Il viaggio ad Auschwitz dell’Orchestrina del Suonatore Jones ha ispirato il loro album “Le stagioni di Anna Frank”
Una delle tragedie più terribili della storia dell’umanità, la Shoah, ha ispirato moltissime canzoni ed anche il desiderio da parte di cantautori e artisti di visitare i territori dove si sono consumate quelle drammatiche vicende. Uno di essi è Francesco Guccini che, a 50 anni esatti dalla pubblicazione del suo brano Auschwitz, nel 2016 è salito sul “Treno della Memoria”, uno speciale convoglio partito dalla Stazione Centrale di Milano e diretto verso il campo di sterminio polacco, insieme al vescovo di Bologna e agli alunni della scuola media di Gaggio Montano, un borgo dell’appennino bolognese. Da quest’esperienza è poi stato tratto il docufilm “Son morto che ero bambino”.

Il progetto “Treno della Memoria”, sostenuto dall’omonima associazione e dai sindacati CGIL, CISL e UIL, dal 2005 conduce le scolaresche nei luoghi della Shoah affinché possano, venendo a diretto contatto con essi, restituire alle proprie comunità e ai propri istituti le proprie impressioni, per rinnovare l’invito a non dimenticare l’accaduto affinché simili tragedie non si ripetano più. Nel periodo del Giorno della Memoria, a fine gennaio, un convoglio parte tutti gli anni dal binario 21 della principale stazione milanese, dove ha sede anche il Memoriale della Shoah.
Guccini non è stato il primo musicista a prendere parte a questa iniziativa. Nel 2011, infatti, fu Renato Franchi con la sua Orchestrina del Suonatore Jones a ripercorrere, a bordo del medesimo treno, il tragitto che da Milano, attraverso Cracovia, conduce ad uno dei siti più tristemente noti della Seconda Guerra mondiale, il campo di Auschwitz-Birkenau.

Il Binario 21 sorge in un’area della Stazione Centrale situata al di sotto dei binari ferroviari ordinari. L’area era in passato adibita al carico e scarico dei vagoni postali. In seguito divenne il punto di partenza per le operazioni di deportazione di massa. Tra il 1943 e il 1945 migliaia di persone di origine ebraica furono caricate proprio su questo binario su vagoni merci, che venivano sollevati tramite un elevatore e trasportati al sovrastante piano. Una volta sulla banchina, i vagoni venivano agganciati ai convogli diretti ai campi di concentramento e sterminio (Auschwitz-Birkenau, Bergen Belsen) o ai campi italiani di raccolta, come quelli di Fossoli e Bolzano. Dallo stesso binario partirono anche numerosi deportati politici, destinati a Mauthausen o ai centri situati nella nostra penisola.
Proprio da questa circostanza Renato Franchi ha preso spunto per comporre una canzone intitolata Binario 21. Essa narra la tragedia di tutti coloro che hanno compiuto questo terribile viaggio per poi trovare la morte nei campi e sopravvivere solo nella memoria. Ma ricordare è fondamentale per evitare che tali terribili vicende si ripetano, perché a distanza di anni l’indifferenza è il nemico più grande da sconfiggere:
Sulla strada che taglia il destino
che non dice dove deve arrivare
corre il treno dal binario 21
e cade la neve sopra il nostro morire…
Io adesso sono un fiore di campo
chicco di grano da coltivare
una lacrima sospesa nel vento
una storia da raccontare…
una spada contro l’indifferenza
una storia da non dimenticare
Franchi intraprese il percorso con l’Orchestrina al completo, vale a dire insieme alla figlia Marta (flauti e voce), al chitarrista Joselito Carboni, al bassista Roberto D’Amico, al tastierista Giorgio Macchi, a Viki Ferrara (batteria e voce), al percussionista Carlo Cilibrasi e ad uno “special guest”, il trombettista Fabio Beltramini; insieme a loro, Davide Saccozza, responsabile della regia sonora del concerto che avrebbero tenuto a Cracovia. L’esperienza del viaggio a bordo del “treno della memoria” segnò profondamente la vita del musicista – come del resto quella di tutti coloro che decidono di compierla – e, inevitabilmente, fu fonte di ispirazione non solo per Binario 21, ma per la realizzazione di un intero album, intitolato “Le stagioni di Anna Frank – Tracce nella memoria”, che venne pubblicato tre anni dopo, nel 2014.
Ma lasciamo che sia il cantautore stesso a rievocare quei momenti:
Partimmo, come da programma, da Milano alle 15 di mercoledì 26 gennaio 2011. Durante il tragitto tenemmo un concerto acustico nel vagone ristorante e ci furono altri episodi significativi, con la presenza di insegnanti e altre persone che riportavano vicende storiche e toccanti testimonianze. La storia, i racconti, le canzoni… tutti ad ascoltare in silenzio e poi a cantare con noi, con il cuore in gola. Non dimenticherò mai questi attimi di forte unione ed intensità che coinvolsero tutti i partecipanti. Il treno viaggiava nella gelida notte invernale, il ghiaccio aggrediva i finestrini e molti di noi pensavano a quei carri bestiame senza riscaldamento che trasportavano uomini e donne in condizioni disumane verso la morte … le camere a gas, i forni crematori, i camini che fumavano lenti nel bruciare quei corpi già martoriati dallo Zyklon B, il gas letale che i nazisti facevano uscire dalle docce. Queste riflessioni ci facevano capire il grande valore della pace e della libertà, nel contempo rendendoci consapevoli delle orrende atrocità commesse dall’uomo.

