I concerti di Massimo Bubola e Renato Franchi a Gavirate nell’ambito dell’ “Alzheimer Fest”

“Canzoni come vetro, poesia come specchio”: il titolo della performance live di Massimo Bubola vuole alludere alla capacità delle composizioni d’autore di veicolare “segreti trasparenti”, di lasciare intravedere le grandi o piccole verità che contengono, ma anche di essere taglienti e incisive, riflettendo nel contempo la realtà e l’interiorità di chi le ascolta. Quello di ieri sera è stato un altro importante evento inserito nel suggestivo spazio del Chiostro di Voltorre a Gavirate nell’ambito del ricco programma della manifestazione “In viaggio con l’Alzheimer Fest”, promossa dall’associazione “Progetto Rughe” in collaborazione con gli enti locali. Musica e solidarietà, arte e poesia si sono così nuovamente intrecciate dopo l’apertura della kermesse della scorsa settimana, che aveva regalato grandi emozioni a tutti i presenti.

Bubola, accompagnato da Lucia Miller alla voce e dal fisarmonicista Thomas Sinigaglia, ha proposto una decina di brani avvalendosi anche della narrazione per raccontarne le origini e il significato. L’ispirazione del musicista, che ha scritto pagine di autentica poesia nel panorama del cantautorato italiano, proviene da un immaginario ricchissimo: vicende personali, memoria storica (Rosso su verde), tematiche di attualità come la violenza di genere (Capelli rossi), suggestioni provenienti dalla letteratura (Dostoevskij), omaggi a figure di artisti incompresi e sottovalutati, le cui opere sono state riscoperte molto tempo dopo la loro scomparsa (Dino Campana), viaggi e luoghi del cuore (Il cielo d’Irlanda), ricordi d’infanzia e affetti familiari (Tre rose). Una peculiarità del cantautore è inoltre quella di delineare con tratti essenziali, a volte delicati a volte più decisi, vicende dal taglio quasi cinematografico, di grande presa sull’immaginazione degli ascoltatori.

Il musicista ha ribadito il proprio ruolo di coautore, spesso sottovalutato o misconosciuto da una parte del pubblico, nella stesura delle canzoni scritte insieme a Fabrizio De André, come Se ti tagliassero a pezzetti e Fiume Sand Creek. Ha raccontato un aneddoto su quest’ultimo brano, legato alla presenza di due figure fondamentali del proprio vissuto, quelle dei nonni: il nonno, di fronte alle frequenti epistassi del piccolo Massimo, gli suggerì di “sognare più piano”, ispirando in seguito i memorabili versi “Sognai talmente forte/che mi uscì il sangue dal naso”. Egli fu personaggio determinante nella crescita e nell’educazione del nipote e gli trasmise saperi fondamentali come costruire una fionda, distinguere le varie specie di uccelli e, soprattutto, apprezzare la poesia. L’infanzia fu dunque, per il cantautore, un periodo felice, ed è – ha commentato lui stesso – per ciascun individuo un momento fondamentale perché ne costruisce la prima visione del mondo, dando all’anima i suoi colori. L’artista ha poi invitato il pubblico a riflettere sul fatto che la sofferenza causata dalla perdita delle persone care nelle generazioni precedenti veniva affrontata con maggiore serenità e accettazione.

Il dolore (anche quello di chi deve accudire un malato o affrontare un trapasso, tematica quanto mai appropriata al contesto della serata) diviene dunque per Bubola una “bussola esistenziale” e la misericordia del vivere, il riconoscimento dell’alterità nella difficoltà sono valori fondamentali. Da qui può nascere l’ispirazione per una “murder ballad” che parla di violenza e stupro come Capelli rossi, rendendo il dolore rappresentato condivisibile ed universale. Il songwriter ha in seguito fatto riferimento al rapporto tra musica e poesia che esiste fin dall’antica Grecia (la relazione tra canzone e letteratura sarà al centro del suo prossimo libro, in uscita a settembre). Quella del cantautore veronese si configura, pertanto, come vera e propria “poesia cantata”, perché a suo avviso la parte musicale è il complemento necessario alle parole di una canzone: le liriche non devono essere oscure e criptiche, ma devono veicolare significati chiari per aiutare le persone a vivere meglio. Proseguendo nella setlist, legata ad un poema di Giuseppe Ungaretti è la figura del “servo pastore” protagonista dell’omonimo brano, un bambino che appartiene al mondo degli ultimi, dei reietti.

