I Beatles e la moda: Fab Gear di Paolo Hewitt

Dai miei viaggi a Liverpool sono sempre tornata a casa carica di libri, oltre che di emozioni e di ricordi. Uno degli ultimi acquisti, e senza dubbio uno dei miei preferiti, è Fab Gear – The Beatles and Fashion di Paolo Hewitt, pubblicato da Prestel nel 2011.

Le connessioni tra musica e moda mi hanno sempre affascinato, anche perché i personaggi che hanno fatto la storia del rock hanno spesso dettato legge in fatto di tendenze e di stile. Nel caso dei Beatles il binomio tra l’evoluzione musicale e quella del look appare scontato, partendo dal moptop e dalle giacche senza collo di Pierre Cardin del periodo della Beatlemania per arrivare alle mises psichedeliche di All You Need Is Love. Ma il saggio di Hewitt, già biografo di Jam e Oasis e titolare di un’azienda di abbigliamento Mod-style, valorizza ulteriormente il concetto e approfondisce l’argomento con una cura del dettaglio tale da rendere la lettura di questo volume veramente appassionante.

Secondo l’autore, i vestiti erano parte del DNA della band: l’immagine era fondamentale per il gruppo, una delle chiavi del loro successo e allo stesso tempo un elemento unificante che li presentava al mondo come una entità unica, un four-headed monster, come li definì Mick Jagger. I Beatles non solo cambiarono il mondo della musica per sempre, ma anche il ruolo del look nel mondo musicale, portando in esso una ventata di freschezza e di rinnovamento in qualità di protagonisti assoluti della rivoluzione culturale degli anni Settanta.

Il volume ripercorre la storia del gruppo nell’evoluzione del suo stile di abbigliamento che ne accompagna, giorno dopo giorno, il percorso musicale. Dal Teddy-boy style degli esordi e dalle giacche di pelle nera dei giorni di Amburgo, periodo in cui Astrid Kircherr ebbe, come è risaputo, un’influenza fondamentale sui quattro, si passa all’epoca della Beatlemania, quella dei costosi tailor-made suits e dei Beatle boots made in Italy, sotto l’egida di Brian Epstein.

Nel 1967, i Beatles diventano poi clienti affezionati di boutiques londinesi costose ed esclusive come Granny Takes a Trip, Hung on You e Dandie Fashion ed è a questo punto che la loro originalità e creatività si esprimono al massimo grado. Stile edoardiano, tendenze dandy, cappotti afgani, camicie floreali venivano abbinati in combinazioni inedite, ma sempre raffinatissime. Ma anche semplice un gilet colorato, fatto a maglia dalla zia di Paul e da lui indossato in Magical Mystery Tour, poteva diventare un oggetto di culto. È anche il momento in cui ogni componente della band, per motivi diversi, si fa crescere i baffi.

Gli abiti militari a colori sgargianti per la copertina di Sgt. Pepper vennero noleggiati da Bermans, una sartoria teatrale di Shaftesbury Avenue; le nuove tendenze in fatto di stile sono poi celebrate in un’altra copertina, meno celebre ma comunque significativa per l’epoca, quella della compilation Oldies but Goldies.

Risale a questo stesso periodo, poi, il sodalizio con gli artisti olandesi di The Fool, che realizzarono non solo il famoso murale sulla facciata della Apple Boutique, ma anche molti dei capi, eccessivamente ricercati e costosi, in vendita nello stesso negozio. Alla sfortunata avventura della boutique di Baker Street, che ebbe una vita molto breve, è dedicato un intero capitolo. Già nel 1964 John Lennon aveva dichiarato in un’intervista che gli sarebbe piaciuto possedere un negozio di abbigliamento dove potersi rifornire con i migliori capi in circolazione. Nel 1967, davvero un annus mirabilis per l’intreccio tra musica ed immagine nella carriera dei quattro, questo sogno divenne realtà. Come tutti sanno, l’incauta gestione dell’esercizio portò alla sua rapida chiusura e la sua parabola si concluse dopo soli 7 mesi dall’apertura, nel luglio 1968. Gli esclusivi prodotti, già “saccheggiati” precedentemente dagli stessi dipendenti, vennero regalati ai passanti.

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Un altro fondamentale capitolo descrive l’evoluzione dell’hairstyle dei membri del quartetto. Dalle capigliature un po’ scomposte da teddy boys degli esordi ai celeberrimi caschetti, anche questi ispirati da Astrid, alle incessanti allusioni dei giornalisti sulla lunghezza delle loro capigliature, fino alla libertà assoluta tra capelli, barbe e baffi di fine decennio, come è cambiato l’aspetto dei Beatles in questo senso è noto. Ma Hewitt non manca di stupire il lettore con dettagli e particolari davvero godibili, sempre ribadendo come lo stile del gruppo, anche in fatto di acconciature, sia un ulteriore esempio del loro apporto alla rivoluzione dei Sixties. Le loro pettinature, secondo l’autore, contribuirono alla creazione di quello che nel decennio divenne il mondo dei teenager, in aperto contrasto con le convenzioni del passato.

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Come evidenzia Hewitt, le immagini dell’ultimo servizio fotografico della band prima del suo scioglimento, quello realizzato a Tittenhurst Park, rivelano la frattura in atto nel gruppo. Diversamente dalla complicità abituale presente nei loro precedenti scatti, ora le loro posture rivelano un certo disinteresse da parte di George e Ringo e il desiderio di fuga di John, che sembra a volte arretrare nello sfondo. Solo McCartney, che a sua volta sembra prendere le distanze (sbarbato, diversamente dagli altri) dalla situazione, sembra rivelare ancora una scintilla di energia nei confronti dell’entità-Beatles che ormai andava dissolvendosi.

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L’avventura meravigliosa della band che ha cambiato il corso della storia ed i suoi mutamenti, suggestivi e incredibilmente influenti – non solo in ambito musicale ma anche sulla società e sulla storia del costume – sono accompagnati da un repertorio iconografico davvero mozzafiato. Le foto che corredano il volume sono davvero imperdibili e, anche se molti scatti sono già noti, è un piacere rivederli, sfogliando e risfogliando innumerevoli volte questo libro che ha un posto d’onore nella mia biblioteca personale. Consigliatissimo!

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