Il cimitero monumentale genovese venne definito da Hemingway “l’ottava meraviglia del mondo”
È un ampio corridoio di marmo fiancheggiato da colonne che si estende intorno a un grande quadrato di terreno libero; il suo spazioso pavimento è di marmo e su ogni lastra c’è un’iscrizione, giacché ogni lastra ricopre una salma. Da una parte e dall’altra, avanzando nel mezzo del passaggio, vi sono monumenti, tombe, figure scolpite squisitamente lavorate, tutte grazia e bellezza. Sono nuove, nivee; ogni lineamento è perfetto, ogni tratto esente da mutilazioni, imperfezioni o difetti; perciò, per noi, queste lunghissime file di incantevoli forme sono cento volte più belle della statuaria danneggiata e sudicia salvata dal naufragio dell’arte antica ed esposta nelle gallerie di Parigi per l’adorazione del mondo.
Così Mark Twain si esprimeva nel 1869 nel suo libro The Innocents Abroad, or The New Pilgrim’s Progress descrivendo il cimitero monumentale di Staglieno a Genova.
Quando lo scrittore americano lo visitò, questo luogo era di recente istituzione. Progettato a partire dal 1835 dall’architetto Carlo Barabino, già responsabile della costruzione di numerosi edifici della Genova neoclassica come il Teatro Carlo Felice, esso venne portato a compimento dall’allievo e collaboratore Giovan Battista Resasco. I lavori per la realizzazione del camposanto presero avvio nel 1844 ed esso venne inaugurato nel 1851, pur essendo in gran parte incompiuto.
La particolarità del progetto sta nel suo inserimento nell’ambiente naturale, con il quale si integra perfettamente: il Pantheon, fulcro del sito, circondato dai porticati superiori collegati a quelli inferiori da una monumentale scalinata, ha infatti alle spalle una folta zona verdeggiante, che ospita tombe, cappelle e statue immerse nella vegetazione (qui si trova il memoriale dedicato a Giuseppe Mazzini ed il “Boschetto dei Mille” nel quale riposano molti protagonisti del Risorgimento).

Nei decenni il cimitero venne ampliato gradualmente, fino a coprire l’attuale area estesa su oltre 350000 mq. Negli intenti di Resasco, il complesso doveva combinare la tipologia di camposanto neoclassico, tipica della tradizione italiana e mediterranea, con quella di tipo naturalistico, diffusa in Inghilterra e in Nord Europa (alla quale appartiene il Père Lachaise di Parigi).
L’ultimo intervento architettonico di rilievo si tenne nel 1955 con la costruzione del Porticato S. Antonino. Attualmente lo spazio è suddiviso in sette settori; tra un’area e l’altra, poi, lo spazio pianeggiante è occupato dai campi, con tombe interrate.
Questi i settori che lo compongono:
SETTORE A – PORTICATO INFERIORE
SETTORE B – PORTICATO SEMICIRCOLARE STORICO
SETTORE C – AREA DI ACCOGLIENZA – PORTICATO SANT’ANTONINO – PORTICATO MONTINO
SETTORE D – PORTICATO SUPERIORE – PANTHEON
SETTORE E – BOSCHETTO IRREGOLARE
SETTORE F – AREA POLICONFESSIONALE
SETTORE G – VELINO – CAVA – AREA DEI SACRARI

