Alla vicenda dei due anarchici italiani è dedicato l’ultimo libro di Paolo Pasi, Sacco e Vanzetti – La salvezza è altrove

Here’s to you, Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph

Nel 1971 Joan Baez compose questi versi, su una musica di Ennio Morricone, dando vita a una canzone per la colonna sonora del film Sacco e Vanzetti, insieme ad un altro brano, La ballata di Sacco e Vanzetti, ispirato alle lettere scritte dai due durante la prigionia.
La storia dei due anarchici arrestati nel 1921 ed uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 con false accuse di rapina e omicidio, solo perché esponenti di un movimento radicale, oltre che immigrati e per di più italiani, è stata immortalata nella trasposizione cinematografica di Giuliano Montaldo con l’iconico volto baffuto di Gian Maria Volonté nel ruolo di Bartolomeo “Bart” Vanzetti e l’intensa interpretazione di Riccardo Cucciolla nei panni di Nicola “Nick” Sacco. Ma la vicenda ha ispirato negli anni numerose opere saggistiche, letterarie e musicali e recentemente Paolo Pasi, giornalista, scrittore e cantautore, ha dedicato ad essa un volume, dal significativo sottotitolo La salvezza è altrove, edito da elèuthera, casa editrice che si occupa prevalentemente di argomenti libertari, per la quale l’autore milanese aveva già pubblicato un libro su Giuseppe Pinelli.

In una presentazione tenutasi qualche settimana fa a Gerenzano (VA), Pasi ha evidenziato che il taglio del suo lavoro è volutamente narrativo e nasce da un lungo lavoro di ricerca e di lettura di tutte le testimonianze esistenti sulla storia dei due anarchici, tra le quali le lettere dello stesso Bartolomeo, il cui punto di vista emerge maggiormente. L’autore ha dato molto spazio alle vicende pregresse antecedenti all’ incontro tra Vanzetti e Sacco e ha sovrapposto vari piani narrativi: quello della vita privata e familiare dei protagonisti, la loro militanza anarchica e lo sfondo storico.

Paolo Pasi con Ezia Moroni durante la presentazione del libro a Geranzano (VA) il 17 febbraio 2024

Bartolomeo era partito da Villafalletto, un piccolo borgo in provincia di Cuneo, con una valigia piena di speranze e di ricordi alla volta degli Stati Uniti, non spinto da pressanti necessità economiche come altri migranti, bensì alla ricerca di nuove opportunità di vita. Aveva lasciato la scuola a 13 anni, nonostante fosse uno studente promettente, e in seguito alla prematura scomparsa della madre si era allontanato dalla famiglia appena ventenne, nel 1908, per cercare nel Nuovo Mondo una forma di riscatto. Si ritrovò in un Paese dilaniato dai contrasti sociali e il suo pensiero anarchico, come quello di Sacco, maturò proprio in terra americana, di fronte alle palesi ingiustizie e difficoltà che affliggevano la classe lavoratrice e soprattutto gli immigrati. Fu insofferente alla disciplina del lavoro in fabbrica e appena gli fu possibile scelse un’attività autonoma, quella di pescivendolo. La corposa corrispondenza lasciata da Vanzetti è particolarmente significativa perché ne evidenzia soprattutto il lato più intimo, che lo qualificava come persona generosa e sensibile, e l’animo poetico, che egli espresse nella stesura di liriche molto suggestive come questa, intitolata L’usignolo:

Quando nel corso d’infiniti mutamenti cosmici,
Alla fine dell’inverno, scuro e triste,
Di lontano, benevola,
coronata di rose,
Vediamo apparire la dolce attesa primavera;
Quando, con mani lievi riscalda divina, trasforma
In piccoli ruscelli vivi le nevi alpine,
Libera le sorgenti ed i torrenti dalle loro
catene ghiacciate,
E sui campi, ravviva ogni fiore che nasce;
Risveglia ovunque migliaia di dormienti voci,
Rasserena fronti annuvolate, e nel cuore ardente dell’uomo,
Ravviva il coraggio e la fiducia, nuove speranze
ispirando –
Allora, anche tu ritorni, delicato cantante.
Radiosa di luce, la primavera ci viene incontro
Tra armonie stellate nell’alto del cielo;
Poiché tu l’hai desiderata tanto a lungo
e seguita,
Fedele tra le ombre della notte.
Così hai ritrovato i vecchi luoghi cari,
La sorgente, la siepe, i verdi boschi silenziosi,
Il cespuglio di rose da cui hai cantato
l’estate passata,
E costruito il tuo nido dietro al loro sipario d’ombra.
Così – nel mio giardino – nello splendore luminoso del mattino,
Io ti ho vista, un aprile –
di tanto tempo fa.

