Cristiano Godano ha presentato il suo album solista “Mi ero perso il cuore” al parco Tittoni di Desio

A volte i percorsi, da lineari, si fanno circolari. Eventi che si sono verificati in passato si ripresentano, a distanza di tempo, nel medesimo luogo, sotto un’altra forma. Così, ieri, nonostante i temporali incombenti avessero reso incerta fino all’ultimo la speranza di poterci andare, sono tornata al Parco Tittoni di Desio, una magnifica location dove avevo assistito a diversi concerti gli scorsi anni.

Qui ho riascoltato Cristiano Godano, che in questa stessa splendida cornice avevo già visto nel 2015, con i Marlene Kuntz, in occasione del tour per il ventennale del loro album di esordio, Catartica. Potrei anche citare il mio primo concerto del MK nel 1995, a Como, del quale non conservo ricordi distinti, ma ho almeno la gratificante sensazione di poter dire a me stessa che c’ero e che ho vissuto negli anni l’evoluzione di questa band in parallelo e non a ritroso.


A dire il vero, avevo assistito ad un live di Godano solista, sempre nel 2015, in una venue d’eccezione, e cioè a Livigno, in un’esibizione in solitaria all’alba, dopo aver percorso al buio e in salita (o meglio, con la luce della luna e una torcia da trekking) un sentiero tra i boschi e lungo un torrente. Un’esperienza intensa e memorabile, che resta indubbiamente tra i miei ricordi più significativi.

Ma, riportando tutto a casa, ricominciamo, dunque. Di nuovo al Tittoni, e di nuovo Cristiano Godano. Un personaggio indubbiamente geniale, affascinante, dotato di un’intelligenza inquieta e tagliente e di un talento non comune. Oltre al Godano frontman dei Marlene, non posso non apprezzarlo quando si propone da solo, o quando scrive articoli in cui esprime giudizi lucidi e spietati sulla situazione attuale del panorama musicale in Italia, per non parlare poi della sua attività di scrittore – i suoi racconti della raccolta I vivi sono spiazzanti, ironici, dissacranti e l’ultimo di essi, che dà il titolo al libro, resta a mio avviso uno degli esemplari più interessanti della narrativa italiana contemporanea.


Cristiano si presenta sul palco contornato da presenze femminili: la giovanissima e talentuosa chitarrista Roberta Finocchiaro e le coriste Alice e Valentina intessono insieme a lui le trame sonore dei brani dell’album Mi ero perso il cuore, uscito lo scorso anno. Il riferimento al cuore fin dal titolo è significativo, perché la maggior parte dei brani parlano di sentimenti intimi – per una partner, per il figlio, per il padre – di relazioni, di umanità autentica e a volte sofferta: “mi sento debole e fragile” recita il testo della canzone Dietro le parole.

Ma gli stessi titoli dei brani veicolano emozioni di ripiegamento interiore, di vulnerabilità ed il bisogno, naturale e a volte disperato, di aggrapparsi all’altro: Sei sempre qui con me, Ti voglio dire, Ho bisogno di te, Padre e figlio, Figlio e padre, Ma il cuore batte sono tutti emblematici in questo senso. E la dimensione acustica, essenziale, quasi spoglia, è perfetta per proporli.

Godano ha raccontato che, nel realizzare il disco, si è sentito a volte ispirato da alcuni grandi cantautori che sono da sempre i suoi punti di riferimento. Così, nel brano Come è possibile, ha citato alcuni versi di Bob Dylan, quasi traducendoli: “La risposta è lassù / e soffia nell’aria / Quante strade dovrà / di nuovo percorrere / un uomo?” per esprimere il suo malcontento nei confronti della società attuale, con lo stesso intento di denuncia espresso dal songwriter americano. E così Cristiano fa ascoltare al pubblico, subito dopo, una cover di Blowin’ In The Wind. Altro gigante del cantautorato internazionale è Leonard Cohen, al quale Godano e Roberta rendono omaggio con la loro versione di So Long, Marianne. Infine, l’ultimo tributo che inframmezza la setlist è un brano di Nick Cave (che, insieme a Neil Young e ai Sonic Youth, compone la triade dei musicisti preferiti da Cristiano), un duetto con PJ Harvey, Henry Lee, tratta dal celeberrimo album Murder Ballads del 1996, che viene magistralmente interpretata insieme a Roberta.

Tra i bis non mancano quattro pezzi dei Marlene: Festa Mesta, che non perde la sua potenza pur senza il supporto della band, poi il brano L’uscita di scena dall’album Senza peso del 2003, dedicato alle riflessioni sulla morte, Paolo anima salva da Ricoveri virtuali... e l’immancabile Nuotando nell’aria, toccante e commovente in qualsiasi versione e contesto venga proposta.
Un concerto che conferma tutte le mie aspettative e che mi lascia pervasa da una sensazione di bellezza: queste sono le emozioni che la grande musica veicola e che sono autentico cibo per l’anima. In questo momento della mia vita e della storia c’è sempre, più che mai, bisogno di eventi come questo per dare senso al tutto, per chiudere il cerchio delle nostre esperienze e nel contempo ripercorrere percorsi già noti con uno spirito nuovo.
È certo un brivido averti qui con me
In volo libero sugli anni andati ormai
E non è facile, dovresti credermi
Sentirti qui con me perché tu non ci sei
Mi piacerebbe sai, sentirti piangere
Anche una lacrima, per pochi attimi..
