Un’analisi di”Sogni e tradimenti”, il primo album di inediti di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones (2006)
We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded with a sleep.
(William Shakespeare, The Tempest, Atto 4, Scena I)
“Siamo dello stesso materiale di cui sono fatti i sogni e la nostra breve vita è circondata da un sonno”: che la vita sia un sogno è affermazione pronunciata da molti poeti, nell’accezione dell’illusorietà della nostra parabola terrena. Al tempo stesso, da un altro punto di vista, il sogno – tanto quello notturno, quanto quello ad occhi aperti – è una dimensione essenziale dell’esistenza. Sono infatti i sognatori coloro che hanno compiuto le più grandi imprese della storia dell’umanità e, se poi un sogno viene condiviso, è più probabile che diventi realtà: “a dream you dream alone is only a dream. A dream you dream together is reality” (Yoko Ono, Grapefruit: A Book of Instructions and Drawings).
A volte, però, le aspirazioni sono infrante e vanificate e un sogno può venire tradito, così come l’anelito a varcare i limiti della realtà può essere soffocato. E, ancora, i “sogni” e i “tradimenti” sono quelli che caratterizzano le relazioni interpersonali e affettive. Una antitesi, dunque, che caratterizza l’esperienza umana, che rappresenta l’essenza della vita stessa ma che dà anche il titolo al primo album di inediti di Renato Franchi & l’Orchestrina del Suonatore Jones Sogni e tradimenti, uscito nel 2006 e recentemente ripubblicato, in versione rimasterizzata, lo scorso anno, il 22 settembre, in occasione del compleanno del cantautore.

Perché riprendere in considerazione un disco risalente a diversi anni fa? Sedici sono i moti di rivoluzione compiuti dal nostro pianeta da quando questo lavoro è uscito sul mercato e ben diciotto sono i brani che lo compongono, rendendolo dunque un progetto ricchissimo di contenuti e di argomenti che merita sicuramente di essere riproposto e analizzato. Un “bringing it all back home” in cui il songwriter legnanese e i suoi musicisti, membri di quell’Orchestrina che rimanda al Suonatore di deandreiana memoria – simbolo della libertà che il vivere di musica dona a chi lo sceglie – hanno voluto sintetizzare la loro attività di diversi anni sul palco e in studio, tra tributi agli artisti più amati e prestigiose collaborazioni. Una pietra miliare, dunque, nella discografia di Renato Franchi, essenziale per chi volesse addentrarsi nel suo mondo, in cui personaggi e situazioni reali si rivestono a tratti del linguaggio della fantasia, in una personale ottica che rivolge uno sguardo critico alle contraddizioni della quotidianità attraverso la lente della poesia. Le sonorità di cui le canzoni si ammantano sono quelle del folk-rock, punteggiate qua e là dai timbri del tin whistle irlandese, della fisarmonica, del banjo, ma anche dell’armonica del bluesman Fabrizio Poggi.

Quattro sono i brani della tradizione cantautorale (Cara Maestra di Luigi Tenco, Un malato di cuore di Fabrizio De André, Il vino di Piero Ciampi, La luna sotto casa di Pierangelo Bertoli) a cui l’Orchestrina ha spesso reso omaggio nei propri concerti. Ma numerosi sono anche gli ospiti illustri la cui presenza impreziosisce questo lavoro. Primo fra tutti, Claudio Lolli, che insieme a Renato canta Cento passi, il primo brano del disco (dopo il recitativo della breve intro Le canzoni sono come gli amanti), dedicato a tutti i migranti che si mettono in viaggio con “una valigia di piuma… una camicia per faticare… un bel vestito per la domenica”, inseguendo il sogno di un futuro migliore. Un brano ottimista, dalle immagini da nursery rhyme (“notti a fette di luna”, l’inverno “pieno di nebbia, di latte e di miele”) in nome delle speranze di tutti i sognatori che, con coraggio, abbandonano le proprie certezze nella speranza di un domani in cui ci sarà più dignità nel lavoro e nelle condizioni di vita, e i cui nuovi orizzonti saranno magari gli occhi “di mare, di stelle e di viole” di una bella ragazza.