Sacco aveva un temperamento diverso: era infatti un operaio specializzato che in America mise su famiglia e cercò di integrarsi nella società, a differenza quindi di Vanzetti che aveva scelto uno stile di vita più libero, risultando quindi una figura più “romantica” rispetto a Nicola, più pragmatico, rigoroso e militante.

Bartolomeo “Bart” Vanzetti

La scena di apertura del libro di Pasi, con la sedia vuota in attesa dell’esecuzione nel penitenziario di Charlestown a Boston, Massachusetts, è atemporale, come lo stesso autore ha voluto puntualizzare. Ancora oggi, in tutto il mondo, ci sono infatti detenuti in attesa di essere condannati a morte, e tuttora come nel 1927 ci sono folle che manifestano contro ingiustizie come quella dell’esecuzione dei due anarchici. Fu sorprendente, in effetti, la mole di proteste che si sollevò in tutto il mondo all’epoca, negli USA come in Sudamerica, in varie parti d’Europa e in Australia, tanto da lasciar sperare in una revisione del processo che però non avvenne. La memoria dei due venne infatti riabilitata, con la proclamazione della loro innocenza, solo cinquant’anni dopo, nel 1977, dal governatore del Massachusetts Michal Dukakis.
Come ha ribadito l’autore, molti aspetti della vicenda dei due italiani sono ancora di grande attualità: le condizioni di sfruttamento in cui molti lavoratori precari, soprattutto immigrati, si trovano oggi non sono dissimili da quelle di un secolo fa, quando essi negli USA non avevano una rappresentanza sindacale. E di casi di detenzioni ingiuste per motivi ideologici e pretestuosi la cronaca è spesso piena. Per Pasi, dunque, scrivere questo libro, come altri che ha firmato in precedenza, ha rappresentato un’opportunità non solo per rievocare fatti storici, ma soprattutto per sottolineare l’universalità di tematiche come il potere, l’oppressione e lo sfruttamento da una parte e l’anelito alla libertà e alla giustizia sociale dall’altra.

Sullo sfondo della vicenda dei due italiani c’è la morte di un altro anarchico, Andrea Salsedo, “precipitato” da una finestra del Bureau of Investigation a Manhattan due giorni prima dell’arresto di “Nick” e “Bart”: un episodio che inevitabilmente richiama il “volo” di Giuseppe Pinelli e che Dario Fo inserì nella sua pièce Morte accidentale di un anarchico.
Il periodo della reclusione, che ebbe luogo in due carceri diversi, fu differente per i due compagni: Sacco soffrì profondamente e fu anche ricoverato in una struttura psichiatrica, mentre Vanzetti ebbe la possibilità di leggere, studiare ed intrattenere, come si è detto, rapporti epistolari con parenti, amici ed intellettuali del tempo, tra i quali John Dos Passos e di Upton Sinclair, che gli fecero anche visita. E proprio la lettura e la scrittura durante la prigionia (Bart scrisse persino un romanzo intitolato Eventi e vittime) gli consentirono di sviluppare la propria resistenza interiore. Molto stretto fu il rapporto di “Bart” con la sorella Luigina, con la quale scambiò una fitta corrispondenza e che riuscì a raggiungerlo dopo un lungo viaggio poco prima dell’esecuzione.
Particolarmente toccanti sono poi le ultime lettere scritte dai due nei loro ultimi attimi di vita, tra le quali quella di Sacco al figlio Dante del 18 agosto 1927, in cui lo invita a raccogliere la sua eredità ideologica, a stare vicino alla madre e a cercare consolazione nella bellezza della natura:

Mio caro figlio e compagno, sii forte per poter consolare tua madre, e quando vorrai farle dimenticare la scoraggiante solitudine voglio dirti quel che facevo io. Portala a fare una lunga passeggiata in campagna, cogliete qua e là dei fiori selvatici, riposatevi all’ombra degli alberi. Sono certo che lei ne godrà e anche tu sarai felice. Ma ricordati sempre, Dante, nel gioco della felicità, non prendere tutto per te, ma scendi un gradino e aiuta i deboli che chiedono soccorso, aiuta i perseguitati e le vittime perché sono i tuoi migliori amici… In questa lotta della vita troverai molto amore e sarai amato.

