Nel Castello di Carimate vennero registrati, nell’arco di un decennio, numerosi capolavori della discografia italiana
Inizialmente dimora storica, poi studio di registrazione all’avanguardia ed infine albergo-ristorante di lusso, il Castello di Carimate, a pochi chilometri da Como e a mezz’ora da Milano, è ora un complesso architettonico che, pur mantenendo intatto il suo fascino, ha una destinazione incerta. Venduto all’asta nel 2019, infatti, il maniero – costruito intorno al 1350 da Luchino I Visconti sui resti di un edificio risalente a due secoli prima – è attualmente chiuso, in attesa di essere riqualificato come struttura ricettiva dalla società alberghiera che lo ha rilevato. Ma il periodo di maggior splendore conosciuto in tempi recenti da questa residenza va dal 1976 al 1986, quando nei mitici Stone Castle Studios, gli studi di registrazione realizzati al suo interno che erano i più moderni a quell’epoca nel nostro Paese, furono registrati alcuni del più importanti album della musica italiana.

Per quanto riguarda i suoi trascorsi, il castello venne acquistato nell’Ottocento dalla famiglia comasca degli Arnaboldi ed ospitò persino Giuseppe Garibaldi ed il re Vittorio Emanuele II. Nei decenni successivi venne sottoposto ad opere di ristrutturazione e ampliamento e la sua proprietà passò a Bice Arnaboldi Robbiati. Durante la seconda guerra mondiale venne occupato sia dalle milizie tedesche che dai partigiani e in seguito, alla morte della contessa Bice, venne venduto nel 1957 ad una società immobiliare romana. Risale a quel periodo la costruzione del Golf Club e del quartiere residenziale nei dintorni, per riqualificare tutta l’area come una zona di prestigio. Si trattò del primo esempio in Italia di realizzazione di un distretto costituito da una serie di strade private (con denominazioni che rievocano flora e fauna come Strada della Chiocciola, Via della Fagiana, Via del Cavalluccio, Via della Acacie e così via) e ville unifamiliari destinate a fungere da abitazione permanente o stagionale dei residenti della vicina Milano, secondo un modello diffuso negli Stati Uniti.

Il castello attirò l’attenzione di Antonio Casetta, titolare della Produttori Associati e residente proprio a Carimate. L’imprenditore acquistò la struttura nel 1976 e la trasformò, per un decennio, in uno studio di registrazione all’avanguardia, fino al 1986, in cui vendette il tutto a Red Canzian dei Pooh. Quest’ultimo, che abitò anch’egli nella cittadina brianzola, dopo aver cambiato il nome dell’impianto in Morning Studio, cedette il complesso ad una società alberghiera l’anno seguente. Il periodo d’oro degli studi era ufficialmente terminato.

Un’importante attività di ricerca sugli Stone Castle Studios è stata recentemente condotta da Walter Pistarini, scrittore e collezionista, autore dei volumi Fabrizio De André – Il libro del mondo – Le storie dietro le canzoni (Giunti) e il recente, monumentale Collezionare de André (ed. Ego Sum), scritto a quattro mani con Claudio Sassi. Nel libro Bluebell, Produttori Associati, Stone Castle Studios – il mondo di Antonio Casetta, di prossima pubblicazione, l’autore (che ringrazio per avermi fatto visionare in anteprima il lavoro da lui svolto) ha dedicato ampio spazio all’avventura degli Studios. Casetta, imprenditore milanese scomparso nel 1993, aveva acquistato il castello con l’intento di allestirvi, oltre alle sale di incisione, una parte dove far alloggiare i musicisti e delle location per servizi fotografici. Qui organizzava, inoltre, le convention con i rappresentanti della distribuzione Ricordi (alla quale la Bluebell era associata) e allestiva sontuosi buffet. Pistarini ha esaminato un’ampia serie di documenti e ha riportato numerose testimonianze dell’epoca, da cui emerge che l’intento di Casetta fosse quello di realizzare, anche con l’apporto di capitali stranieri, uno studio di registrazione avveniristico in grado di competere con i migliori impianti europei. Gli Stone Castle Studios furono assemblati dalla statunitense East Lake Studios e una significativa inserzione sull’argomento venne pubblicata dalla rivista “Billboard” sia nel 1977 che nel 1979, per favorire il lancio promozionale internazionale della struttura. La pagina pubblicitaria sul periodico americano, curata da Cesare Monti ed il cui testo venne scritto da Gianfranco Manfredi, non mancava di esaltare l’elevata qualità ed i prezzi concorrenziali dell’impianto.