Intanto la notte lasciava il posto all’alba di quel freddo gennaio. Giungemmo a Cracovia alle 12,30 del giorno 27. Arrivammo in una piazza bellissima, piena di storia e di cultura, e la meraviglia di quello splendore contrastava con il pensiero che il mattino ci saremmo trovati davanti ai tristemente famosi cancelli con l’insegna“Arbeit macht frei”. L’indomani, alle 6 del mattino, ripartimmo per Auschwitz, distante 60 km. Alla vista dell’ingresso del campo di sterminio, i nostri cuori sobbalzarono per l’emozione e il dolore e ci scesero, con i 7 gradi sotto zero, dei brividi lungo la schiena. Il racconto pacato della nostra guida e i luoghi che visitammo ci fecero versare più di una lacrima e suscitarono un indescrivibile groppo alla gola. Entrare in quelle stanze, guardare le immagini, le valigie dei deportati, le scarpe dei bambini, fu un colpo tremendo al cuore: quasi dimenticammo che dovevamo suonare la sera stessa, e guardandoci in viso, senza dire una parola, intuimmo che non sarebbe stato un semplice concerto. Io ed i miei compagni di viaggio ci sentivamo piccoli: avevamo solo un piccolo cesto di canzoni da lasciare come segno del nostro passaggio in omaggio a tutte quelle vittime innocenti.

Dopo la visita e la cerimonia di commemorazione davanti al monumento internazionale dedicato alle vittime dello sterminio nazista, con la deposizione di due corone da parte degli studenti, proseguimmo su quei sentieri e il senso di questo percorso dei nostri passi lenti confermò il nostro dovere di non perdere la memoria, per impedire che tutto questo si ripeta. Il messaggio che questi luoghi consegnano a ognuno di noi è che bisogna costruire quotidianamente una vera cultura di pace, democrazia e la libertà, e questa è una straordinaria battaglia che deve essere alimentata ogni giorno.
Questo crescendo di emozioni raggiunse il culmine con “A forza di essere vento”, il nostro concerto a cui parteciparono, pur esausti dopo il viaggio e la vista ai campi di sterminio, un migliaio di persone, soprattutto ragazzi e ragazze. Eravamo nel bel teatro di Nowa-Huta a Cracovia, con le nostre canzoni e quelle di autori come Fossati, Bertoli, De Gregori, De André, Gang. Suonammo quasi 2 ore e mezza. Il finale fu bellissimo, con tutto il pubblico in piedi, commosso, ad applaudire. Questa è un’immagine che ho racchiuso per sempre nella valigia dei nostri ricordi più belli.

Sabato 29 Gennaio, infine, nel salone gremito dell’Hotel Best Premier di Cracovia, si concluse l’edizione 2011 dell’iniziativa “In treno per la memoria”. Gli studenti di alcuni istituti superiori lombardi, più una delegazione di studenti francesi, esposero le rispettive ricerche e approfondimenti sulla politica di sterminio a opera del nazismo e sulle condizioni di vita dei deportati secondo più punti di vista: da quello psicologico a quello storico e sociale, da quello della comunicazione nei lager a quello delle diverse forme di testimonianza (racconti, poesie, disegni, musica). I ragazzi restituirono emotivamente l’esperienza della visita ai campi di sterminio e unanime fu il loro sentirsi, fin da quel momento, nel ruolo di testimoni, perché, come ha sottolineò uno di loro, “Auschwitz ci riguarda tutti”. Nelle prime ore del pomeriggio, infine, il “treno della memoria” ripartì per Milano. I nostri occhi guardarono ancora con commozione, per l’ultima volta, il nome in polacco di quella stazione, “Oswiecim”, che noi fino ad allora avevamo conosciuto solo come “Auschwitz”… non lo dimenticheremo mai! Arrivammo a Milano alle 13 di domenica 30 gennaio con la difficoltà di trovare le giuste parole per descrivere l’orrore e la bestialità rievocati dalla visita a quei luoghi. Potrei dire che i nostri passi, la nostra voce, le nostre canzoni, la nostra musica e il nostro cuore sono rimasti sui viali dei campi di Auschwitz – Birkenau. Pensavo che i nuovi giorni che avremmo incontrato non sarebbero più stati più uguali a prima, perché da quel momento, nel nostro profondo, ci sarebbe stato un urlo in più per gridare contro tutte le violenze del mondo, e avremmo cantato ancora più forte le nostre canzoni.


