Lowell Levinger, aka “Banana”, racconta le sue esperienze musicali e il suo amore per l’Italia

Come tanti colleghi d’oltreoceano Lowell Levinger, detto Banana, ex membro degli Youngbloods e protagonista della scena musicale da oltre sessant’anni, è innamorato dell’Italia.

“Ho scoperto questo meraviglioso Paese nel 2007” – racconta il settantasettenne musicista – “e, dopo esserci stato la prima volta, mi sono chiesto perché avessi aspettato così tanto a visitarlo”.
Se gli si chiede che cosa ami di più dell’Italia, la risposta è semplice: il vino e il buon cibo, al primo posto, poi le meravigliose località e città d’arte, e naturalmente le persone, le numerose amicizie che ha avuto occasione di stringere in occasione dei suoi innumerevoli soggiorni. Fino a prima della pandemia, infatti, Lowell faceva tappa nel nostro Paese dalle due alle quattro volte all’anno. Dopo un’interruzione dei suoi viaggi durata più di un anno, legata all’emergenza sanitaria, è finalmente tornato da noi ed ha concluso ieri, oltre al suo tour che lo ha portato ad esibirsi a Barletta, Vercelli, Torino, Milano e Como, anche la sua meritata vacanza di un mese. Oggi “Banana” e sua moglie Jane ripartono per gli States, ma è solo un arrivederci, perché intendono tornare in primavera, in aprile o maggio.

Ho avuto il privilegio di incontrare questo straordinario personaggio qualche giorno fa, alla Distilleria Strada Ferrata di Seregno; dopo aver suonato a Milano, infatti, Lowell è stato special guest nel concerto brianzolo di Andrea Parodi. Ieri sera, invece, all’Officina della Musica di Como, Levinger si è esibito insieme ad Alex Gariazzo e Paolo Ercoli, proponendo un repertorio composto per lo più da classici del blues ma anche inserendo qualche chicca, come la celeberrima “Let’s Get Together” degli Youngbloods, inno del movimento hippy californiano, e “You’ve Got To Hide Your Love Away” dei Beatles. Ho così colto l’occasione per rivolgergli qualche domanda.

live  @ Officina della Musica, Como – photo by Mary Nowhere

Lowell, mi hai raccontato che l’Italia è un luogo che ami moltissimo. Quali sono i luoghi che più hai apprezzato durante i tuoi frequenti viaggi?

Dopo aver scoperto  le bellezze di questo Paese straordinario per la prima volta 14 anni fa, me ne sono innamorato al punto di aver deciso di studiare la lingua italiana, per poter apprezzare meglio ogni singolo momento trascorso qui e per poter visitare anche le cittadine più piccole, in cui non si parla inglese. Molti miei connazionali vengono in Italia come turisti per una decina di giorni e visitano le località più famose: Roma, Firenze, Venezia, nel migliore dei casi magari la costiera amalfitana, le Cinque Terre e così via. Io, invece, posso dire di aver esplorato territori che nemmeno i miei amici italiani conoscevano, e che abbiamo scoperto insieme. Molti dei miei viaggi sono enogastronomici, alla ricerca delle zone di produzione dei migliori vini. Uno dei luoghi più straordinari in cui sono stato è senz’altro la Sicilia. Ho girato soprattutto l’ovest dell’isola: Agrigento, Palermo, Monreale, Corleone, Trapani, Erice… Erice è un posto meraviglioso! Vorrei tornare ad Enna e trascorrervi almeno un paio di giorni per poi visitare la parte orientale: Catania, Messina, Siracusa, Ragusa… spero di poterlo fare presto.

