“Nothing’s gonna change my world”: riflessioni sul cambiamento

Words are flowing out
Like endless rain into a paper cup
They slither while they pass
They slip away across the universe

Pools of sorrow, waves of joy
Are drifting through my open mind
Possessing and caressing me

Un flusso incontrollato di pensieri prende lentamente forma in parole che fluiscono liberamente come acqua di un torrente o pioggia che cade incessante. L’acqua può formare pozzanghere stagnanti o può muoversi accarezzata dal vento, brillando sotto i raggi del sole e suscitando nell’osservatore scintille di speranza e di fiducia nella vita.

“Non è il cambiamento in sé ad essere doloroso, ma è la resistenza al cambiamento”. Non ricordo dove ho letto questa frase e chi ne sia l’autore (Buddha?) ma fatto sta che è da un paio di giorni che mi risuona in testa. E’ il 14 febbraio, ed è quasi un anno che la mia vita, come quella della maggior parte degli esseri umani, è cambiata. Il motivo si conosce e non c’è bisogno di dire quale sia. Se sarà possibile tornare indietro, riavere ciò che avevamo, non si sa, ma lo ritengo improbabile. Il trascorrere dei mesi ci ha visti rinchiusi nelle nostre case, lontani dagli affetti che non fossero i più stretti congiunti, privati di abitudini e consuetudini che facevano parte della nostra realtà.

Abbiamo imparato a fare a meno di tante cose; le nostre esistenze si sono assottigliate sempre più, ridotte al soddisfacimento dei bisogni primari. Fino a pochi giorni fa le quattro mura di casa, l’orizzonte del giardino, il traguardo del supermercato e, finalmente, del posto di lavoro sono stati i miei scenari abituali. “Ci si abitua a tutto”, anche alla prigionia, alla lontananza, o alla vicinanza forzata. Ma accogliere il cambiamento si può? Possiamo accettare anche i mutamenti che mai avremmo voluto fossero nostri?

Images of broken light
Which dance before me like a million eyes
They call me on and on across the universe

Thoughts meander like a restless wind
Inside a letter box
They tumble blindly as they make their way
Across the universe

Jai Guru Deva, Om
Nothing’s gonna change my world

La frase “nothing’s gonna change my world” mi è sempre sembrata una forzatura. Prima o poi, che lo vogliamo o no, dobbiamo fronteggiare il cambiamento. Esso può essere improvviso o graduale, annunciato o repentino. La strada migliore per affrontarlo è quella del minimo sforzo: se ci opponiamo con tutte le nostre forze a qualcosa che non vorremmo, rischiamo di spezzarci. Piegarsi, flettersi, seguire la corrente… tutte metafore già sentite, ma a volte l’adattamento è l’unica via d’uscita.

Da una parte la paura dell’ignoto, del futuro, ci potrebbe attanagliare, se ci concentrassimo su di essa, ma fortunatamente, nel mio caso, non sono facile preda di questo tipo di ansia. Personalmente mi spaventa di più la prospettiva di restare immobile, di dovermi misurare con i limiti della mia situazione e dei non ampi margini di libertà che ho a disposizione.

In quest’ultimo anno mi sono passate davanti agli occhi della mente innumerevoli volte le immagini della mia vita precedente a questa fase e la sensazione di stare meglio alcuni anni fa, ma anche qui, caratterialmente, non riesco a soffermarmi per più di pochi istanti sul passato e sulla nostalgia. E dunque?

Un cambiamento è necessario. Di prospettiva, più che di esistenza. So di non essere una rivoluzionaria, di non amare gli sconvolgimenti radicali, di aver compiuto (o evitato) delle scelte che mi hanno portato dove sono ora e al tempo stesso ho dovuto accettare decisioni altrui e situazioni apparentemente al di fuori del mio controllo.

Quello che posso controllare adesso sono le mie emozioni, le mie reazioni agli eventi, il mio grado di dipendenza dalle persone e dalle certezze su cui mi sono sempre appoggiata.

Nella mia mente non è ben chiara la direzione da prendere, ma sono certa che con il volto sorridente, con un atteggiamento di gratitudine e riconoscendo l’abbondanza che si manifesta intorno a me potrò sintonizzarmi sulla linea della vita a me più favorevole.

Jai Guru Deva Om.