I monzesi “Slowhand Voyagers” sono i vincitori della seconda edizione del contest “Dylaniati di tutto il mondo, unitevi” tenutosi a Oggiono

Bob Dylan, uno dei personaggi più influenti del panorama musicale mondiale, continua ad affascinare e a rappresentare un punto di riferimento per tantissimi artisti, appartenenti a diverse generazioni, nonostante il suo esordio risalga a oltre sessant’anni fa. Il premio Nobel per la letteratura attribuitogli nel 2016 non è che uno degli innumerevoli riconoscimenti da lui ottenuti: due dottorati honoris causa in musica, un premio Pulitzer e la Medaglia presidenziale per la libertà, consegnatagli da Barack Obama nel 2012, l’inserimento nella Songwriter Hall of Fame sono solo alcuni dei premi da lui ricevuti. E poi una discografia monumentale, con una quarantina di album in studio, più decine di dischi dal vivo e di raccolte. È dunque naturale, quasi inevitabile, che in ogni parte del mondo si svolgano manifestazioni a lui dedicate. Una di queste si è tenuta ieri tra il Lario e la Brianza, a Oggiono (LC): si è trattato della seconda edizione del contest “Dylaniati di tutto il mondo, unitevi”, dedicato a solisti e band che rendono omaggio al cantautore di Duluth.

L’ iniziativa è nata da un’idea di Claudio Ravasi, cittadino oggionese ed autore del libro di recensioni musicali “Disco Volante”, ed è stata accolta favorevolmente da Paolo Lanfranchi, sindaco di Dolzago, un altro comune dell’area lecchese. ”In un panorama musicale sempre più improntato ai fenomeni ‘da reality’ giudico fondamentale la riscoperta della Musica con la ‘M’ maiuscola, di brani che non durano il tempo di un’estate, ma che in un modo o nell’altro sono legati alla storia, non solo americana” ha dichiarato Lanfranchi. Il primo cittadino dolzaghese è appassionato di cantautorato americano e blues e, negli anni, è stato musicista in diverse formazioni; ha pertanto colto l’occasione, insieme a Chiara Narciso, sindaco di Oggiono, per promuovere questo evento, regalando alla popolazione l’occasione di ascoltare il repertorio di Dylan nelle interpretazioni di artisti provenienti da tutto il territorio regionale. Quest’anno erano quattro le band in concorso: Slowhand Voyagers, Quantico Five, Baby Blue Duet e Bruno & Raff. Altri concorrenti, purtroppo, non sono riusciti ad intervenire causa Covid. La giuria era presieduta dal giornalista di Rai 3 Paolo Pasi, esperto di musica e grande conoscitore della storia di Bob Dylan, oltre che cantautore. La kermesse è stata presentata da Stefano Spreafico, giornalista dell’emittente lecchese Tele Unica.

Una curiosità: in un angolo del palco faceva bella mostra di sé una chitarra acustica Epiphone RT 150 Bard, copia del modello che (narra la leggenda) Dylan suonò durante la sua “presunta” esibizione al Folkstudio di Roma il 5 gennaio 1963. Si racconta, infatti, che il giovane folksinger si trovasse nella capitale italiana sulle tracce della sua fidanzata di allora, Suze Rotolo, e che decise di entrare a bere qualcosa nel locale di via Garibaldi 58, uno dei pochi aperti all’epoca durante le serate invernali. Resosi conto che si trattava di un live club, ebbe l’idea di cantare ma, trovandosi sprovvisto dello strumento, si fece prestare una chitarra, una Epiphone, appunto. Qualcuno ipotizza che la sei corde appartenesse a Francesco De Gregori, qualcun altro a Toni Santagata, fatto sta che quella serata nel locale fu ribattezzata come la prima performance italiana di Robert Allen Zimmermann. Tornando al palcoscenico oggionese, lo strumento appartiene a Renato Franchi e gli è stato regalato dall’amico Giampiero Lecchi della Beatles tribute band “909”, lo scorso anno, in occasione della prima edizione del contest.

