Incertezze continue nella “zona grigia”
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Elvis Presley che si vaccinava contro la poliomielite in diretta TV, il 28 ottobre 1956 durante l’Ed Sullivan Show, fu una trovata mediatica che appare adesso incredibilmente attuale. Fino ad oggi nessun rocker dei nostri tempi ha fatto altrettanto e sicuramente l’analogo gesto di Joe Biden non avrà lo stesso impatto di quello del Re del rock ‘n roll.
Non è mia intenzione prendere posizione sull’argomento in sé; dico soltanto che, ancora una volta, l’incertezza dovuta all’emergenza sanitaria ci sta attanagliando a tempo indeterminato.
Quando il vaccino non esisteva ancora sembrava che dopo la sua diffusione tutto sarebbe tornato come prima della pandemia, ma adesso l’orizzonte della normalità si allontana sempre più e ci viene detto che tutto il 2021 sarà un lungo periodo di assestamento, necessario per immunizzare la maggior parte della popolazione, durante il quale però le precauzioni (e molte restrizioni, si presume) resteranno necessariamente in atto.
E intanto, superate le festività natalizie trascorse in tono minore, il 7 gennaio non ci ha visti ritornare a scuola. Un comunicato dell’altra sera ci ha fatto sapere che, qui in Lombardia, studenti e insegnanti saranno a casa fino al 24 : almeno fino al 24, direi, perché a questo punto non si può più essere sicuri di niente.
Il sistema dei colori, poi, si presta inevitabilmente all’ironia: questa settimana abbiamo trascorsi due giorni in zona rossa, due in zona gialla, domani e dopodomani saremo in zona arancione, ma da lunedì di che tonalità si tingerà il nostro futuro? Di grigio, perché nulla di attraente sembra prospettarsi dinanzi a noi, o di marrone, come qualcuno osserva con amara ironia?

Non voglio lamentarmi, non è da me. E’ tanto, di questi tempi, avere lavoro e stipendio fisso e poter lavorare da casa propria in tutta sicurezza. Ma al tempo stesso questa condizione di precarietà e di continui rinvii, di repentine decisioni contrastanti, è logorante. Mentre il semi-lockdown ci fa galleggiare in un limbo indistinto, in un’esistenza sospesa, dove vengono a mancare molti stimoli necessari, c’è chi si adagia in questa situazione, sapendo che tanti appuntamenti con il destino sono rimandati fino a nuove disposizioni.
Io stessa devo fare grandi sforzi per trovare motivazione nei gesti ripetitivi che compio ogni giorno, nei miei contatti che sono quasi tutti in remoto, e verso un mondo esterno che non mi attira più. Non mi viene voglia di uscire perché “tanto non c’è niente da fare” là fuori, e i supermercati sono i nostri orizzonti di libertà, mentre boschi e campagne hanno un po’ perso la loro attrattiva, dato che sentieri mille volte percorsi, dopo le recenti piogge, ora sono pieni di fango.

Il fango si attacca alle scarpe, così come questa sensazione di essere impantanati in una realtà poco accogliente ci attanaglia spesso e da troppo tempo. L’unico modo per evadere è attraverso la fantasia, i sogni, la nostra musica preferita, i percorsi letterari nei quale perdersi, ultimo baluardo contro il bombardamento di informazioni disturbanti e contraddittorie che ci investe ogni giorno.
Mi sento, questa mattina, in the middle of nowhere. Il Nowhere Man di John Lennon aveva il mondo ai suoi piedi. Io, invece, ai piedi ho solo un paio di ciabatte per la maggior parte della giornata. Per uscire da questa condizione mentale ci vorrà impegno, ma so che posso farcela. Per uscire da tutto il resto, invece, ci vorrà del tempo, tempo indeterminato, e l’unica via d’uscita è sforzarsi di trovare, sempre e comunque, un senso o un paradossale vantaggio nascosto in questa lunga prigionia.
