La scacchiera bianca di Yoko Ono e le pedine nelle “Sinestesie Distorte” di Shifter

Il gioco degli scacchi è fortemente connotato da significati simbolici ed esoterici. Il suo nome deriva dal persiano e significa “re” o “ordine cosmico”; esso ebbe origine in India e venne conosciuto in Europa grazie alla mediazione dei Persiani e degli Arabi. Alla sua nascita, tale gioco era legato al tentativo di spiegare i principi fondamentali della vita e dell’universo, o ad un percorso iniziatico volto a superare i limiti del proprio ego.
Lo scontro tra Bianco e Nero simboleggia la lotta del Bene contro il Male, dello spirito contro la materia, ed anche il necessario sviluppo dell’individuo che deve saper fronteggiare situazioni positive e negative, elaborando le opportune strategie. L’incrocio di 8 linee orizzontali ed 8 verticali permettere di ottenere il numero 64, che conduce al 10 (6+4), che nei Tarocchi indica la Ruota della Fortuna. Di fronte al volgere degli eventi, il giocatore compie una mossa e il suo avversario reagisce per difendersi, in un alternarsi di azioni vincenti e sconfitte.
Una partita di scacchi può pertanto diventare metafora di una battaglia, di una guerra, di uno scontro in cui uno solo è il vincitore. La scacchiera può anche essere considerata simbolo della società e della politica, con i suoi pezzi che simboleggiano i regnanti, il clero (l’alfiere in inglese è bishop, vescovo), l’esercito (il cavallo in inglese è knight, cavaliere) e il popolo (i pedoni); l’ordine rappresentato da essi è fisso e immutabile, stabilito da precise regole di comportamento.

I regimi dittatoriali, ed in particolare l’Unione Sovietica, hanno promosso il culto di questo gioco, che contiene il rapporto dialettico tra due colori, tra il bene e il male, e l’importanza della pianificazione e della strategia. Il giocatore, con la propria abilità, può controllare gli eventi e costruire la Storia, ma al tempo stesso il Potere può manipolare gli individui come fossero pedine. E la guerra fredda non è stata forse una scacchiera in cui due superpotenze hanno giocato le proprie mosse per il controllo del pianeta?
Ma se una scacchiera ed i suoi pezzi fossero completamente bianchi, che cosa succederebbe? Lo scontro tra gli opposti sembrerebbe perdere parzialmente il proprio senso, perché ad un certo punto del gioco i pezzi dei due avversari finirebbero inevitabilmente per confondersi. Cosa fare, dunque? Abbandonare la partita o inventare nuove regole? Questa è la “provocazione” di Yoko Ono insita nella sua opera White Chess Set, esposta per la prima volta alla Indica Gallery di Londra nel novembre 1966, e in seguito allestita in vari luoghi di tutto il mondo.

Tra gli allestimenti più celebri c’è quello al MoMA di New York nel 2015, nell’ambito della mostra One Woman Show, in cui la scacchiera venne esposta insieme ad una selezione di lavori del decennio 1960-71. Fu quello un periodo fondamentale nella vita dell’artista, in cui ella realizzò alcune memorabili performances ed installazioni: il Cut Piece del 1964, diversi film d’avanguardia, la mostra personale alla Indica Gallery nel 1966, le registrazioni, il bed-in e le campagne per la pace con John Lennon nel 1968-70. La partita a scacchi con protagonisti John&Yoko compare anche nel film Imagine del 1972. Un sottile erotismo pervade tutta la scena, che ha per sottofondo la canzone di Yoko “Don’t Count the Waves”, che contribuisce ad accrescere la tensione. Essa ha un finale surreale, in cui Ono nasconde i pezzi nella propria scollatura, mentre Lennon prima li rovescia con fare dispettoso e poi se li mangia.
Nella sua forma originaria, il White Chess Set consiste in una scacchiera tutta bianca con pezzi altrettanto bianchi, posti su entrambi i lati. Di conseguenza, i giocatori devono fare attenzione a ricordare dove posizionano i loro pezzi, ma diventa sempre più difficile differenziare i lati man mano che le pedine si avvicinano. Alla fine, i giocatori perdono traccia dei propri elementi e di quelli che appartengono al loro avversario. Non resta loro che interrompere la partita o decidere insieme come proseguire il gioco.
Questo processo decisionale crea opportunità di conversazione, collaborazione e creatività nello sviluppo di una nuova strategia. Proprio questo processo di negoziazione tra i due partecipanti, ora non più rivali, esprime la posizione antimilitarista e pacifista di Ono, ideologia che permea gran parte della sua opera. La modifica dell’artista al gioco degli scacchi, tradizionalmente considerato un gioco di “guerra”, ne altera fondamentalmente gli obiettivi; invece di lavorare l’uno contro l’altro come in battaglia, i giocatori devono cooperare per costruire alleanza e pace.