Claudio Lolli e Renato Franchi
Due grandi amici, i fratelli Marino e Sandro Severini dei Gang, costituiscono poi un valore aggiunto per due degli episodi migliori di tutto l’album. Il primo è Canzone per Ion, dedicata alla memoria di Ion Cazacu, operaio rumeno arso vivo sul posto di lavoro, una delle innumerevoli vittime dell’incuria e della mancata tutela delle norme di sicurezza. La figura del ragazzo è tratteggiata con delicatezza ed anche la sua drammatica fine è rievocata con i toni della poesia:
…poi fu la notte delle stelle che cantavano alla luna
Quando l’assassino bruciò i tuoi occhi di sfortuna
O forse fu la luna che piangeva con le stelle
Mentre morivano i tuoi anni e bruciava la tua pelle…
La vicenda di Ion costituisce il tragico contraltare di quella del viaggiatore del primo brano: i sogni del giovane, che idealmente potrebbe essere il medesimo personaggio, così come i diritti umani, vengono qui distrutti, traditi, calpestati. E il motivo della stella e della luna, mute spettatrici dell’orrore della guerra, ritorna in un’altra bellissima canzone, Sera jugoslava, basata su un testo firmato dall’amico Claudio Ravasi:
Nella sera jugoslava c’è una stella di metallo
Una luna colorata, rosso sangue di corallo
Nella sera jugoslava c’è una stella di paura
Una luna insanguinata nella notte buia e scura
Anche qui la chitarra di Sandro e la voce di Marino rendono più intensa l’atmosfera del brano, caratterizzato da una intro di elettrica quasi harrisoniana che dialoga con la fisarmonica e l’organo Hammond per narrare di una terra straziata dalla guerra.
Un altro gradito ospite è Alberto Bertoli, che nel brano La luna sotto casa, firmato dal padre Pierangelo, duetta con Renato alla voce. Nelle liriche del cantautore di Sassuolo ritorna l’aspetto del sogno, che però si riveste dei panni dell’utopia fine a sé stessa, dell’irresolutezza, dell’inazione. Il protagonista contrappone il suo pragmatismo a quello della persona amata, il cui fantasticare non porta da nessuna parte: “… a furia di sognare tu ti distruggerai/ Sei polvere, sei neve, hai solo falsità /Io ho una cosa grande, lotto per la libertà”.

Nella title track, Franchi accosta invece, come spesso avviene nella sua scrittura, immagini legate al sentimento amoroso che rimandano quasi all’ingenuità dell’infanzia (“regalami una bella camicia d’arcobaleno/tessuta con fiori di campo e mille fili di poesia… piccole collanine, anellini di latta io ti darò/due perline di vetro rosso, un secchio di mare mosso ti comprerò) alla memoria storica (le “belle stagioni di una lunga storia partigiana”), che è importante, come spesso ha dichiarato il cantautore stesso, “per non dimenticare il futuro”. Non mancano, poi, le figure femminili, nate dalla fantasia (la sensuale gitana di Profumo d’oriente) o vittime dell’ingiustizia nel sud del mondo, come le donne dell’Africa e della Palestina e le madri dei desaparecidos di Plaza de Mayo a Buenos Aires (Donne di cielo). Il sogno, dunque, può essere suscitato dalla cartomante che risveglia l’immaginazione e i sensi con il suo fascino, ma è anche quello di una vita senza più conflitti, in cui la pace è il valore supremo (“e se la guerra finirà in tutti gli angoli del mondo/faremo tutti insieme un grande girotondo”).
I sogni sono anche quelli evocati dai punti di riferimento musicali: ecco dunque che nell’immaginario di Franchi compaiono i Campi di fragole beatlesiani, ma anche la New York di Tom Waits, invocato in un brano a lui dedicato anche grazie alla presenza del graffiante timbro vocale del cantautore lariano Luca Ghielmetti ai cori. Sono piene di sogni anche le notti delle ragazze e dei Ragazzi della Maddalena, canzone in cui gli ospiti di una comunità per disabili (l’Anfass di Somma Lombardo) non sono solo i protagonisti di una tenera ballata, ma accompagnano anche Renato nei cori. E, infine, i tradimenti, quelli rappresentati dalle vite spezzate di due giovani e dalle loro speranze infrante: Carlo Giuliani, a cui è dedicata Genova 2001, instant song scritta di getto dal cantautore il mattino dopo i tragici fatti avvenuti in piazza Alimonda in occasione del G8, e il Piccolo principe, protagonista di una commovente canzone composta dal batterista Viky Ferrara per il figlio Stefano scomparso a soli 20 anni il 2 giugno 2001.

