Garbo ripropone i suoi primi due album nel nuovo tour “Scortati a Berlino”

Vorrei regnare sulle cose che cambiano. Una affermazione potente, che esprime un desiderio autenticamente umano: quello di essere padroni del proprio tempo. Un’aspirazione che può avere senso tanto a vent’anni, quando ci si sente davvero artefici del proprio percorso di vita, ancora in gran parte da tracciare, ma anche a cinquanta ed oltre, quando – di fronte alle cose che cambiano – si vorrebbe controllare la realtà, governarla, trattenere ciò che sentiamo nostro, lasciare andare quello che non serve più e trovare la propria coerente dimensione nel fluire dell’esistenza.

Ancora una volta torno alle mie riflessioni sullo scorrere del tempo, ispirata da parole e musiche che mi hanno accompagnato tanto negli ultimi anni, tanto in quelli che furono. Le canzoni, in questa occasione, sono quelle di Garbo, artista che ho sempre apprezzato, che ho ritrovato con il suo “Ultimo Tour” del 2016 e che ho rivisto volentieri l’altro giorno nello showcase tenutosi presso la RSI, con il quale l’artista milanese ha lanciato la sua prossima tournée dal programmatico titolo Scortati a Berlino.

L’intento del musicista è quello di riproporre i brani dei suoi primi due album, che hanno fatto la storia della musica italiana e che hanno cambiato, prima di ogni altra, la sua stessa vita. Forse il più emblematico fra tutti è A Berlino… va bene, il pezzo che proiettò un giovane, timido musicista con tante canzoni nel cassetto nell’Olimpo degli artisti che hanno rappresentato un punto di svolta nel panorama musicale degli anni Ottanta.

A Berlino

Tutto questo a trent’anni esatti dalla caduta del Muro, evento di portata straordinaria che però, ha detta dell’artista, ha comportato sul lungo periodo il fenomeno della globalizzazione intesa come progressiva perdita di identità culturale e mercificazione dell’arte.

Quello che contraddistingue Garbo sulla scena artistica e musicale italiana è l’essere stato un personaggio innovativo fin dagli esordi e l’aver mantenuto una propria coerenza negli anni, in nome della quale egli annunciò con il suo “Ultimo tour” di tre anni fa di voler lasciare spazio a nuovi musicisti, avendo già detto, nei suoi lavori, tutto il necessario. Tuttavia l’affetto del suo pubblico e il desiderio di dare un ulteriore contributo in un periodo di grande povertà culturale lo hanno spinto a tornare nei teatri e nei club per riproporre i brani degli esordi, tra i quali spiccano composizioni indimenticabili come Vorrei regnare, Generazione, Quanti anni hai, Futuro.

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Sul palco Garbo, come sempre, si racconta, rievocando il proprio passato, esprimendo giudizi lucidi e consapevoli sul presente con l’ironia che lo contraddistingue ma anche, semplicemente, lasciando parlare la musica. Il musicista si presenta nel suo dualismo tra Renato, l’uomo di oggi che ha ancora molto da dire ma che nel contempo ritiene di aver già dato un adeguato contributo al panorama musicale, e Garbo, l’artista di ieri, che con i suoi brani ha incarnato il fenomeno della new wave italiana. Renato ci tiene a precisare che gli anni Ottanta, in Italia, musicalmente parlando vanno dal 1978 al 1986 e che la canzone che simbolicamente li chiude è Il fiume, che egli sceglie infatti per chiudere lo show e congedarsi da un pubblico che non cessa di mostrargli il proprio affetto e la propria stima.

Garbo RSI

Sul palco dell’auditorium della RSI di Lugano il musicista ha conversato con Gian Luca Verga, abile e colto conduttore che ha saputo ancora una volta far emergere – alla RSI Garbo c’era già stato tre anni fa e anche in quella occasione ebbi il privilegio di essere presente – gli aspetti più significativi di questo artista. Compagno di avventura in questo tour sarà Eugene, compositore, polistrumentista e artista a tutto tondo, che ha saputo creare magiche atmosfere e suggestioni musicali pervasive e coinvolgenti.

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Le canzoni di Garbo risuonano moderne ed attuali ora come trent’anni fa e regnano davvero sulle cose che cambiano, sul panorama musicale attuale che si evolve non sempre per il meglio. E incarnano il nostro desidero di governare nel nostro piccolo regno, di lasciare una traccia significativa nel corso del tempo che viviamo e che eternamente ci sfugge.

Io con te lungo la ferrovia
Guardo i sassi e poi non so

E ho le mani bianche… dicevamo…

Voglio vivere di più, vorrei vivere di più

Vorrei regnare sulle cose che cambiano… i volti…

Vorrei regnare sulle cose che cambiano… che cambiano…

E tu, dolce tormento mio, lascia che ti porti a camminare

Per noi distanze eterne da coprire

Guardo avanti e poi non so

Vorrei vivere di più

Garbo RSI 2

Le foto dello showcase sono di Laureta Daufte.