Rosso su verde proviene dal ricordo di lettera alla fidanzata di un prozio del musicista, combattente nella prima guerra mondiale e consapevole della precarietà della propria vita di soldato al fronte. Quella della Grande Guerra è una tematica ricorrente e ritorna così in Andrea, che racconta con tonalità quasi epiche la vicenda di due amici durante il conflitto. Lo stesso momento storico ha suggerito al cantautore anche la stesura di un romanzo, Ballata senza nome, dedicato alle vicende di undici soldati, militi ignoti ai quali l’artista ha voluto attribuire un volto ed un’identità. Il brano finale, Tre rose, è poi ispirato ad una serenata notturna con la quale il nonno di Massimo aveva conquistato il cuore della futura moglie.

Al set di Bubola è seguito quello di Renato Franchi, accompagnato per l’occasione dai fedelissimi Viki Ferrara alla batteria, Gianfranco D’Adda alle percussioni, Dan Shim Sara Galasso al violino e Gianni Colombo alle tastiere ed organo Hammond. La band è dunque tornata al chiostro di Voltorre a distanza di meno di una settimana, dopo aver preso parte, lo scorso sabato 25 giugno, all’inaugurazione delle mostre che, dato il grande successo e afflusso di pubblico, saranno visitabili fino al 17 luglio. La formazione ha proposto alcune proprie composizioni originali, come Incanto, Angeli nel vento, Mi perdo e m’innamoro e Una radio suona – queste ultime tratte dall’ultimo album uscito a gennaio – caratterizzate dall’inconfondibile sound folk-rock impreziosito dalle trame sonore del violino della virtuosa Sara. A seguire Bambini, una delicata ballad che esprime come i più piccoli sappiano distinguere “cosa è dolce, cosa è amaro… cosa è falso, cosa è vero” e siano in grado di individuare le contraddizioni e le incoerenze del mondo adulto. Un brano che non può mancare nelle setlist del cantautore è poi Eppure soffia di Pierangelo Bertoli, sempre coinvolgente e di grande, drammatica attualità.

Il gruppo ha poi reso omaggio a Franco Battiato con due brani, La Cura e La stagione dell’amore, tratti dal loro recente spettacolo-tributo al “Maestro”, di cui ho avuto più volte occasione di parlare. Proprio La Cura e Se mi guardi vedi (composta da Marino e Sandro Severini ma presente anche nell’album di Franchi Oggi mi meritavo il mare) erano inserite nella suggestiva performance “I buchi della Memoria” che si è tenuta sempre lo scorso sabato sul lungolago di Gavirate. Il set si è chiuso con la beneaugurante Buon tempo, un autentico messaggio di speranza e di fiducia nel futuro che parte dalla realtà del singolo senza dimenticare la storia del nostro Paese e avvolge tutti gli ascoltatori in un autentico abbraccio sonoro. Le composizioni di Franchi arrivano sempre dritte al cuore e questo spiega l’affezionato riscontro e le sentite manifestazioni di stima che fanno seguito ad ogni sua esibizione.

Se la poesia e la canzone hanno il potere di rendere la vita degna di essere vissuta, momenti come quelli trascorsi al chiostro di Voltorre si configurano come ideali spazi in cui l’anima si allarga e gli attimi si fanno densi di significato. I brani musicali rispecchiano il mondo interiore e la visione del mondo dei loro compositori, ma pongono anche chi ascolta davanti all’immagine riflessa di se stesso. Non resta dunque che augurarci, con le parole di Franchi:

Buon tempo all’amore e a tutti i suoi orizzonti/ ai sognatori del giorno, alla meraviglia dei tramonti/buon tempo ai colori di tutti i giorni luminosi/a quei mattini capovolti, spettinati e polverosibuon tempo e buona fortuna.