In ambito artistico gli scacchi sono stati rappresentati in innumerevoli opere pittoriche, letterarie e cinematografiche. Il primo dipinto che raffigura una partita risale al 1143 e si trova nella Cappella Palatina del Palazzo dei Normanni a Palermo, commissionata da Ruggero II d’Altavilla. Celebri partite sono quelle presenti nella Tempesta di Shakespeare (1611), tra Miranda, figlia del protagonista Prospero, e il suo promesso sposto Ferdinando, o quella tra il cavaliere e la morte nel Settimo sigillo (1957) di Ingmar Bergman. Vorrei però accostare l’opera di Yoko Ono non a questi celebri precedenti, bensì al quadro di un’artista contemporanea, in cui i pezzi degli scacchi si inseriscono all’interno di un discorso simbolico complesso e recondito.
Shifter, alias Sara Pellucchi, ha utilizzato i pezzi degli scacchi in un suo quadro della serie “Nebulose e Sinestesie distorte”. La serie completa è visualizzabile qui:
Questi dipinti si caratterizzano per il fondo nero ed una forma circolare, la nebulosa, che si presenta in differenti colori in ciascun quadro: giallo, rosso, blu, verde, viola. La tonalità viola è quella che troviamo nell’opera dedicata agli scacchi, che in realtà rappresenta solo due pezzi: un pedone ed un re, di colore grigio. Grigi sono tutti gli elementi raffigurati nelle altre opere della serie, animati e inanimati, come uccelli, lumache, cavalli, palloncini. Questi stessi oggetti, poi, hanno un profilo, una sorta di ombra, dello stesso colore della nebulosa circolare, la quale a sua volta non ha una forma del tutto definita, ma appare come realizzata con pennellate rapide, che hanno lasciato il colore scorrere in rivoli verso il basso.
Il colore grigio, come spiega la stessa Shifter, rappresenta un atteggiamento di distacco, una volontà di autoprotezione. È simbolo di neutralità, ma anche di prudente attesa di fronte alle scelte: questo vale per tutti gli oggetti della serie, ma in particolar modo per gli scacchi, perché ogni mossa del gioco deve essere attentamente meditata. La scelta del colore della nebulosa è legata ad un’associazione soggettiva e sinestetica da parte dell’artista; le nebulose in realtà svaniscono, perché la loro tonalità non è esattamente quella dell’idea originaria che nella mente della pittrice ha generato ogni oggetto caratterizzato da una tinta; i colori vivaci colano dagli oggetti e, idealmente, scompaiono. Pertanto le sinestesie vengono definite, appunto, “distorte”.
Nella serie di quadri di Shifter i diversi elementi hanno un preciso significato: i palloncini ed il cavallo da giostra rimandano al gioco ed all’infanzia, piccoli animali ed insetti come lumache e formiche al regno della natura, mentre gli scacchi non sono presenti in qualità di gioco di strategia, ma piuttosto di correlativo oggettivo arcano, di allusione all’ordine universale – il pedone, il pezzo più “basso”, e il Re rappresentano le due estremità della gerarchia cosmica. I pedoni sono in realtà i naturali difensori del Re, mentre quest’ultimo è il pezzo più importante, ma non il più potente, perché si muove solo di una casella alla volta. Se l’avversario lo intrappola, la partita è persa, poiché la cattura del re significa la capitolazione dell’esercito. E lo scacco matto (dal persiano shāh māt, “il re è morto “), rappresenta, a livello esoterico, il definitivo allontanamento dell’individuo dal proprio spirito.
Negli scacchi, dunque, il susseguirsi di mosse e contromosse non significa necessariamente rivalità e antagonismo, ma si può inserire in una sorta di disegno superiore legato all’armonia dell’Universo, in cui il confronto tra principi opposti non rappresenta sconfitta e vittoria, ma solo evoluzione. La scacchiera simboleggia pertanto tutte le possibilità cosmiche contenute nello spirito universale e divino ed è naturale che questo complesso gioco abbia affascinato ed ispirato innumerevoli artisti antichi e contemporanei.

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