A 137 anni dalla scomparsa, un ricordo della poetessa statunitense, fonte di ispirazione di opere cinematografiche e musicali

I’m Nobody! Who are you?
Are you – Nobody – too?
Then there’s a pair of us!
Don’t tell! they’d advertise – you know!

Il 15 maggio 1886, esattamente 137 anni fa, si spegneva, nella sua casa di Amherst, nel Massachusetts, Emily Dickinson. Nonostante un secolo e mezzo ci separi dalla sua parabola poetica e terrena le sue liriche, ancor oggi, risuonano di una modernità e profondità tali da giustificare l’appellativo di “più grande poetessa americana” che le è stato attribuito. Il suo stile personale e originale, le tematiche dei suoi versi – sospesi tra caducità ed eternità, umano e divino, natura e spirito -, l’alone di fascino e di mistero che da sempre circondano la sua figura la rendono un personaggio che esercita una particolare attrattiva, non solo come oggetto di studio per la sua vasta produzione letteraria, ma anche come fonte di ispirazione per artisti, cineasti e musicisti che hanno realizzato diverse opere a lei dedicate.

Emily Dickinson all’età di 20 anni, in uno dei due unici ritratti originali di certa attribuzione

La vita di Emily fu relativamente breve: ella nacque ad Amherst, cittadina situata nella regione centrale del Massachusetts, nel 1830, e lì morì, a soli 56 anni. La sua frequentazione della scuola non fu regolare, a causa di problemi di salute, per quanto fosse un’eccellente studentessa. Durante il periodo di revival religioso che ebbe luogo nel 1845 nella sua città ella riscoprì la propria sincera fede; tuttavia, qualche anno più tardi, cessò di frequentare la chiesa. Il padre la allontanò dagli studi universitari (frequentò il Mount Holyoke College per meno di un anno) pensando che la permanenza lontano dal proprio ambiente potesse danneggiare i suoi nervi, apparentemente fragili, ma questa versione dei fatti è stata messa in discussione; potrebbe essere stata lei stessa a voler rientrare per insofferenza alla mentalità e alla disciplina accademica, o per una insopprimibile nostalgia di casa.

Alcune immagini della casa-museo di Dickinson ad Amherst

Trascorse, quindi la maggior parte del tempo nella residenza della sua famiglia, spostandosi raramente, e sviluppò un forte attaccamento alla cognata Susan, alla quale indirizzò centinaia di lettere e componimenti. Nel 1855, dopo un ultimo viaggio, decise di non allontanarsi più dalla propria dimora, limitandosi a poche uscite e a qualche visita alla casa adiacente del fratello, ed iniziò ad indossare vestiti completamente bianchi. La romantica versione di una Dickinson “sposa della propria solitudine” è stata contrastata, negli anni, dalla teoria che l’abbigliamento candido fosse una misura sanitaria imposta a chi soffriva di epilessia, tuttavia anche in questo caso non vi sono certezze. Vi sono invece evidenze relative al fatto che soffrisse di un fastidioso disturbo della vista.
Emily era considerata una figura “leggendaria” nel suo vicinato per il suo stile di vita inconsueto. Riceveva occasionalmente ospiti e intratteneva una fitta corrispondenza con numerose figure, soprattutto maschili, attività che le fu di grande conforto, anche se molte missive andarono distrutte. Nel corso della sua vita fu fortemente turbata dalla prematura scomparsa di molte persone a lei care, tanto che l’idea della morte divenne per lei un pensiero quasi ossessivo, oltre che un’immagine ricorrente nei suoi componimenti, come questo:

I felt a Funeral, in my Brain,
And Mourners to and fro
Kept treading – treading – till it seemed
That Sense was breaking through

L’abito bianco di Emily conservato nella sua casa-museo di Amherst, Massachusetts