Lo studio era organizzato in tre sale: Verde, Corallo e Blu. Gli artisti che in quel decennio passavano da Carimate vi si recavano per registrare un intero album o anche per il solo missaggio. Ecco un elenco parziale degli album prodotti al Castello (quello completo è reperibile al link https://www.discogs.com/it/label/278415-Stone-Castle-Studios):
• Come è profondo il mare, Lucio Dalla – RCA Italiana (1977)
• Rotolando respirando, Pooh (1977) – missaggi del disco.
• Figli delle stelle, Alan Sorrenti, EMI (1977)
• Comici cosmetici, Alberto Camerini – Cramps (1978)
• Pigro, Ivan Graziani, Numero Uno (1978) – missaggi
• Boomerang, Pooh – CGD (1978)
• Arcimboldo, Ricky Gianco, Ricordi (1978) – missaggi
• Un gelato al limon, Paolo Conte – RCA Italiana (1979)
• Robinson, come salvarsi la vita, Roberto Vecchioni – Ciao Records (1979)
• Lucio Dalla, Lucio Dalla – RCA Italiana (1979)
• Alberto Fortis, Alberto Fortis – Philips Records (1979)
• Kinotto, Skiantos – Cramps Records (1979)
• Pino Daniele, Pino Daniele, EMI (1979) – missaggi
• Viva, Pooh – CGD (1979)
• Suonare suonare, PFM (1980)
• Montecristo, Roberto Vecchioni, Philips (1980)
• Loredana Bertè, Loredana Bertè, CGD (1980)
• Sogno di una notte del’estate, Mauro Pagani, Fonit Cetra (1980)
• Sono solo canzonette, Edoardo Bennato – Ricordi (1980)
• …Stop, Pooh – CGD (1980)
• Cervo a primavera, Riccardo Cocciante, RCA (1980)
• Finardi, Eugenio Finardi – Cicogna (1981)
• Fabrizio De André (L’Indiano), Fabrizio De André – Ricordi (1981)
• Quante volte… ho contato le stelle, Mia Martini, DDD, 1982
• Ivan Graziani, Ivan Graziani – Numero Uno, RCA (1983)
• Guccini, Guccini, EMI (1982)
• Paolo Conte, Paolo Conte – CGD (1984)
• Fra la Via Emilia e il west, Francesco Guccini, EMI (1984) – solo missaggi
• Creuza de mä, Fabrizio De André – Ricordi (1984)
• È arrivato un bastimento, Edoardo Bennato, Virgin (1984)
• Big Generator, Yes – ATCO (1987)
La stagione dorata degli Stone Castle Studios ha visto, dunque, come protagonisti i più grandi nomi della musica italiana.
Roberto Manfredi, produttore, regista e scrittore, ebbe il suo primo impiego come discografico proprio a Carimate. “Curavo la promozione dei dischi, ma ben presto passai alla produzione vera e propria” ricorda. “L’etichetta Produttori Associati di Tony Casetta, distribuita dalla Dischi Ricordi, aveva in proporzione un fatturato superiore alla casa madre, dato che vendeva milioni di dischi di artisti molto commerciali quali Santo & Johnny, l’Orchestra Spettacolo Casadei, Johnny Sax, Piergiorgio Farina (alter ego di Fausto Papetti), gli Alunni del Sole e – fortunatamente – Fabrizio De André. Casetta, che già viveva a un chilometro di distanza dal castello, volle creare gli studi di registrazione più innovativi in Italia sul modello East Lake, allora molto in voga negli Usa e in Inghilterra”. Manfredi non manca di sottolineare come la tecnologia degli studi brianzoli fosse notevolmente all’avanguardia per il periodo: “Le casse di diffusione erano poste in modo tale che potevi ascoltare perfettamente i mix da qualsiasi angolazione possibile. Il banco aveva delle sezioni automatizzate che permettevano di regolare, senza muovere a mano, i cursori delle singole piste. Ciò permetteva di regolare il livello di più piste, ad esempio una intera sezione di archi o fiati”.

