Riflessioni dalla zona rossa, tra musica e ricordi
Qualche giorno fa ho letto tutto d’un fiato “78 giri quasi d’amore”, l’ultimo libro di Maurizio Pratelli. Un diario lucido, appassionato, a volte nostalgico, a volte pieno di rabbia , del lockdown della scorsa primavera. Scorrendone le pagine mi è sembrato di rivivere i giorni, non così lontani, non così diversi da quelli attuali, in cui i post di Maurizio erano un appuntamento quotidiano, a tratti confortante, talvolta invece sgradevole come un pugno nello stomaco, ma sempre espressione di una visione della realtà che, pur non sempre coincidente con la mia, era comunque un punto di vista differente dalla retorica che ci veniva propinata.
Fa male leggere un libro come questo adesso che sappiamo come è andata. L’estate ci ha dato sollievo, siamo andati in vacanza e ai concerti con le mascherine, abbiamo ripreso le nostre abitudini e ci siamo dimenticati di quei lunghi mesi trascorsi in casa. Adesso però la seconda ondata è divenuta realtà, un nuovo lockdown, più volte smentito, è di fatto il nostro orizzonte quotidiano e manca soltanto poco più di un mese alla fine dell’anno.
Questo 2020 non mi ha rubato solo la primavera, ma molto di più. Sarei incline a lasciarmi andare allo sconforto, ma scelgo di non farlo solo nell’ottica di accettare ogni cambiamento, per quanto doloroso o inspiegabile sia. Come ci suggerisce Maurizio, la musica resta sempre la migliore consolazione. Le canzoni possono salvarci la vita: mi aggrapperò ad esse, aprirò le braccia e il cuore. E quelle di John Lennon sono per me particolarmente significative.
Isolation, contenuta nell’album John Lennon/Plastic Ono Band del 1970, è un brano quanto mai attuale in questo momento. Possiamo rispecchiarci nei versi di questa canzone che sembra sia stata appena scritta. Si tratta di un brano che descrive il senso di vulnerabilità, di delusione e di sconforto provato dall‘ex-Beatle dopo lo scioglimento del gruppo, la rottura con Paul, le continue critiche a cui lui e Yoko erano sottoposti, ma ha al tempo stesso un respiro universale. Non è consolatoria, ha un tono di accusa nei confronti della società e delle istituzioni:
The world is just a little town,
Everybody trying to put us down,
Isolation.
I don’t expect you to understand,
After you’ve caused so much pain.
But then again, you’re not to blame.
You’re just a human, a victim of the insane...

Alcuni versi sembrano descrivere il senso di smarrimento e di sgomento che proviamo a causa della pandemia, la paura che ci fa attraversare la strada quando incrociamo una persona sconosciuta, l’indifferenza della natura nei nostri confronti. Il sole, là fuori, continua a splendere, in primavera come in autunno, incurante della nostra prigionia, e le giornate si susseguono tutte uguali, tra pochi diversivi, mentre una sensazione di precarietà ci pervade alla notizia di ogni nuovo lutto.
We’re afraid of everyone,
Afraid of the sun,
Isolation.
The sun will never disappear,
But the world may not have many years,
Isolation.
Al tempo stesso, il brano di Lennon veicola un senso di speranza: persino nell’isolamento forzato, i sentimenti e gli affetti possono tenerci in vita (in presenza o a distanza) e darci la sensazione di essere ancora creatori della nostra realtà, non semplici spettatori passivi di un gioco più grande di noi.
Just a boy and a little girl,
Trying to change the whole wide world.
Isolation.
Ancora una volta, quindi, le parole di John Lennon si rivelano profetiche e creano nella nostra mente un luogo in cui rifugiarci: there’s a place where I can go/When I feel low, when I feel blue, and it’s my mind.
Il volume di Pratelli ci ricorda i sentimenti di solitudine, di frustrazione e di nostalgico attaccamento alla vita che abbiamo provato qualche mese fa. Ora, dopo una parentesi di evasione, siamo ripiombati in una fase che da una parte ci ha ridotto a frequenti sensazioni di abitudine e di impotenza, dall’altra ci lascia intravedere qualche possibile via di fuga, come la probabile diffusione di un vaccino, che si spera non sia troppo lontana.

Ma, intanto, un intero anno è già alle nostre spalle. A parte la breve stagione di libertà, i ricordi dei mesi trascorsi si fondono in un indistinto limbo di in cui l’antidoto all’isolamento è rappresentato dalla musica, dalle letture, dalle voci delle persone care, dai nostri pensieri che evadono dalle finestre prive di sbarre verso orizzonti in cui la paura e l’angoscia saranno solo un incubo che tende a dissolversi.
La raccolta Gimme Some Truth, uscita provvidenzialmente il 9 ottobre scorso, in occasione dell’ottantesima ricorrenza della nascita di John, sarà nelle settimane che mi separano dal concludersi di questo 2020 la colonna sonora delle mie giornate. Uno dei ricordi più belli che ho del periodo precedente a questo secondo confinamento è quello dell’emozione provata, una sera di ottobre, contemplando il cofanetto della compilation e sfogliando il libro ad essa allegato. Custodirò questi sentimenti nel mio cuore insieme a tutti gli altri, mi sentirò più viva e un po’ meno isolata.