioramento della propria qualità di vita e alla risoluzione di alcune “fatiche” esistenziali. Oltre a far parte dell’esperienza di molti di noi, questo assunto è incarnato da Davide Gammon, “psicocantautore” legnanese, che da sempre alterna la professione di psicologo e psicoterapeuta a quella di songwriter e performer.
Nello scorso marzo è uscito il suo primo album “Psicocanzonette” i cui brani, scritti insieme a Lory Muratti che ne è anche il produttore, erano già usciti come singoli tra il 2022 e il 2023 per l’etichetta Visory. Ma Davide Scheriani (questo il suo vero nome) è attivo in ambito musicale fin dagli anni Novanta e ha collaborato con musicisti della scena underground nazionale ed internazionale come Paolo Nuas (Punkreas), Walter Clemente (Deasonika), Lory Muratti e Hugo Race (Nick Cave and the Bad Seeds). L’artista ha poi dato vita a progetti seminali come La Good Equipe e Hikobusha, per esordire infine come solista nel 2015.
Gammon è anche l’ideatore del format “Psicoparade”, una rubrica visualizzabile sul suo canale YouTube (https://www.youtube.com/channel/UCx0X3Izrh-wZT3ZiRvcU3sA), che unisce il mondo del rock e del pop a quello della psicologia; questa sua esperienza ha ispirato la stesura del volume “Psicoparade. Psicologia del pop e del rock”, in uscita a breve per Arcana, che rappresenta la sua prima “fatica” in campo letterario.
Il connubio tra musica e psicologia è, dunque, al centro della sua ricerca artistica di Davide, oltre che costituire la sua essenza personale e professionale, ed è certamente un binomio che merita di essere indagato per le tante implicazioni e ricadute positive su coloro che vorranno accostarsi ad esso. Ne abbiamo parlato con l’artista stesso.

Ciao Davide, benvenuto nel mio blog! La tua attività di musicista si affianca da sempre a quella di psicologo/psicoterapeuta. Che cosa hanno in comune la musica e la psicologia? Come sei riuscito, nel tuo percorso, a conciliare questi due universi?
Secondo me la musica e la psicologia hanno (o dovrebbero avere) un obiettivo comune: rendere più ricca la vita di coloro che se ne interessano, sia come fruitori che nel ruolo di “addetti ai lavori”. La psicologia percorre traiettorie più “scientifiche” e validate da decenni di ricerche; la musica invece scorre nel nostro solco più istintuale ed emotivo. Anch’essa richiede studio e applicazione ma non esclude nessuno, nemmeno chi la conosce poco (o per niente!) dal punto di vista “accademico”. Tutti possono venire conquistati dal suo immenso fascino, siano essi ascoltatori oppure compositori. Io, che conduco da molto tempo un percorso artistico ostinatamente autodidattico, ne so qualcosa. La mia ricerca mi ha condotto ad un appassionante punto di congiunzione tra questi due linguaggi, che cerco di far costantemente dialogare, pur rispettandone le specificità. Non so davvero dirti come sia accaduto: immagino che la mia voglia di esplorare l’animo umano e la meravigliosa complessità delle relazioni mi abbia consentito di intravedere il profondo legame che esiste tra le canzoni e il bisogno di ciascuno di capirsi e di essere ascoltato.

