Riflessioni di fine anno scolastico

Se l’Alfred Prufrock di T.S.Eliot misurava la sua vita in cucchiaini da caffè, io misuro la mia vita in anni scolastici. La mia esistenza viene scandita da quadrimestri, vacanze natalizie e pasquali, scrutini, sessioni di esame, settimane di riunioni collegiali. Il mio New Year’s Day è il primo settembre, e settembre, con le ultime giornate ancora estive e la nostalgia delle ferie da poco terminate, è il mese delle classi nuove, dei libri freschi di stampa, dei colleghi appena arrivati, dell’orario provvisorio che diventerà definitivo solo dopo qualche settimana per dare il tempo alla novità di diventare routine. Le settimane trascorrono, le ore di sole diminuiscono e gli impegni si fanno sempre più incalzanti, i “ponti” sono boccate di ossigeno e arrivo stremata alla pausa natalizia. L’anno solare termina ed è per tutti il momento di bilanci esistenziali, ma è sempre il tempo della scuola a segnare i miei momenti e, mese dopo mese, a primavera inoltrata – tra un weekend e l’altro, le gite scolastiche, i saggi di fine anno, gli esami imminenti e le scadenze sempre più pressanti – si va verso la conclusione.

Quando spuntano i papaveri ai bordi delle strade l’anno scolastico sta volgendo al termine e mi accorgo che quei nove mesi che sembravano interminabili sono passati velocemente e che un’altra fase della vita si sta per chiudere. Osservo i ragazzi sempre più stanchi, distratti, proiettati verso le spensierate giornate estive o piegati sotto il peso delle preoccupazioni… insufficienze, corsi di recupero, verifiche di luglio… Trascorro gli ultimi giorni tra emozioni contrastanti. Da una parte il desiderio di finire, di lasciarsi tutto alle spalle – le fatiche quotidiane, le costrizioni orarie, la costante vicinanza a centinaia di persone, le inevitabili incomprensioni o frustrazioni – dall’altra la consapevolezza che il tempo è fuggito, che i rapporti umani si sono consumati, che alcuni di essi sono destinati a concludersi. Saluti, addii, arrivederci, strette di mano, baci e abbracci… A volte mi lascio coinvolgere da questi rituali e lascio che il mio cuore si riempia di calore e di affetto; altre volte, invece, presa dalla fretta o dalla reticenza, sono sfuggente e mi allontano frettolosamente verso casa e verso desideri e speranze differenti.

Come al solito, life is what happens while you’re busy making other plans. Ho vissuto intensamente ogni momento ma spesso ho avuto la sensazione che qualcosa mi sfuggisse di mano. Ho trascorso settimane in “modalità sopravvivenza” aspettando un weekend sempre troppo breve. Sono stata immersa nelle incombenze del “qui ed ora” e al tempo stesso mi sono proiettata nel futuro, attendendo la fine di questo anno di lavoro e di vita. Non so se le mie lezioni di letteratura sui poeti estinti siano state memorabili come quelle del professor Keating, e se dovessi giudicarne l’efficacia in base alla resa dei miei alunni di quinta dovrebbero forse sorgermi dei dubbi in proposito… Chissà.

Cosa resta di questo anno? Un flusso, che sembrava inarrestabile, di giornate fatte di tragitti in mezzo al traffico, di passi frettolosi, di spiegazioni a volte di repertorio, a volte improvvisate, occasionalmente emozionanti – per me stessa, prima di tutto. E poi volti, sorrisi, malumori, tensioni, tazze di caffè sorseggiate in fretta, colloqui con genitori che attendono conferme alle loro aspettative.. screzi, pettegolezzi, soddisfazioni, ringraziamenti e il ricominciare ogni mattina sperando che il nuovo giorno fosse migliore del precedente.

Tutto questo ormai è andato: mi guardo allo specchio, ho un anno – scolastico – in più, sono cresciuta insieme ai miei studenti e, come loro, vado incontro al futuro, anche se per me molto si è già compiuto. Mi chiedo, ma solo per un momento, se io abbia lasciato una traccia nelle loro vite e poi, senza aspettarmi alcuna risposta, rivolgo il mio pensiero altrove. Carpe Diem, seize the day… colgo l’attimo e vado incontro alla prossima avventura.