Fonte di grande consolazione era per lei il contatto con la natura, infatti trascorreva molto tempo dedicandosi a lavori di giardinaggio. Ella aveva studiato botanica al college e ci è pervenuto il suo erbario, con oltre 400 piante classificate. Sue fedele amico fu inoltre, per molti anni, l’amato cane Carlo.
La causa della sua morte, che non fu chiarita, potrebbe essere un’infezione ai reni o ipertensione. Fu seppellita con un abito bianco; qualche tempo dopo la sua dipartita vennero ritrovate in camera sua oltre 1500 poesie ed innumerevoli lettere, indirizzate ad amici e parenti. Della divulgazione, ma anche dell’occultamento, degli scritti di Emily, si occuparono la sorella Lavinia, il fratello Austin e l’amica (nonché amante di quest’ultimo) Mabel Todd, ma vi furono lunghe contese tra i tre al riguardo. L’opera completa fu pubblicata solo dopo il 1955. Da componimenti come quello sotto riportato si evince che, per quanto la scrittura fosse per Emily Elizabeth (questo il suo nome di battesimo) il canale privilegiato di comunicazione con l’esterno, ella era consapevole del fatto che il mondo non fosse in grado di capire appieno il suo messaggio:

This is my letter to the World
That never wrote to Me—
The simple News that Nature told—
With tender Majesty

Her Message is committed
To Hands I cannot see—
For love of Her—Sweet—countrymen—
Judge tenderly—of Me

È facile comprendere come queste insolite, per quanto intrise di elementi drammatici, vicende biografiche, ma soprattutto la complessità e l’originalità della produzione dell’autrice, hanno fatto sì che ella sia stata oggetto di ampi ed innumerevoli studi ed abbia ispirato il lavoro di altri artisti che ne hanno subito il fascino.
La sua poesia è molto conosciuta ed apprezzata anche da un vasto pubblico per l’essenzialità del suo stile, le complesse ed enigmatiche metafore, l’amore per la natura e la ricerca del senso della vita che da essa traspaiono.
In tempi recenti, il suo personaggio è divenuto protagonista di due lungometraggi e di una serie televisiva prodotta da Apple TV. A Quiet Passion (2016) di Terence Davies fornisce un ritratto più “tradizionale” della scrittrice, mentre in Wild Nights With Emily, del 2018, la regista Madeleine Olnek e l’attrice Molly Shannon ritraggono la poetessa sotto una luce diversa e a tratti dissacrante, incentrando il racconto cinematografico sulla relazione con l’amica e poi cognata Susan Gilbert, che divenne un’appassionata storia d’amore e che si espresse in versi come questi, scritti nel 1861:

Wild nights – Wild nights!
Were I with thee
Wild nights should be
Our luxury!

Hailee Steinfeld, attrice protagonista della serie “Dickinson” su Apple TV

La serie Dickinson, invece, in tre stagioni, descrive una giovane donna talentuosa e ambiziosa che rifiuta di accettare il sessismo e la società patriarcale del suo tempo e che si sente spesso incompresa a causa della sua “bizzarra” visione dell’esistenza. Ne viene evidenziato, inoltre, il rapporto conflittuale con il padre, che le impediva di esprimere liberamente i suoi talenti, e che trasudava in molti componimenti:

My Life had stood – a Loaded Gun –
In Corners – till a Day
The Owner passed – identified
And carried Me away –

In ambito musicale, il corpus poetico di Dickinson ha ispirato nel 2014 il concept album Emily di Barbara Eramo, realizzato a quattro mani con il compositore e polistrumentista Stefano Saletti. Le undici tracce che lo compongono, in italiano e in inglese, sono versioni musicate delle poesie, in originale o in traduzione, più un testo (Il volo del Bobolink) scritto dalla stessa Eramo, mentre le sonorità oscillano tra il post-rock e atmosfere più rarefatte ed oniriche, a voler rispecchiare i vari stati d’animo che emergono dalle liriche stesse.