Nicola Sacco con il figlio Dante e la moglie Rosina

È importante sottolineare che Sacco e Vanzetti erano stati arrestati, come è noto, non per motivi politici, bensì con accuse false e pretestuose, così come false e pretestuose furono gran parte delle prove e delle testimonianze presentate nel corso del processo, come se il verdetto di colpevolezza fosse già stato formulato a prescindere nei confronti di due immigrati italiani, due dagos, due stranieri, oltre che due soggetti impegnati nella causa libertaria. E questo venne ribadito da Vanzetti nel discorso da lui pronunciato il 9 aprile 1927, prima dell’emissione definitiva della sentenza:

Ho già detto che non soltanto non sono colpevole di questi due delitti, ma non ho mai commesso un delitto in vita mia, non ho mai rubato, non ho mai ucciso, non ho mai versato una goccia di sangue, e ho lottato contro il delitto, ho lottato sacrificando anche me stesso per eliminare i delitti che la legge e la chiesa ammettono e santificano… Non augurerei a un cane o a un serpente, alla più miserevole e sfortunata creatura della terra, ciò che ho avuto a soffrire per colpe che non ho commesso. Ma la mia convinzione è un’altra: che ho sofferto per colpe che ho effettivamente commesso. Sto soffrendo perché sono un radicale, e in effetti io sono un radicale; ho sofferto perché sono un italiano, e in effetti io sono un italiano; ho sofferto di più per la mia famiglia e per i miei cari che per me stesso; ma sono tanto convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e per due volte io potessi rinascere, vivrei di nuovo per fare esattamente ciò che ho fatto finora.

La notizia dell’esecuzione fece rapidamente il giro del mondo e in molte città – Ginevra, Odessa, Parigi, Londra, San Francisco, Sydney – ci furono disordini e proteste antiamericane. Anche il regime fascista, che aveva assistito indifferente alle vicende processuali per l’identità politica dei condannati, commissionò sui quotidiani roboanti titoli per “l’italianità offesa”. Cinque giorni dopo, il 28 agosto, si tennero i funerali dei due anarchici, dei quali vennero vietate le riprese. Centinaia di migliaia di persone, tra duecentomila e cinquecentomila, parteciparono al corteo funebre, mentre le poche pellicole di cineoperatori indipendenti vennero sequestrate e distrutte per contenere l’eco mediatico, che tuttavia fu enorme. E, come spesso accade, fu soprattutto l’arte a consegnare alle successive generazioni la memoria di Sacco e Vanzetti, nei romanzi di Dos Passos, Sinclair e Howard Fast, nella poesia, nel teatro, nelle arti figurative. Nel 1960 venne poi pubblicato Ballads of Sacco and Vanzetti, un concept album contenente undici brani composti da Woody Guthrie tra il 1946 e il 1947. La rappresentazione forse più memorabile della vicenda, però, è quella del film di Giuliano Montaldo del 1971, grazie allo straordinario talento degli interpreti e alla colonna sonora. Here’s To You è divenuta un autentico inno che ha contribuito a tramandare il ricordo di due figure, simbolo di tanti umiliati e offesi e vittime del potere, che rimarranno “per sempre nei nostri cuori”.

La narrazione di Pasi si chiude con l’immagine della tomba di Vanzetti nel cimitero di Villafalletto: la foto ritrae un uomo ancora giovane, dall’aria sobria, dai folti baffi neri. Sacco e Vanzetti è un libro appassionante come un romanzo e attento ai dettagli come un saggio, nato da un accurato ma soprattutto amorevole lavoro di ricerca e documentazione ed impreziosito dalle suggestive illustrazioni di Fabio Santin. E’ un volume che, insieme a tante altre opere sull’argomento, rende giustizia a due personaggi divenuti simboli della lotta per la libertà e la giustizia e ci invita a riflettere sulle tante contraddizioni e disparità che caratterizzano, ancora oggi, la società umana.

Vanzetti e Sacco ritratti dal pittore Ben Shahn nel ciclo “La passione di Sacco e Vanzetti” (1932)