Le emozioni di quel viaggio sedimentarono a lungo, per poi prendere vita, come si è detto, nella realizzazione si un album che vide la luce tre anni dopo. Tre composizioni originali furono ispirate direttamente da quell’esperienza: la già citata Binario 21, Le stagioni di Anna Frank e La gente di Legnano. Il brano che dà il titolo all’album rievoca, con tocchi delicati quasi da fiaba, la vita della ragazza prima che lei e la sua famiglia fossero costretti a nascondersi in una soffitta per sfuggire alla deportazione:
Biciclette e ragazze/gonne, fiori e terrazze/nei mattini di Amsterdam
Violini e balconi/giardini e canzoni/nelle estati di Amsterdam
Nuvole e sole/lacrime e viole/sotto il cielo di Amsterdam
Corrono gli anni, le primavere/le stagioni di Anna Frank
Nella seconda metà della canzone il cielo luminoso della città olandese si oscura improvvisamente: hanno inizio le persecuzioni contro i cittadini ebrei e per la famiglia Frank è giunto il momento di tentare di sottrarsi ad un tragico destino:
Carri armati e cannoni/ guerra croci e prigioni/ nell’inverno di Amsterdam
Soldati e catene/ deportati e sirene/ sopra i treni di Amsterdam
Fucili e terrore/sangue e fragore/nei canali di Amsterdam
Ma Anna continua a scrivere, fino al giorno della cattura, ed il suo nome e la sua vicenda le sopravviveranno, a testimonianza della sua drammatica fine e di quella dei suoi compagni di sventura:
Anna è come il vento/che accarezza l’aurora
E anche se il cielo è tempesta/ Anna sorride ancora
Ambientata nello stesso periodo storico è poi La gente di Legnano, dedicata ai fratelli Venegoni, cittadini legnanesi perseguitati dal regime fascista e fortunatamente sopravvissuti all’internamento:
La gente di Legnano va veloce
nelle braccia di un destino che non sa
le fabbriche sono chiuse e senza voce
e la sirena più non canterà
E io cerco quelle strade che non so
e tu che non ci sei
e vorrei darti tutta la mia vita
ma adesso tu chissà dove sarai.
Nel cielo di Legnano canta la storia,
la sua battaglia, il vento e le stagioni
I morti di Mauthausen e la memoria,
il sangue dei fratelli Venegoni
Alcuni degli altri brani del disco fanno riferimento alla Shoah, come la già citata Auschwitz di Guccini, Se questo è un uomo di Massimo Bubola e Cercando un altro Egitto di Francesco De Gregori. Quest’ultima ha un testo visionario e onirico, che elenca una serie di vicende di violenza e di soprusi, tra le quali l’allusione ai forni crematori:
Lontano più lontano degli occhi del tramonto
mi domando come mai non ci sono bambini
e l’ufficiale uncinato che mi segue da tempo
mi indica col dito qualcosa da guardare
le grandi gelaterie di lampone che fumano lente
i bambini, i bambini sono tutti a volare
Le altre canzoni sono una sorta di viaggio attraverso i conflitti che hanno insanguinato il Novecento, dalla Seconda Guerra mondiale e la Resistenza (Sei minuti all’alba di Enzo Jannacci, La pianura dei sette fratelli dei Gang, Ciao amore ciao di Tenco nella versione originale dal testo antimilitarista) alla guerra del Vietnam (C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones), alla repressione attuata in Polonia tra l’81 e l’82 (Varsavia di Pierangelo Bertoli). Tra i brani spicca la presenza di Futuro bella sposa, scritta da Max Manfredi, Claudio Roncone e Cristiano Angelini, che ha come sottotitolo Canto della Nuova Resistenza e che, oltre a rievocare la Shoah e gli orrori di tutte le guerre, accusa la presenza di rigurgiti fascisti anche nella società attuale:
Nei campi di sterminio, nei lager d’ogni età
abbiam visto l’inferno truccato da follia
ma poi nell’alba incerta della nuova libertà
le ombre farsi lunghe sulla democrazia.
Non poteva mancare, poi, Il disertore di Boris Vian, la canzone contro la guerra per eccellenza. Ancora una volta, quindi, l’ensemble dei musicisti accosta la propria creatività a quella delle grandi firme del cantautorato nostrano, reinterpretandone i brani con passione e sincera, commossa partecipazione.
“È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze, anche se esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo.”
Questa frase di Anna Frank, tratta dal suo “Diario”, è la degna conclusione di questo excursus attraverso i brani e i dischi dedicati al Giorno della Memoria. Anche se constatare gli orrori degli accadimenti passati potrebbe far perdere speranza nel futuro dell’umanità, è importante mantenere intatta la fiducia nel domani e adoperarsi nella diffusione della cultura della pace e della giustizia sociale. Le canzoni possono essere la colonna sonora dei momenti dedicati all’impegno, ma consentono anche di guardare alla complessità del reale attraverso le lenti della bellezza, della poesia e della fantasia.