Non solo Twain subì il fascino del sepolcreto genovese; molti altri scrittori e artisti lo visitarono, citandolo nelle loro opere. Ernest Hemingway fu a Staglieno nel 1922, in occasione della Conferenza Internazionale delle Nazioni, definendolo “l’ottava meraviglia del mondo”. Friedrich Nietzsche lo qualificò come “il più bello tra i più belli del mondo”, mentre Anton Cechov fu colpito da quanto le statue fossero realistiche e ricche di dettagli (“Vengono raffigurati interi, in grandezza naturale, non solo i defunti, ma persino le loro inconsolabili vedove, suocere e figli. C’è la statua d’una vecchia signora, che tiene in mano due ciambellette ucraine col ripieno”).
Anche Guy De Maupassant lodò il realismo e la qualità dei monumenti, che contrastava fortemente con le semplici lapidi delle persone meno abbienti:
Lungo l’immenso quadrilatero corre una galleria, come un chiostro gigantesco aperto su un cortile che accoglie le tombe dei poveri ricoperte da lapidi bianche come neve. Percorrendola, si passa davanti a una processione di borghesi di marmo che piangono i loro morti. Che mistero! Queste statue testimoniano una grande capacità, un vero talento da parte degli artigiani che le hanno realizzate.
Oscar Wilde fece visita alla tomba della moglie Constance Lloyd, sepolta nel reparto acattolico, e così la descrisse, nel 1898:
Sono andato a Genova a vedere la tomba di Constance. È molto graziosa – una croce di marmo con foglie di edera scura intrecciate in un buon motivo. Il cimitero è un giardino ai piedi dei bei colli che si arrampicano verso i monti alle spalle di Genova.


Molti si chiederanno come mai le spoglie di Constance si trovino qui. Dopo lo scandalo causato dalla rivelazione pubblica dell’omosessualità del marito, che portò alla condanna di quest’ultimo nel 1895, Lloyd si era separata ed era andata a vivere in Svizzera con i due figli, che in seguito frequentarono un collegio inglese in Germania. Non interruppe i contatti con Oscar e si recò spesso a trovarlo in carcere. Terminata la detenzione nel 1897, Wilde condusse un’esistenza raminga tra Italia, Svizzera e Francia fino alla propria scomparsa, avvenuta a Parigi nel novembre 1900. Constance era morta due anni prima, in seguito ad un’operazione chirurgica per fibroma uterino effettuata dal medico varesino (originario di Malnate) Luigi Maria Bossi presso una clinica genovese, ed era stata pertanto tumulata nella città della Lanterna.

In tempi più recenti, i monumenti del camposanto ligure hanno colpito la fantasia di altri artisti. Due monumenti vennero prescelti per l’artwork di due dischi dei Joy Division: l’album Closer e e il singolo Love Will Tear Us Apart, entrambi del 1980. Sulla copertina del LP campeggia uno scatto di Bernard Pierre Wolff che ritrae la tomba della famiglia Appiani, opera dello scultore Demetrio Paernio e risalente al 1910 (settore A, n. 37). L’idea per questa cover e di quella per la versione 12’’ di Love Will Tear Us Apart – che raffigura invece la tomba Ribaudo (sett. B, n. 2) realizzata da Onorato Toso nel 1910 – fu di Martyn Atkins e Peter Saville.



La tomba della famiglia Raggio (n. 10, sett. D), opera di Augusto Rivalta (1872), è una rappresentazione del compianto dei familiari riuniti al capezzale del defunto Carlo. È un tipico esempio di “realismo borghese”: prevale infatti il verismo dei particolari (come gli accurati dettagli degli abiti e delle capigliature) senza alcun elemento consolatorio.


Tra le statue più significative, quella della tomba Oneto (n. 13, settore D) è divenuta una delle più iconiche e rappresentative di Staglieno. Essa fu realizzata dallo scultore Giulio Monteverde nel 1882 per il ricco commerciante Francesco Oneto, direttore della Banca Centrale genovese. Sul sito ufficiale del cimitero viene illustrato il significato di questa scultura (https://staglieno.comune.genova.it/it/monumenti/oneto):
L’androgino angelo della Tomba Oneto rappresenta, sotto molti aspetti, il “punto di rottura” storico nel passaggio da una visione positivista della morte, che trovava nel realismo il linguaggio più congeniale, a quella permeata di dubbi che sfocerà nel clima decadente-simbolista. In questo processo di rinnovamento l’angelo perde la connotazione cristiana di guida verso il paradiso per divenire testimone del mistero del nulla: l’angelo Oneto non offre alcun gesto consolatorio, ma appare lontano e imperturbabile. Monteverde, inoltre, conferisce all’angelo sembianze femminili facendo così emergere il dualismo Eros – Thanatos che, da tempo, la scultura funeraria cercava di filtrare attraverso le sublimate raffigurazioni di virtù e di dolenti.

