Analisi di uno dei brani più amati del primo De André, versione italiana di una ballata popolare scozzese
A 24 anni dalla scomparsa di Fabrizio De André vorrei ricordarlo analizzando una delle sue canzoni più amate del suo primo periodo: Geordie, versione italiana di una ballata scozzese del XV-XVI secolo.
La ballata è una forma poetica che ha attirato l’attenzione di numerosi cantautori, da sempre attenti alle espressioni popolari, divenute poi colte attraverso la loro trascrizione e divulgazione. Anche De André, agli esordi della sua carriera, si lasciò catturare dal fascino di questa struttura, scrivendo ballate originali, ma anche tenendo in considerazione composizioni già esistenti. I suoi primi brani degli anni Sessanta rientrano spesso nei canoni del genere fin dal titolo, sia pure con qualche variazione sul tema. Alcuni esempi significativi sono La ballata del Miché e La ballata dell’eroe, entrambe del 1961; La guerra di Piero e La canzone di Marinella, pubblicate nel 1964; e poi La ballata dell’amore cieco (1966), in cui, a differenza delle forme tradizionali, compare una morale, poiché il personaggio della “femme fatale” che porta il protagonista alla morte viene punito.



Questo genere letterario nasce nel Medioevo, prima in forma orale e poi scritta. Le sue caratteristiche peculiari sono la strofa di quattro versi, con rima baciata o alternata, la presenza di numerose ripetizioni per facilitarne la memorizzazione, le formule fisse tipiche della tradizione, l’alternarsi di narrazione e discorso diretto. Le ballate “viaggiavano” insieme ai viandanti per tutta Europa e non sorprende il fatto che uno stesso motivo o racconto sia presente in Italia, Francia, Inghilterra e altrove, tradotto nelle lingue locali o nei diversi dialetti. Un puntuale lavoro di studio e ricerca in merito è stato svolto da Giordano Dall’Armellina, docente milanese di lingua e letteratura inglese, che ha scritto molti saggi sull’argomento ed ha portato in giro per la penisola i suoi spettacoli che evidenziano la trasversalità di queste composizioni. Nata nell’età di mezzo, infatti, la ballata ha attraversato confini, oceani e mari e, attraverso i secoli, si è diffusa non solo in buona parte del nostro continente, ma anche negli Stati Uniti, dove dalle storie tradizionali, per lo più dedicate ai fuorilegge e ai delitti, spesso passionali ma anche di altra natura (murder ballads) sono nate le canzoni di folksingers come Woody Guthrie, Bob Dylan e tantissimi altri.

Geordie era stata già registrata da Joan Baez nel 1962. De André, che all’epoca lavorava presso la scuola di Pareto di Sampierdarena della quale suo padre era direttore, conobbe la canzone grazie a Maureen Rix, docente d’inglese nell’istituto. I due erano diventati amici grazie ai comuni interessi artistici e culturali: “Mi prestava i suoi dischi, commentavamo gli artisti di quel periodo e lui sin da subito aveva dimostrato un’attenzione particolare alla musica folcloristica inglese. Era meraviglioso dialogare con lui” ricorda Maureen. L’amicizia si rinsaldò grazie ad una cena a casa dell’insegnante, durante la quale Fabrizio, dopo diversi bicchieri di vino, superò la sua proverbiale timidezza e cantò per i commensali. Poi Rix, durante un viaggio in Inghilterra, decise di portare a Fabrizio un’audiocassetta con la registrazione di diversi brani del folklore britannico, ma quest’ultima si ruppe e Maureen fu pertanto costretta, rientrata in Italia, a cantare le canzoni di persona, rivelando la dolcezza della sua voce. In seguito Faber decise di incidere Geordie, che era stata tradotta dal marito di Maureen, Giorgio, ed invitò la docente a unirsi a lui. Viaggiarono così da Genova a Roma, con Puny, prima moglie di De André, costretta a guidare tutta la notte. Questo il commento di Rix sull’esperienza: Ero una semplice insegnante di inglese che aveva imparato a cantare in chiesa. Incisi il ritornello di “Geordie” senza aver mai fatto prove e dopo una notte insonne passata in autostrada. Fabrizio credeva in me e in quel brano che, ancora oggi, è poesia. Dopo qualche tempo Maureen tornò in Inghilterra e i due si persero di vista; lei venne a sapere del successo della canzone solo molti anni dopo. Tra l’altro, si trattò dell’ultimo 45 giri pubblicato con la casa discografica Karim; il brano fu poi incluso nell’album antologico Nuvole barocche (1969) e nel live Fabrizio De André in concerto (1999) in cui la voce femminile venne affidata a Luvi, figlia di Fabrizio e di Dori Ghezzi.