Parlando di musica, so che il primo strumento che hai suonato è stato il pianoforte, all’età di 5 anni, per poi passare alla chitarra verso i 12-13 anni. Il primo brano con cui ti sei cimentato è stato “Raunchy”…

Sì, esatto… era un brano molto popolare tra i ragazzi che iniziavano a strimpellare le sei corde e si sentivano molto in gamba nel suonarlo, ma in realtà di tratta di un pezzo tutt’altro che semplice.

live with Andrea Parody @ Strada Ferrata, Seregno – photo by Mary Nowhere

Uno di quei ragazzi era George Harrison, che nel 1958 “passò l’audizione” per entrare nei Quarrymen di John Lennon e Paul McCartney proprio suonando quel brano… qualcuno dice che senza “Raunchy” i Beatles non sarebbero mai esistiti! Ma torniamo a te: hai iniziato a suonare circa 65 anni fa, attraversando i decenni in cui il panorama musicale si è evoluto, e hai vissuto intensamente gli anni Sessanta. Pensi che i Sixties siano stati l’epoca d’oro della musica?

Gli anni Sessanta sono stati un decennio incredibile, in cui sono nati gruppi che hanno fatto la storia della musica e sono stati scritti pezzi memorabili. E poi l’atmosfera che si respirava, i movimenti giovanili, la psichedelia ne hanno fatto un momento irripetibile. Tuttavia, per me, l’epoca d’oro della musica sono stati gli anni Quaranta. I grandi jazzisti come Duke Ellington, Count Basie, Dizzy Gillespie, Charlie Parker, le grandi orchestre, i musical di Rodgers & Hammerstein hanno reso quel periodo veramente speciale. Erano artisti di altissimo livello. Molti dei più grandi musicisti dei Sixties componevano, spesso, senza saper leggere la musica. I maestri del jazz erano su un altro piano, secondo me.

Per quanto riguarda la tua carriera, invece, qual è stato il periodo a cui sei maggiormente legato?

Ovviamente sono legato agli anni Sessanta e agli Youngbloods, ma il periodo che preferisco sono gli anni in cui ho suonato con Little Steven e i suoi Disciples of Soul, dal 2016 fino allo stop causato dalla pandemia. Sono tutti musicisti incredibili e con loro ho avuto delle bellissime esperienze. Ho condiviso il palco con Bruce Springsteen, che è davvero una persona squisita, e con Paul McCartney… ero emozionato vedendo che era a suonare con noi ed è stata davvero una bella soddisfazione per me. Ma anche quest’ultimo tour in Italia è stato fantastico. Questi musicisti (Alex Gariazzo, Paolo Ercoli, ndr.) sono straordinari.

Se avessi una macchina del tempo, in quale epoca vorresti tornare?

Vorrei restare dove sono… il momento migliore è il presente, e le più grandi soddisfazioni le ho avute proprio con la band di Steve Van Zandt. Spero davvero di ricominciare a suonare con loro.

Al termine della nostra chiacchierata, Lowell è salito sul palco dell’Officina accompagnato da Paolo Ercoli al dobro e da Alex Gariazzo alla chitarra acustica. Ha rivisitato numerosi classici del blues, come Married To The Blues, Corrinna Corrinna (interpretata, tra gli altri, anche da Dylan), Stagger Lee (classica murder ballad celebre anche per la versione di Nick Cave), Bartender’s Blues, Hard Times Come Again No More (canzone di protesta del 1858), No Walkin’Blues, Riverboat Gambler. In scaletta anche  If You Want To Make a Fool of Somebody, portata al successo da Celentano nel 1964 con il titolo di Il problema più importante, e Riding With The King, inserita nell’album omonimo di Eric Clapton e B.B. King, oltre, naturalmente, a Let’s Get Together, inno all’amore universale in cui anche il pubblico si è unito nel ritornello.

Grandissimo musicista e persona disponibile, cordiale e ricca di energia positiva: questo è Lowell “Banana” Levinger. Mi sono dimenticata di chiedergli il perché di questo buffo soprannome… terrò in serbo questa domanda per quando ritornerà in Italia!

live with Paolo Ercoli& Alex Gariazzo @Officina della Musica, Como – photo by Mary Nowhere