Naturalmente un’impresa tanto ambiziosa implicò un notevole investimento finanziario. Prosegue Manfredi: “Casetta ‘sventrò’ la parte ovest del castello per costruire i gli studi e i costi furono imponenti, nonostante si registrassero poi album molto importanti, tra i quali Un gelato al limon di Paolo Conte che io produssi insieme a Nanni Ricordi”. Proprio per questo motivo l’avventura di Casetta durò soltanto un decennio: “Gradualmente le produzioni cominciarono a calare e i costi di manutenzione cominciarono a essere pesanti, al punto tale che Casetta fu costretto a vendere il catalogo della Produttori Associati alla Ricordi, che non vedeva l’ora di impossessarsene. Non fu pertanto un business ma, al contrario, un modo per pagare i debiti”.
Un artista esordiente che ebbe modo di registrare il suo primo album a Carimate fu Alberto Fortis. “Fu per me un privilegio poter incidere il mio disco in uno studio così prestigioso” racconta il cantautore. “Nel 1979 avevo avuto la fortuna di essere appena stato messo sotto contratto da Alain Trossat della Polydor. Avevo solo 23 anni ed avevo quasi soggezione del fatto di poter lavorare lì, fianco a fianco con la PFM al completo! Registrai il disco con la produzione di Alberto Salerno (marito di Mara Maionchi) e Claudio Fabi (padre di Niccolò), che poi divenne il mio produttore “storico”, mentre l’ingegnere del suono era Ezio De Rosa. Gli elevati standard qualitativi davano la possibilità di registrare i brani quasi in presa diretta. Lo studio aveva forma rettangolare, con la cabina voci in fondo, pertanto pezzi come La sedia di lillà venivano registrati quasi come durante un concerto. Ho anche dei bellissimi ricordi riguardanti il tempo libero: nelle pause io, Claudio Fabi, Ezio De Rosa e i componenti della PFM giocavamo a frisbee!” Anche Fortis, dunque, come tutti gli altri personaggi interpellati a proposito, ribadisce quanto l’impianto brianzolo fosse il migliore d’Italia in quel momento: “Gli studi di Carimate erano collegati con alcuni professionisti di Londra, tra i quali Aaron Chakraverty che lavorò prima agli Stone Castle e poi agli studi Master Room di Londra (il mio quarto album, Fragole infinite, fu registrato ad Abbey Road). Il master che veniva ottenuto (una copia in vinile) era come un secondo missaggio. Questo grazie alla grande qualità tecnologica delle produzioni in studio realizzate a Carimate. Qui registrai anche il mio secondo disco Tra demonio e santità, dopo di che per il terzo, La grande grotta, mi recai a Los Angeles, ma ebbi modo di constatare che non c’era un divario qualitativo tra quanto realizzato negli States e quello che era possibile fare in Italia. Sono dunque molto contento di aver potuto lavorare agli inizi della mia carriera in un contesto favorevole come quello di Carimate: è stata un’esperienza di altissimo livello”.
Un altro musicista che ha lavorato tantissimo al Castello – tra l’altro, anche nel disco Un gelato al limon a cui si accennava in precedenza – è stato Walter Calloni. “La particolarità degli studi di Carimate era l’essere luogo di incontri, a volte del tutto inaspettati” racconta il batterista, che prima dell’apertura degli Stone Castle Studios aveva già operato a lungo in Brianza, negli studi “Il Mulino” di Anzano del Parco, con Lucio Battisti. “Una volta, nell’andare a prendere una cuffia al piano di sopra, mi imbattei in Lucio Dalla che stava leggendo delle poesie a Ron… questo è uno degli innumerevoli episodi avvenuti tra le mura del castello!” Calloni ribadisce anche la peculiarità della location: “Antonio Casetta aveva creato un luogo isolato per favorire la creatività in un luogo affascinante e verdissimo come la Brianza, ma a due passi da Milano, per cui risultava particolarmente attraente per i musicisti, soprattutto stranieri”.