Il testo originale inglese della ballata “Geordie” a cui fa riferimento la versione di Faber è contenuto nella raccolta Child Ballads, un’antologia curata da Francis James Child nel 1882, con il numero 209. Della storia di Geordie esistono diverse versioni. In alcune di esse, risalenti al XV secolo, il protagonista viene condannato per aver ucciso un nobile, ma la moglie riesce a salvarlo dalla pena capitale dietro pagamento di una forte somma. Qui la vicenda viene ricollegata alla figura di George Gordon, marchese di Huntly, colpevole di una cospirazione contro il re Giacomo VI di Scozia (il futuro Giacomo I d’Inghilterra), prima accusato di tradimento, ma poi graziato dal sovrano. Nella versione più tarda, prescelta da Joan Baez e da De André, invece, il giovane, un bracconiere, muore nonostante la sua compagna tenti di intercedere presso il giudice. I riferimenti storici potrebbero ricondurlo a George Stoole, un rapinatore inglese giustiziato nel 1610. Bisogna anche ricordare che in Inghilterra, nel XVIII secolo, con la rivoluzione agricola, molti boschi e prati vennero recintati, divenendo proprietà privata (“enclosures”) pertanto i contadini non potevano più pascolare liberamente il proprio bestiame ed erano costretti a vendere tutti i loro averi e a trasferirsi in campagna o a diventare cacciatori di frodo. Le foreste erano spesso di proprietà reale e chi vi veniva sorpreso a catturare animali veniva arrestato e impiccato. Molte ballate vennero scritte sull’argomento o composizioni già esistenti vennero adattate alla nuova situazione. Così la storia di Geordie, originaria della Scozia, venne “trasferita” alla metà del Settecento da Edimburgo a Londra. 1
L’esordio della canzone, con una frase di chitarra dal tono incalzante, quasi western, che conferisce una certa epicità alla narrazione, contestualizza l’episodio in un “giorno senza sole” (one misty morning): l’alba nebbiosa prefigura, nella tradizione, il finale tragico. È un narratore anonimo a introdurre la vicenda: una giovane donna, a Londra, piange la sorte del suo amato condannato a morte:
Mentre attraversavo London Bridge
Un giorno senza sole
Vidi una donna pianger d’amore
Piangeva per il suo Geordie
Nelle strofe successive è la moglie a parlare: come è consuetudine del genere, la vicenda non viene raccontata nei dettagli, ma per rapidi “flash”, con numerose ellissi nella narrazione:
Impiccheranno Geordie con una corda d’oro
È un privilegio raro
Rubò sei cervi nel parco del Re
Vendendoli per denaro
Come spiega Dall’Armellina2, non esiste un riscontro sull’utilizzo di catene o corde d’oro per l’impiccagione, né in Inghilterra né in Scozia: l’anonimo autore lascia intuire che la scelta sia dovuta alle presunte origini nobili di Geordie.
L’alternarsi della voce di Fabrizio e di Maureen conferisce un tono dialogico alla narrazione, in linea con le convenzioni della ballata, anche se di fatto nell’inglese le strofe centrali (dalla 2 alla 5) sono tutte espressione della voce della protagonista femminile. Pertanto la terza strofa italiana è scritta in terza persona (“cavalcherà”), a differenza dell’originale (“I will ride”), ed è affidata al timbro maschile.