Sei presente sulla scena musicale fin dagli anni Novanta, hai collaborato con artisti dell’ambito underground e hai dato vita a diversi artistici progetti di rilievo per poi approdare all’attività solistica una decina di anni fa. Infine, dopo aver pubblicato numerosi singoli, hai finalmente realizzato un album, mentre il tuo primo libro è di prossima uscita. Che cosa ti ha condotto a comprendere che fosse finalmente giunto il momento di esprimersi in maniera sempre più personale?
Tornando a quello di cui parlavamo più sopra, riprendo ora le fila del mio personale viaggio. Agli inizi avevo la tendenza a raccontare storie nelle mie canzoni e le lasciavo poi performare al mio “alter ego” artistico. Avevo forse bisogno di percepire una certa distanza tra il musicista e lo psicologo, uno spazio all’interno del quale poter crescere come persona, professionista e musicista. Tra l’altro, nel mio libro parlo proprio della “conquista dello spazio” quando approfondisco i retroscena di Space Oddity di David Bowie, un vero e proprio faro luminoso per molti di noi, amanti del rock e del pop. Da qualche anno a questa parte ho però avvertito la necessità di lasciar spontaneamente avvicinare le mie diverse identità per poter offrire a me stesso, ancor prima che agli altri, la visione di un percorso di vita complesso ma al contempo coerente. Incontrando tante persone sia ai concerti che nel mio studio di psicoterapia, ho poi avuto conferma che questa scelta può offrire supporto e ispirazione a coloro che sono alla ricerca di un positivo equilibrio tra la componente razionale e quella istintiva, come canto in Arte Varia, il brano che vede la partecipazione di Noyse dei Punkreas. A quel punto, mi è sembrato opportuno tentare di condensare tutte queste riflessioni ed esperienze affrontando la stesura di un libro che non è soltanto autobiografico e nemmeno saggistico, bensì una commistione di questi due generi. Spero di esserci riuscito e di poter attirare l’attenzione di tanti che si interessano sia di musica che di psicologia.
È possibile, secondo te, affermare che la musica sia una sorta di “terapia” e che la playlist giusta o, semplicemente, la musica preferita possano aiutarci a vivere meglio e a superare le nostre difficoltà quotidiane (senza volersi sostituire, ovviamente, all’intervento di uno psicologo nel caso questo si renda davvero necessario?) Esistono canzoni che “salvano la vita” e, nel tuo caso, ci sono brani, musicisti o band che sono stati per te determinanti in situazioni complesse? E, infine: nella tua attività professionale ti è capitato di suggerire ai tuoi pazienti di utilizzare l’ascolto della musica come “coadiuvante” al percorso terapeutico?
Ti rispondo con due esempi. Il primo è tratto dal mio libro, “Psicoparade”: nel capitolo intitolato “Tieni conto delle pause” racconto di una seduta di psicoterapia di Francesco (nome di fantasia, usato per tutelare la privacy del cliente), un amante dei Green Day. L’ascolto di un brano di questa band, avvenuto proprio nel corso del nostro incontro, ha fatto scattare qualcosa nel percorso di psicoterapia e ha permesso a questo ragazzo di “rimettersi in pista”, facendo ripartire un’esistenza che sembrava essersi bloccata. Quindi sì, sono assolutamente convinto che la musica possa attivare misteriose ma potenti risorse nella mente e nel cuore delle persone e spesso mi trovo a stilare playlist insieme ai miei pazienti, affinché essi possano trovare in esse alcune delle risposte che cercano. Il secondo esempio risponde anche alla tua domanda relativa ai miei riferimenti musicali, dato che coinvolge un artista che per me è sempre stato fondamentale: Nick Cave. È proprio lui a sostenere che la musica può salvare la vita nel libro intitolato “Fede, speranza e carneficina”, un corposo volume che riporta oltre quaranta ore di conversazioni private tra Cave e il giornalista Seán O’Hagan, che quest’ultimo ha sbobinato e reso pubbliche. Bisogna infatti considerare che, nel suo personalissimo caso, la scrittura di canzoni è stata la “medicina” (come Nick stesso ammette, sia nel libro citato che in “Red Hand Files”, una sorta di newsletter in cui l’artista offre ascolto e consigli a tutti coloro che li richiedano) che gli ha consentito di elaborare il duplice lutto per la morte di due dei suoi figli, prematuramente scomparsi nel 2015 e nel 2022. Mi associo a lui, quindi: la musica può davvero fare la differenza e consentirci di vivere una vita più piena e confortante, anche quando il destino decide di giocarci drammatici scherzi.
Nella tua rubrica “Psicoparade” su YouTube accosti musica e psicologia in diversi modi: a volte parti da un fenomeno musicale per fornire consigli utili ai tuoi ascoltatori; altre volte, invece, analizzi figure di artisti che hanno mostrato, nella loro vita o nella loro produzione musicale, fragilità a livello psicologico. Da questa esperienza è nato il tuo libro, anch’esso intitolato “Psicoparade” (sottotitolo: La psicologia del pop e del rock) che uscirà prossimamente per Arcana Edizioni. Da dove è nata l’idea per questo format e di “formalizzarlo” in un volume?
Il format YouTube è partito un paio di anni fa e nel 2023 è diventato anche un podcast. I commenti online e le chiacchiere pre e post concerto, giù dal palco durante il tour di “Psicocanzonette”, hanno confermato una sensazione che avevo già da un po’ di tempo a questa parte: c’è oggi una richiesta forte di contatto e conoscenza di diversi temi che riguardano la psicologia. In realtà, mi sembra che nessuno pretenda semplificazioni o “ricette pronte all’uso”; ascoltando chi intercetta i miei contenuti online o viene ai concerti, trovo anzi la voglia di approfondire e capire meglio come questa disciplina possa entrare a far parte della quotidianità attraverso un linguaggio e un approccio più “caldo” e vicino alle passioni che spingono a migliorarsi e vivere più in accordo con le proprie inclinazioni (siano esse di carattere espressivo, artistico o anche di altra natura). Per questo motivo ho pensato di scrivere un libro che consenta un approccio, un “respiro” più rilassato e profondo a tutti i potenziali interessati. Un testo in cui si parla di come David Byrne o Brian Eno intendono la loro arte, ma anche di cosa significhi essere uno “psicocantautore” che spesso trova risposte alla psicoterapia attraverso la musica e viceversa. In “Psicoparade” sono descritti episodi della mia carriera musicale e professionale accanto ad approfondimenti sulla storia dei personaggi che popolano il mondo del rock, del pop e della psicologia moderna. Mi rendo conto che si tratta di un libro piuttosto bizzarro, ma spero che possa incuriosire e accendere la scintilla creativa nei suoi lettori. Se questa scintilla verrà poi usata per comporre una canzone o per iniziare a dare una svolta alla propria vita, partendo dalle suggestioni più “psico” in esso contenute, ritengo che in entrambi i casi “Psicoparade” abbia raggiunto il suo scopo.

Per concludere, la domanda di rito: quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Psicoparade” è in uscita il prossimo 18 ottobre per Arcana, storica e prestigiosa casa editrice, e ovviamente mi auguro di poterlo presentare in tutte le occasioni e i contesti che lo consentiranno; sto inoltre chiudendo la seconda stagione di puntate online del mio format e conto di proseguire lasciandomi ispirare e condurre dai commenti e dai feedback degli affezionati. Nel frattempo continuerò la mia attività dal vivo, portando le mie “Psicocanzonette” a tutti coloro che credono e investono tempo e risorse nei concerti e nella possibilità di incontrarsi davanti e sopra ad un palco o in una piazza. Sin dai tempi in cui facevo “busking”, suonando per le strade, ho imparato che questi sono luoghi incredibilmente vivi e umani, dove si sprigiona un’energia unica ed è possibile incontrarsi al di là di qualunque differenza.
Ringraziamo Davide per la sua disponibilità e ci auguriamo di ritrovarlo presto on the road per ascoltare le sue “psicocanzonette” in versione live!
