“L’estate che va” di Luciano Macchia: un disco per tutte le stagioni
Sito internet: www.lucianomacchia.com
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Canale YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCeh95wpIeD-JgN18J3Ww0yw
“Tutte le canzoni fanno parte di una storia: questa è la mia”. Così Luciano Macchia introduce, sul suo canale YouTube, il suo album appena uscito, “L’estate che va”. Un titolo così “stagionale” sembrerebbe fuori tempo massimo, dato che il disco è stato pubblicato alla fine di settembre, quando il periodo estivo, a dispetto dei salvagente, dei materassini e delle altre suppellettili da spiaggia che compaiono in copertina, è decisamente concluso.

Eppure, nonostante ciò, il lavoro del musicista lucano, oltre a ricordarci le ferie ormai terminate con le atmosfere vacanziere che caratterizzano diversi brani, si configura anche come un insieme di storie da raccontare. Storie spesso ironiche, a volte surreali, a volte malinconiche, con un tocco personale le rende più coinvolgenti. Dal punto di vista musicale, invece, il trombone di Luciano e la tromba dell’inseparabile Raffaele Kohler sono protagonisti di pezzi dalle sonorità ska, pop e a tratti balcaniche, adatti ad animare serate con incalzanti ritmi in levare o a trascorrere momenti rilassanti ascoltando motivi più distesi.
Macchia, trombonista, crooner e conduttore radiofonico nonché docente di trombone presso il Conservatorio di Pavia, ha alle spalle una lunga carriera come membro di prestigiose orchestre e componente di band che hanno accompagnato, tra gli altri, Vinicio Capossela, Afterhours, Niccolò Fabi.

Con l’amico Kohler, che aveva animato il primo lockdown degli italiani con lo squillo della sua tromba, Luciano Macchia è assiduo protagonista della scena musicale milanese in formazioni come Ottavo Richter e Raffaele Kohler Swing Band. Nelle sue serate propone brani originali e classici della canzone italiana arrangiati in chiave ska e rocksteady. Il nuovo album del musicista è stato anticipato dal singolo “L’estate che va”, title track, uscito il 3 settembre. Il brano parla delle vacanze ormai terminate, del ricordo di un amore estivo e del ritorno alla quotidianità e alla routine metropolitana.
Ho avuto il piacere di incontrare Luciano – che ho visto spesso sul palco in varie occasioni, tra le quali, di recente, insieme ad Andrea Parodi nel tour di “Zabala” – e di rivolgergli qualche domanda.
Ciao Luciano, parliamo proprio del titolo e dalla copertina del disco: posto che siamo partiti dal presupposto che l’immagine della cover è “stagionale”, ma l’album nel suo complesso vuole andare al di là di questo, non pensi che una foto di questo tipo contenga una percentuale di “rischio”?
A parte che il rischio fa parte del gioco (e questo lo rende ancor più interessante), sinceramente non credo che una foto “stagionale”, come la hai definita, possa far desistere dall’ascolto …. Comunque lo scatto è del fotografo lucano Francesco Rinaldi, che appena ha saputo del titolo del disco ha detto: “Ho io la copertina giusta per questo album”.
L’immagine, in effetti, è molto bella e un po’ malinconica: un carrello da supermercato, pieno zeppo di coloratissimi accessori da spiaggia come materassini, salvagente, galleggianti, occhiali da sub, secchielli, palette, racchette e pistole ad acqua, che evocano il gioco ed il divertimento delle lunghe giornate estive in riva al mare, si staglia su un bagnasciuga deserto. Il cielo, alle spalle, non è limpido, ma nuvoloso. Forse è una qualunque mattina agostana, un po’ più nuvolosa delle altre, o forse davvero “l’estate sta finendo” e gli oggetti, anziché essere esposti per la vendita, sono stati raccolti per essere riposti e dovranno attendere l’anno seguente per essere usati… Lo scatto, scintillante di colori vivaci e al tempo stesso nostalgico – dove sono i bambini che costruiscono castelli di sabbia e sguazzano tra le onde? – lascia molto spazio all’immaginazione.
L’anno scorso hai composto il brano “Al mare ci vado da solo”, quest’anno ritorni dalle vacanze con “L’estate che va”: il periodo estivo è dunque una fonte di ispirazione per te?
Sembrerebbe di sì! “Al mare ci vado da solo“ era stato composto durante il primo lockdown (aprile 2020), tutto questo disco è stato invece da me concepito nell’agosto 2020, proprio in Basilicata. Diciamo che non è il periodo estivo ad ispirarmi, ma il tempo libero … quando non sono in giro a suonare mi metto al piano e compongo i miei brani.
Vivi a Milano da molti anni, ma nei tuoi brani si evidenzia un forte legame con la tua terra d’origine, la Basilicata, appunto. Quali sono le principali differenze e gli aspetti maggiormente positivi che avverti nello stile di vita tipico di questi due luoghi?
Sicuramente il ritmo di vita in Basilicata è molto più lento e disteso e questo permette di essere un po’ più rilassati nella quotidianità. Al tempo stesso, questa lentezza può essere eccessiva e controproducente, e quindi c’è bisogno di integrarla con un po’ dello spirito di “produttività” milanese. Nonostante abbia passato i miei primi 20 anni di vita in campagna, quando sono arrivato a Milano mi sono sentito subito a mio agio, proprio perché mi piace essere attivo.