Ad aprire la serata, i milanesi Quantico Five, un ensemble di sei elementi, tra i quali spiccava la presenza di Osvaldo Bernasconi, già batterista del complesso “Renato e i Profeti”. Si tratta di un gruppo nato nel 2014 da un “ampliamento” del duo “Baby Blue Duet”, composto da Giovanna Mantegazza alla voce ed Emilio Gramegna alla chitarra. Il sestetto, che comprende anche Carlo Gramegna al violino, Enzo Mietta al basso ed un secondo chitarrista, Mauro Peccorari, ha eseguito Chimes of Freedom, Billy (tratta dalla colonna sonora del film Pat Garret & Billy The Kid) e un’apprezzatissima versione della celeberrima A Hard Rain’s A-Gonna Fall.  Questo brano del 1962, tratto dall’album “The Freewhelin’ Bob Dylan”, venne composto durante la crisi dei missili a Cuba e descrive visioni apocalittiche da guerra nucleare, ma contiene anche riferimenti all’Antico Testamento e alla ballata medievale Lord Randal.

Secondi in gara, i rhodensi Bruno & Raff hanno proposto tre brani in italiano: Ti voglio, traduzione di I Want You portata al successo dai Nomadi, Come il giorno (I Shall Be Released), inserita da Francesco De Gregori nel suo full-length “Amore e Furto”, ed infine Mondo politico, anche questa tradotta dal cantautore romano ed inserita nel medesimo album-tributo a Dylan pubblicato nel 2015.

A seguire, il quartetto monzese degli Slowhand Voyagers si è presentato in qualità di tribute band a Eric Clapton, che però ama cimentarsi anche con il blues e con il repertorio dello stesso Dylan. Quattro i brani da loro interpretati: Born In Time, un brano del 1989 (già outtake di “Oh Mercy”, fu inserita in “Under The Red Sky” l’anno seguente) e una strepitosa versione di Don’t Think Twice, It’s All Right , un brano del 1963; poi un classico del blues, They’re Red Hot di Robert Johnson, e una applauditissima Badge, brano dei Cream scritto da George Harrison. I virtuosismi chitarristici di Luca Maggioni hanno “contaminato” il sound dylaniano con gli assoli alla Clapton, suscitando grande entusiasmo tra il pubblico.

A chiudere il contest, i già citati Baby Blue Duet hanno interpretato tre brani, tra i quali le bellissime Shooting Star e Simple Twist Of Fate, con grande intensità e profondità, rivelando la propria dedizione di lunga data nei confronti della produzione del songwriter. Non è stato facile, pertanto, per la giuria prendere una decisione sull’assegnazione del primo premio; se quest’ultimo è stato poi assegnato agli Slowhand per l’energia esplosiva del loro set, la performance del duo milanese è stata comunque molto apprezzata per la fedeltà espressa nei confronti del “verbo” di Dylan.

Il riconoscimento è stato consegnato dal presidente della giuria Paolo Pasi, che è salito anche lui sul palco con la sua chitarra, accompagnato dalla band di Renato Franchi, special guest della serata, per una manciata di canzoni (I’m Sick Of Love, All Along the Watchtower e Redemption Song di Bob Marley).

Il cantautore legnanese, che ha condiviso con l’amico Claudio Ravasi la direzione artistica del contest, ha proposto con il suo ensemble alcuni brani del proprio repertorio, ma anche Knockin’ On Heaven’s Door e Like A Rolling Stone con la partecipazione di Paolo Lanfranchi e Stefano Spreafico alle chitarre.

Per Avventura a Durango, la traduzione italiana di Romance In Durango ad opera di Massimo Bubola e Fabrizio De André, sono saliti sul palco anche i vocalist delle band in concorso; gran finale, poi, con l’immancabile I Shall Be Released, un altro omaggio a Clapton con Wonderful Tonight ed una scatenatissima Hoochie Coochie Man, lo standard blues portato al successo da Muddy Waters, ma celebre anche nelle versioni di Dylan e Clapton.

Per un “simple twist of fate”, dunque, la kermesse dylaniana ha preso un’inaspettata piega “claptoniana” che è stata accolta calorosamente dagli spettatori. Una serata all’insegna della grande musica, del folk, del rock e del blues, dunque, che lascia auspicare che la terza edizione del contest sia altrettanto partecipata, magari con un maggior numero di concorrenti ma lasciando invariate l’energia e la passione che organizzatori e performers hanno profuso per la sua realizzazione.