Andrea Parodi ha presentato il nuovo CD “Zabala” nella campagna di Fecchio

Fecchio e Cascina S. Naga: l’unica via di fuga possibile, per la sottoscritta, durante la zona rossa, con le sue campagne e il suo orizzonte sul quale, in tutte le stagioni, il verde dei campi e dei terrazzamenti si unisce con il blu del cielo.

Questo luogo mi riporta alla mente anche ricordi d’infanzia: 35-40 anni fa le piscine di Fecchio non erano solo un impianto sportivo – qui frequentai il mio primo corso di nuoto – ma anche un punto di ritrovo – il primo concerto a cui ho assistito, nel 1986, fu proprio qui, dove si esibì Den Harrow… qualcuno se lo ricorda?

Dopo la chiusura del complesso, l’area delle ex-piscine divenne uno dei tanti siti abbandonati all’incuria e al degrado, e proprio ad esso Andrea Parodi dedicò il suo primo album, nel 2001. Ebbene, ieri, come innumerevoli altre volte, sono tornata a Fecchio, a pochi minuti da casa, non per una rinfrancante passeggiata in mezzo alla natura, ma per riascoltare proprio Parodi e il suo nuovo album Zabala, in una location nel cuore della campagna, vale a dire l’agriturismo La Cascina di Mattia.

Insieme al songwriter canturino, un nutrito gruppo di musicisti tra i quali spiccavano James Maddock e Brian Mitchell, in questo momento in tour in Italia, e tanti amici: Paolo Ercoli, Raffaele Kohler, Luciano Macchia, Max Malavasi, e poi ancora Alex Gariazzo, Claudia Buzzetti, Angie e il piccolo Woody Parodi.

Andare ad un concerto di Andrea Parodi è per me un po’ come stare in famiglia, una grande famiglia allargata nella quale riconosco, tra il variegato e numeroso pubblico, tanti volti noti che seguono il cantautore in tutti i concerti da lui organizzati, nelle rassegne – Storie di Cortile è ormai giunta al quinto anno ed anima le corti brianzole e lombarde con serate all’insegna della grande musica – e nei grandi eventi come il Townes Van Zandt Festival, il Light of Day, il Buscadero Day.

Se la pandemia ha portato, soprattutto lo scorso anno, alla cancellazione di qualche data o alla ricerca di soluzioni alternative per non perdere il contatto con il pubblico, come i live in streaming, questa estate, a parte qualche occasionale temporale, sta mantenendo le promesse ed è sempre bello ritrovarsi in queste occasioni, nelle piazze, nei cortili o in luoghi immersi nel verde come, appunto, Fecchio.

Il primo album di Parodi, Le piscine di Fecchio, registrato a Vancounver e prodotto da Bocephus King, rivelava l’ambizione di coniugare la tradizione cantautorale italiana (De Gregori e De André tra tutti) e quella statunitense (Woody Guthrie, Townes Van Zandt, Bob Dylan).

Allo stesso modo, questo nuovo lavoro, che ha avuto una lunga genesi, guarda alla musica d’oltreoceano, grazie anche ai prestigiosi ospiti come Scarlet Rivera, violinista di Bob Dylan, ma con le radici ben piantate in Brianza. Così Italia, America e storie di frontiera sono racchiuse in un disco in cui atmosfere di casa nostra ed echi di terre lontane convivono armoniosamente. Si parte, dunque, con Buon anno fratello, che narra lo scorrere del tempo e l’avvicendarsi delle stagioni, passando per la murder ballad I piani del Signore, che ricorda le atmosfere alla Spoon River di Non al denaro né all’amore né al cielo di De André, per arrivare a Where the Wild Horses Run, che rievoca i fantasmi di Pat Garret e Billy the Kid. E poi C’è, forse la mia preferita, una bellissima canzone d’amore – una rarità perché, per sua stessa ammissione, Andrea ne ha sempre scritte pochissime – dedicata alla moglie Elena. E, infine la bellezza e il conforto offerti dalla natura, in È solo un fiore, in cui il piccolo Woody suona il piano.  

Il Messico, il Brasile, l’Adriatico, Torino, la Brianza sono alcuni dei luoghi in cui si ambientano i vari brani, per un ideale viaggio da intraprendere con le valigie in mano o solo con la mente, immaginando una lunga strada “in the middle of nowhere” come quella raffigurata sulla copertina del disco.

L’abilità di Parodi è indubbiamente anche quella di portare piccole realtà come Figino Serenza, Pusiano, la stessa Cantù sotto i riflettori, allestendo palchi su quali, nelle diverse edizioni, sono saliti personaggi di altissimo livello: vorrei ricordare un nome fra i tantissimi, quello di Suzanne Vega, che ebbi occasione di vedere al Buscadero Day qualche anno fa.

Se percorro questo blog a ritroso, tantissimi sono gli articoli che ho dedicato ai concerti e agli eventi organizzati da Andrea, infaticabile animatore e promotore di occasioni in cui la musica scende nelle piazze, avvicina le persone – anche in epoca di distanziamento sociale – ed illumina le nostre serate.

Quello di domenica è stato, dunque, l’ennesimo appuntamento fatto di musica, di amicizia, di calore, di buon cibo – offerto dalla sapiente cucina di Mattia e Barbara – che poi è ciò di cui tutti, credo, abbiamo bisogno. Per ritrovare il senso, a volte un po’ smarrito, di queste nostre esistenze in bilico; per ritornare alle confortanti abitudini di una volta e dimenticare, almeno nel qui ed ora, la triste parentesi che ci stiamo lasciando alle spalle. Grazie, dunque, ad Andrea, ai suoi musicisti e a tutti coloro che creano, diffondono e promuovono la cultura musicale in contesti e dimensioni che uniscono, anziché separare, uomini e donne che vogliono ancora sognare.