Alcuni testi, come quello di “Il disegnatore di algoritmi” sono ironici e surreali fin dal titolo, mentre ne “Il circo della verità” affermi che la vita è “un circo di pagliacci e di sorrisi”. Ti definisci dunque una persona che ha un atteggiamento “leggero” e disincantato nei confronti della vita?
Sì, certamente. Cerco di vivere la vita in maniera semplice, rispettando sempre il lavoro e le idee degli altri. I problemi li tengo per me. L’ironia è sicuramente un’arma vincente.
“Aracnofobia” è invece un brano che ha un’ispirazione letteraria ed è anche un omaggio alla cultura rom: vuoi parlarcene?
In realtà la canzone era nata con un testo diverso: si intitolava infatti “Bentornati al sud”. Ma non mi soddisfaceva pienamente, cosi ho mandato la musica al professore e chitarrista Gianluca Grossi che ha scritto questo testo fantastico. Durante il secondo lockdown io e Gianluca ci siamo conosciuti e abbiamo scritto una prima canzone a quattro mani, dal titolo “Notti di spettri”. “Aracnofobia”, invece, fa riferimento a “Lungo la via incantata”, un libro di William Blacker, la storia di un inglese che si innamora della cultura rom, e in particolare di una ragazza “casinista” e dall’esistenza complicata.
In altre canzoni sono presenti elementi che sembrerebbero essere autobiografici o comunque legati ad esperienze personali: “Strada Statale 658” è l’arteria che conduce da Potenza a Melfi, mentre lo strumentale “Capodanno in Lucania” potrebbe alludere ad una vicenda realmente accaduta… Quanto di te c’è in questi brani?
Diciamo che di strettamente autobiografico non c’è nulla, ma sicuramente nell’album ci sono storie vere.
Cambiando orizzonte e territorio, c’è anche un brano dedicato alla Romania…
Il pezzo, “Apa”, uno strumentale, è dedicato a Razvan, il mio vicino di casa, che è ritornato in Romania… credo che il reggae non gli piaccia molto, ma sono sicuro che abbia apprezzato la dedica. Durante la sua permanenza in Italia (circa 10 anni) gli ho insegnato un po’ di musica, e la sua darbouka è presente sia in “Al mare ci vado da solo” che in “Notti di spettri”.

Il tuo album è uscito su YouTube e sulle principali piattaforme digitali: è prevista anche la versione in CD?
Nonostante io sia un suonatore “analogico”, adoro la tecnologia. Non credo, quindi, che stamperò CD: mi sembra sempre di occupare spazio prezioso nelle case e nelle auto delle persone… e magari metterle in difficoltà perché ormai molti non hanno più un lettore CD. Onestamente credo che nel 2021 non abbia molto senso farlo, anzi mi piacerebbe di più suonare la mia musica dal vivo che vendere dischi.
Visto che negli ultimi tempi la maggior parte dei locali di musica live ha ripreso la propria programmazione a pieno regime, auguriamo a Luciano di proseguire al meglio la sua attività musicale e speriamo di vederlo al più presto di un palco. Grazie mille per essere stato ospite del blog!