Ma l’album non può non chiudersi con una nota di ottimismo e pertanto Franchi si congeda dall’ascoltatore con la traccia finale che restituisce il conforto della carezza della “stoffa dei sogni”: “vi lascio belle speranze da coltivare/ un tappeto di stelle per sognare /vi lascio questa piccola canzone da cantare…“
Così il cantautore stesso ha voluto definire il suo lavoro: “è un ritratto sonoro dedicato alla bellezza delle piccole cose, scritto pensando a tutte le curve della vita, quelle dolci, quelle pericolose, quelle della speranza che abita nei sogni, un dolore nascosto dietro una gioia, una giornata sottosopra, un ritardo, un’attesa, una partenza senza ritorno, un temporale che autorizza la paura, un amore che di spalle se n’è andato via…. sogni interrotti e tradimenti… testi bagnati d’amore universale e fisico”.


La formazione dell’Orchestrina, che ha subito modifiche negli anni, è qui costituita, oltre che da Renato Franchi alla voce e chitarra, da Viky Ferrara (batteria), Giampiero Lecchi (chitarra elettrica Rickenbacker), Marta Franchi (flauto, Tin Whistle e cori), Elena Lavazza (sax e clarinetto), Roberto D’Amico (basso), Giovanni Arzuffi (fisarmonica), Carlo “Manolo” Cilibrasi (percussioni), Giorgio Macchi (organo Hammond). Ma c’è anche una nutrita schiera di collaboratori che appartengono alla fase antecedente della nascita dell’ensemble, nell’intento, come si diceva all’inizio, di “riportare tutto a casa”. Tra gli “ospiti, complici e passeggeri”, oltre a quelli già citati, ecco dunque Michele Reni e Francesco Marelli degli Ego&Co. e Angelo Nuzzo e Mauro Rogora dei Beans, Bacon & Gravy, due band che insieme a Franchi ed altre figure della scena locale (tra le quali l’amico cantautore Bruno Carioti) avevano costituito il collettivo “Il Serpentone”, che negli anni precedenti alla costituzione dell’Orchestrina animava il panorama musicale di Rho e dintorni. Altro personaggio che ha contribuito alla realizzazione del disco è stato Flavio Carretta dell’associazione culturale “Il Liocorno” di Treviso, attore fondamentale nel patrimonio di esperienze musicali di Franchi & soci. E poi, infine, Giorgio Restelli e Gianni Binaghi della Kanzonaccio Band, formazione con la quale negli anni ‘80-‘90 Renato Franchi ha realizzato due album e ha avuto numerose opportunità internazionali. Proprio a quest’ultimo gruppo sarà dedicato il mio prossimo approfondimento dedicato alla carriera del cantautore.
To be continued…

Track list:
1.Le Canzoni Sono Come Gli Amanti 0:41
2. Cento Passi 4:51
3. Canzone Per Ion 4:42
4. Come 4:11
5. Cara Maestra 3:16
6. La Luna Sotto Casa 3:08
7. Sogni E Tradimenti 3:31
8. Profumo D’Oriente 4:13
9. Sera Jugoslava 4:52
10. Donne Di Cielo 3:11
11. Campi Di Fragole 3:54
12. Cercando Tom Waits 3:44
13. Il Vino 3:31
14. Un Malato Di Cuore 4:00
15. I Ragazzi Della Maddalena 4:09
16. Genova 2001 5:31
17. Piccolo Principe 4:53
18. Vi Lascio 4:19
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