Uno degli album più importanti che vennero realizzati in questa sede, e in cui il batterista milanese ebbe occasione di suonare, fu Creuza de Mä di Fabrizio De André. “Faber adorava il castello ed era stato lui stesso a fare pressione su Casetta affinché investisse denaro in questo progetto. Ovviamente fu la casa discografica (la Bluebell) a rimetterci, a causa degli onerosi investimenti”. Il lavoro in lingua genovese, segnalato da David Byrne dei Talking Heads alla rivista Rolling Stone come uno dei dischi fondamentali del decennio, ebbe una lunghissima gestazione. Prosegue Calloni: “I brani vennero inizialmente registrati nello home studio di Mauro Pagani (l’idea stessa dell’album nacque da un viaggio in barca che Faber e Pagani fecero insieme), poi al castello vennero effettuate delle sovraincisioni e il tutto venne mixato”.
Walter Calloni ricorda De André come un personaggio preciso e meticoloso, molto attento alle sonorità: “Come tutti i grandi artisti, Fabrizio era estremamente pignolo ed esigente e spesso molte parti venivano rifatte in base alle sue richieste. Io, ad esempio, avevo registrato delle parti con il charleston e l’hi-hat e, mentre le stavamo riascoltando, Fabrizio si alzò dal divano sul quale stava fingendo di dormire e disse: ‘Ci vogliono dei suoni più naturali… di certo in Africa non hanno i soldi per comprare un charleston e qui ne vogliamo usare addirittura due?’ Così cercammo di ricreare la naturalità dei suoni costruendo noi stessi delle percussioni con barattoli pieni di fagioli di diverso tipo che avevamo recuperato in cucina! Queste sperimentazioni sonore venivano fatte sotto la spinta di Fabrizio. Creuza de Mä , infatti, è un disco che contiene molta elettronica, ma ci sono anche strumenti tradizionali come il bouzouki”.

Calloni ribadisce inoltre come quello di Carimate fosse diverso da qualsiasi altro studio di registrazione in Italia non solo per la strumentazione di alto livello, ma soprattutto per la sua struttura architettonica. “Un’altra caratteristica del castello” afferma il musicista “è che i grandi spazi favorivano la privacy al punto che a volte capitava di incontrare personaggi del tutto a sorpresa. Per me, che ero giovanissimo all’epoca (avevo poco più di vent’anni) stare in un luogo simile era davvero come realizzare un sogno… anche se poi, in effetti, dopo pochi giorni ci si ambientava e quindi stare fianco a fianco con autentiche celebrità diventava una cosa normale”. Il batterista ha davvero molti aneddoti da raccontare: “Una volta stavo registrando con Enzo Avitabile e ho visto Pino Daniele arrivare in auto… poi Pino mi ha chiesto di registrare con lui un tamburello per l’album che era in corso di lavorazione in un’altra sala!” E ancora: “Un giorno vidi arrivare Alan White, batterista degli Yes, e inseguito, mentre gli Yes stavano registrando io ed altri musicisti ci nascondemmo per poterli ascoltare, visto che loro non volevano nessuno in sala di incisione… Fu davvero un periodo straordinario” conclude il musicista.

Ma gli eventi che ebbero luogo al Castello in quegli anni furono numerosissimi, ed altrettanti furono i personaggi coinvolti, pertanto tornerò a parlare di tutto ciò a breve, nella seconda parte dell’articolo.
Ringrazio per la preziosa collaborazione ed il tempo che mi hanno dedicato: Walter Calloni, Alberto Fortis, Roberto Manfredi e Walter Pistarini. A quest’ultimo va tutta la mia gratitudine per aver condiviso con me i risultati del suo lavoro di ricerca.
Da bresciano ricordo le bravissime Squeezers, Monica e Laura Roversi, Luisa Giovanelli e Giuliana Pagnotta, che nel 1986 registrarono il loro unico disco EP “I’m a rock’n’roller”
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Fantastica ricostruzione!
Grazie 🤩
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Grazie di cuore!
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