“Una faccia dall’Antica Galleria” di Glauco Cartocci: un thriller psicologico a tempo di rock

The killer awoke before dawn

He put his boots on

He took a face from the ancient gallery

And walked down the hall

The End è uno dei brani più complessi e densi di significato dei Doors. Il testo scritto da Jim Morrison si riferisce presumibilmente alla morte che attende ciascun individuo; i versi poi si addentrano in una “foresta di simboli” (il serpente, il lago, l’autobus azzurro) per giungere, nella seconda parte, alla celebre strofa “edipica”. Il personaggio riveste la maschera dell’assassino, scegliendola da un’antica galleria, per andare incontro al proprio destino. E di morte, di mistero, dell’impersonare qualcuno per compiere una missione al tempo stesso violenta e liberatoria si parla anche nel romanzo di Glauco Cartocci intitolato proprio “Una faccia dell’antica galleria”, pubblicato nel 2018 da Amazon KDP.  

Quattro le storie, quattro le voci narranti che si intersecano. Siamo nel 2005 e una band decide di far rivivere i Doors non soltanto eseguendone i brani, ma anche portando avanti l’evoluzione del gruppo interrottasi dopo il 3 luglio 1971, data della morte di Morrison, avvenuta in circostanze non del tutto chiare. L’obiettivo dei Moonlight Driven, questo il nome della formazione, è quello di ricreare l’alchimia della band di Los Angeles reniterpretandone i successi ma anche scrivendo dei brani nuovi e, soprattutto, tramite un frontman che sia in grado di incarnare pienamente la carismatica figura del “Re Lucertola”.

La seconda storia è quella di Mylo Jester, colui che, da schivo giornalista, diverrà il nuovo Jim Morrison e si conformerà sempre più al modello della rockstar fino a farne propri gli eccessi e le stranezze, pur non facendo uso di alcool e stupefacenti. La terza vicenda, apparentemente secondaria ma in realtà fondamentale per lo scioglimento dell’intricato finale, è quella di Amélie, innamorata di Jim durante il soggiorno parigino di quest’ultimo e depositaria degli ultimi segreti che lo riguardano. L’ultima storia, la più inquietante, è quella del detenuto soprannominato “Instant Karma” dai compagni di prigionia, che nel corso della narrazione scopriamo essere Mark David Chapman, l’assassino di John Lennon.

Nel susseguirsi dei capitoli si alternano i narratori e i punti di vista: quello di Alan, detto “El Rayo”, tastierista e fondatore dei Moonlight Driven, distaccato e razionale testimone degli eventi; quella di Mylo, l’emulo di Jim, che nel corso della storia subisce una vera e propria metamorfosi per poi comprendere di essere stato prescelto per compiere una missione; quello della ex fidanzata di Morrison, che non ha mai superato lo sconvolgimento causato dalla sua scomparsa e, infine, quella di MarkKarm, il personaggio più complesso, che raccontandosi si immerge con relativa lucidità nei meandri della propria psiche nel tentativo di dare significato al proprio insano gesto, alla sua vita passata e alle proprie prospettive future.  L’autoanalisi dell’assassino è una vera e propria discesa negli inferi dei suoi meccanismi mentali e nel contempo rappresenta un tentativo da parte di Mark, recluso da 25 anni e ormai prossimo alla scarcerazione (almeno nella finzione letteraria) di fare i conti con il delitto che, come una “karma istantaneo”, gli ha cambiato la vita per sempre:

Instant karma’s gonna get you
Gonna knock you right on the head
You better get yourself together
Pretty soon you’re gonna be dead

Ma come può l’esistenza del killer di John Lennon, rinchiuso nel carcere di Attica, intersecarsi con quella del replicante di Jim Morrison? E, soprattutto, a che scopo? Questo è il mistero nel quale i lettori del romanzo di Cartocci dovranno addentrarsi. L’autore dimostra grandi capacità di introspezione psicologica, ancor più che in altri romanzi, riuscendo a descrivere la psiche di due persone disturbate in modo eccellente. Essendo poi “a tempo di rock” la collocazione della vicenda, l’autore, grande fan dei Beatles e dei Doors, ha modo di trattare tematiche a lui familiari. Oltre che grandissimo esperto dei Fab Four, ai quali ha dedicato due saggi, l’autore romano è infatti anche profondo conoscitore del quartetto losangelino ed ha scritto alcuni testi “à la Doors” per questo romanzo, ma in passato si è anche cimentato con divertissements per pochi intimi – la traduzione in romanesco di alcuni brani di Morrison ed uno spassosissimo racconto che lo vede protagonista, scritto nel medesimo idioma.

Molti altri romanzi di Cartocci rivelano il suo talento per la suspense, l’intrigo e l’indagine, e contengono riferimenti al mondo della musica e al ruolo delle rockstar nella società, ma questo è l’unico, al momento, totalmente ambientato in ambito rock. Fatta eccezione, naturalmente, per il romanzo-saggio “Pensa che mio zio una sera ha suonato con Jimi Hendrix!”, uscito lo scorso anno, che narra la storia di un gruppo di amici che decidono di esplorare le possibilità offerte dai social media e dalle nuove tecnologie per trovare lavoro nell’ambiente musicale. Qui l’insolita vicenda offre lo spunto all’autore per stigmatizzare vizi e assurdità del Web, quindi l’attualità si mescola alla fiction in un’opera sui generis.

Jim Morrison e John Lennon sono due grandissimi miti, due personaggi molto diversi che, con la loro musica immortale e con la loro carismatica figura, hanno avuto un impatto su intere generazioni. La fantasia dell’autore ha voluto connettere queste due icone in modo inedito, ma ovviamente non posso svelarvi quale sia il senso di questa connessione, al di là della data – l’8 dicembre, data di nascita del primo e di morte del secondo – che stabilisce un legame tra i due. Non vi resta, dunque, che incamminarvi per l’antica galleria del rock e seguire il misterioso e affascinante percorso creato da Glauco Cartocci.