Alcuni anni prima, nel 2009, le composizioni della poetessa avevano ispirato anche la songwriter americana Josephine Foster, che in Graphic as a Star si è cimentata con ben 27 componimenti, accompagnandoli con voce sola, con l’occasionale aggiunta di chitarra folk ed armonica. Affinità tra la scrittrice e la cantautrice sono presenti anche nell’ultimo, recentissimo lavoro di quest’ultima, Domestic Sphere (link alla recensione: https://www.impattosonoro.it/2023/04/07/recensioni/josephine-foster-domestic-sphere/).

Alla biografia e all’opera di Emily è dedicato anche l’omonima canzone di Renato Franchi, contenuta nel suo ultimo album Attimi di Infinito. La figura della scrittrice è qui tratteggiata in modo delicato, tra allusioni alla sua vicenda personale e citazioni di alcune delle sue poesie più celebri (Hope is a Thing with Feathers, Because I could not stop for Death, I took a Draught of Life):

Emily, vestita di bianco
Sposa della tua solitudine
La tua casa era tutto il mondo
Il giardino il tuo unico orizzonte
Scrivevi versi che nessuno leggeva
Dentro i tuoi libri navigavi tra le pagine
Ti fondevi con tutto l’universo
Diventavi la musica di un uccello in volo
Emily, tu la sentivi risuonare così dolce nel vento
E nel mare che vedevi più lontano
Senza una briciola, una briciola di te
E sentivi posarsi sul tuo cuore
Anche quando tutto intorno era tempesta
La tua speranza, una creatura con le ali
Che cantava una canzone senza parole
Emily, sulla tua carrozza
Viaggiavi insieme all’immortalità
Emily, solo un grammo di cielo
Hai gettato un ponte sull’eternità

Ad impreziosire il brano, la presenza di un ospite illustre, Vincenzo Zitello, musicista noto a livello internazionale, che con l’inconfondibile timbro della sua arpa celtica ha contribuito a rendere magico e sognante questo pezzo. Significativa è anche la copertina del singolo, che ritrae la danzatrice Elena Lago in uno scatto del fotografo Davide Morello. L’eterea e flessuosa figura femminile, avvolta in un candido abito ed immersa in un paesaggio al tramonto, vuole evocare il rapporto privilegiato che Dickinson aveva con gli elementi naturali, spesso protagonisti o suoi interlocutori nelle sue liriche.

A concludere questo excursus dedicato alla poetessa, segnaliamo che l’ultimo numero (l’88/89) della rivista “Aperiodico ad Apparizione Aleatoria” delle Edizioni del Foglio Clandestino reca in copertina un suo ritratto, realizzato da Simona Fiori, e contiene le traduzioni inedite di sette suoi componimenti ad opera di Mariagrazia Pelaia. Qui di seguito, la versione italiana del n. 677, dedicata alla vita vista come “potere”, insieme di possibilità infinite, che però non sono nulla se non sono accompagnate dalla volontà; e se tanto grande è l’esistenza umana, quanto immensa sarà quella del Creatore?

Essere vivi – è Potere
In sé – l’esistenza
senza ulteriore funzione –
Onnipotenza – Abbastanza

Essere vivi – e volitivi!
Come un Dio valenti
Il Fattore – di Noi – che sarà stato?
se questo è il Finito?

La figura e le opere della poetessa “vestita di bianco” continuano, dunque, a suscitare interesse e ad esercitare fascino su un grandissimo numero di estimatori. La sua capacità di descrivere sentimenti universali tramite immagini e simboli estremamente densi e profondi è forse la sua qualità più apprezzata e peculiare. Nemmeno la sua volontaria reclusione, infatti, riuscì a frenare lo spirito indomito di Emily, e versi come questi, scritti nel 1863, sono la perfetta rappresentazione di questa condizione, nella quale molti potranno riconoscersi:

No Prisoner be –
Where Liberty – Himself –
abide with Thee –                      

Mai Prigioniero sarai –
Ove la Libertà –
Abiti – in Te

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