Altra celebre immagine è quella della tomba Celle (n. 22, sett. D), la cosiddetta “Danza Macabra”, realizzata sempre da Monteverde nel 1883. Essa rappresenta una fanciulla che languisce, tenuta per mano dalla Morte (riconoscibile per il volto velato). La giovane donna ha una farfalla tra i capelli, simbolo dell’anima che sta per spiccare il volo. Entrambe le figure sono parzialmente avvolte dal medesimo sudario e poggiano su un globo terrestre: ciò allude alla transitorietà della vita terrena.
Di grande impatto anche la tomba Caprile (n. 3 -sett. B), in cui il marmo bianco delle tre figure femminili (che alludono alle Tre Grazie di Canova) contrasta con il nero della nicchia. Realizzata nel 1924 da Edoardo De Albertis, la raffigurazione è un esempio dell’iconografia della “Bella Morte”, vale a dire una rappresentazione novecentesca del tema funebre dagli stilemi neoclassici, intrisa di malinconia e di dolcezza.


La tomba Pienovi (n. 2, sett. D) raffigura invece Virginia Aprile, vedova del prospero commerciante Raffaele Pienovi, mentre scosta il lenzuolo di quest’ultimo per guardarlo un’ultima volta. Opera di G. B. Villa (1879), la scultura è collocata sul sarcofago e, pur offrendo una visione intima del dolore familiare, non lascia spazio alla consolazione. Notevole è il realismo del panneggio, accentuato dalla patina scura lasciata dal tempo, che conferisce l’illusione di un autentico tessuto. Una fotografia di questo monumento venne utilizzata per una delle tante versioni della copertina del bootleg dei Joy Division (ancora loro!) Live in Amsterdam (disco conosciuto anche come Paradiso o, in forma estesa, Live at the Paradiso Club, Amsterdam, 11th January 1980).


Molte delle sculture più pregevoli si trovano nei porticati ai lati del Pantheon. Di grande valenza scenografica, l’edificio si innalza alla sommità di una scalinata, in linea con l’ingresso principale, e segue modelli romani, ma si rifà anche al Tempio di Canova a Possagno. Venne aperto al culto nel 1878.
Dal Pantheon si ha una buona visuale dei molti campi in cui si trovano centinaia di tombe “semplici”, con piccole lapidi marmoree rettangolari, croci o statue di modeste dimensioni. Tra un sepolcro e l’altro spesso l’erba cresce incolta, conferendo un aspetto trascurato al sito. La quasi totalità dei fiori, nella stagione estiva, sono artificiali; molte delle gallerie ove si trovano colombari o tombe a pavimento sono poco illuminate ed assumono, anche in pieno giorno, un carattere lugubre e un po’ inquietante.
Quanto ai personaggi famosi che riposano a Staglieno, eccone alcuni: lo stesso progettista Carlo Barabino riposa nel Pantheon, così come il patriota risorgimentale Nino Bixio; le spoglie dell’attore dialettale Gilberto Govi si trovano nel porticato S. Antonino; lo scenografo Emanuele Luzzati e il regista Aldo Trionfo sono nel cimitero ebraico; Ferruccio Parri è nel boschetto irregolare, non lontano dal mausoleo di Giuseppe Mazzini; Fernanda Pivano nel Cinerario; il sindacalista della CGIL Guido Rossa, ucciso nel 1979 dalle Brigate Rosse, è invece sepolto nella Galleria frontale. Meta di pellegrinaggi è poi la tomba di Fabrizio De André, nella cappella di famiglia nel campo 22 insieme ai genitori, al fratello Mauro e alla prima moglie Puny.


Il cimitero di Staglieno è aperto tutti i giorni dalle 7,30 alle 17, tranne in alcuni giorni festivi; sul sito ufficiale è possibile reperire tutte le informazioni necessarie (sono disponibili anche visite guidate), visualizzare le mappe e leggere le descrizioni relative a tutti i principali monumenti.
https://staglieno.comune.genova.it/

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