Nella quarta strofa della versione anglofona si dice che Geordie non rubò mai “né mucche, né vitelli”, che in italiano diventano “un frutto o un fiore raro” per esigenze poetiche o metriche. I “sedici” cervi diventano poi “sei” nella ballata deandreiana. Altro dettaglio che nella traduzione si perde è il riferimento a “Bohenny”, luogo non identificabile: Dall’Armellina, al proposito, suggerisce che probabilmente l’uomo vendette la selvaggina a degli zingari (“Bohemians”): 3
Ah, my Geordie never stole nor cow, nor calf
He never hurted any
Stole sixteen of the King’s royal deer
And he sold them in Bohenny
Colpisce, nella versione originale, il fatto che la donna, che è in attesa del terzo figlio, sia disposta a privarsi dei bambini, se ciò potesse salvare la vita al suo uomo. Questa parte non è presente nella versione italiana:
Two pretty babies have I born
The third lies in my body
I’d freely part with them every one
If you’d spare the life of Geordie.


Illustrazioni di Stephen Alcorn
Nella canzone di Faber, la moglie si appella al giudice in nome della giovane età del marito, non ancora ventenne; giustiziarlo da anziano sarebbe più in linea con il naturale corso degli eventi. Qui le due voci di Fabrizio e Maureen si uniscono, quasi a volere implorare pietà in modo corale, a nome di tutto il popolo inglese, che viene citato più avanti.
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso
Non ha vent’anni ancora
Cadrà l’inverno anche sopra il suo viso
Potrete impiccarlo allora
Nella sesta strofa della versione inglese si ode la voce del giudice, che con una certa indifferenza dichiara che il destino del giovane bracconiere è ormai segnato, e invita la moglie ad allontanarsi:
The judge looked over his left shoulder
He said, “Fair maid, I’m sorry”
Said, “Fair maid, you must be gone
For I cannot pardon Geordie”
Nella versione italiana si coglie – forse – una maggior partecipazione emotiva dell’ufficiale, che non rimette alla propria decisione la salvezza o la condanna del ragazzo. Egli si appella alla legge, che non ammette eccezioni per chi la trasgredisce, anche se la prematura fine di Geordie probabilmente commuoverà la popolazione:
Né il cuore degli inglesi né lo scettro del Re
Geordie potran salvare
Anche se piangeranno con te
La legge non può cambiare

La ballata si conclude con la ripetizione della seconda strofa, cantata dalle due voci, con qualche lieve variazione, e per il giovane ladro di selvaggina non c’è scampo, né è presente un giudizio morale sulla vicenda, come da tradizione del genere.
La canzone di De André, a distanza di ben cinquantasette anni, conserva intatto il suo fascino ed è senza dubbio una delle più amate del primo periodo della sua carriera. Ho conosciuto più di un ragazzino chiamato Geordie dai suoi genitori in omaggio a questo brano; la sua popolarità, inoltre, è stata incrementata tra i più giovani (con buona pace dei “puristi”!) dalla cover elettro-dance realizzata dal DJ Gabry Ponte nel 2002. Ricordiamo, inoltre, le versioni di Angelo Branduardi (2013) e dei Mercanti di Liquore (2001). Resta il fatto che l’aver scelto di cantare la vicenda di un fuorilegge conferma che Faber, fin dai suoi primi anni di attività, avesse un’attenzione particolare agli “ultimi”, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Così scrisse Don Andrea Gallo, grande amico del cantautore, in occasione del suo funerale:
“Quanti Geordie o Michè, Marinella o Bocca di Rosa vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, ‘verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame’. Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione. E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che ‘dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior’.
1,3 G. Dall’Armellina, Mediaeval British Ballads in a European Context, Loescher, 2000.
2 G. Dall’Armellina, Ballate popolari europee, Book Time, 2008; nuova edizione: Ballate europee da Boccaccio a Bob Dylan, Book Time, 2016
http://www.dallarmellinagiordano.it/libri/ballate-europee-da-boccaccio-a-bob-dylan/
Altre fonti:
Walter Pistarini, Il libro del mondo. Fabrizio De André. Le storie dietro le canzoni, Giunti, 2010
Sito internet di Giordano Dall’Armellina: http://www.dallarmellinagiordano.it/


Molto bello e completo. Complimenti
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