Violenza di genere e ricostruzione del Sé nell’arte di Roberta Stifano

L’amore di coppia è uno dei sentimenti più straordinari che un essere umano possa provare. Tramite la loro unione due persone possono trovare il proprio completamento reciproco, come nel mito dell’androgino descritto nel Simposio di Platone, in cui si narra che due parti di un essere, in origine unico e perfetto, dopo essere state separate cercano la propria metà perduta e non si danno pace finché non si ricongiungono ad essa. Trovare l’anima gemella, la persona ideale con cui condividere la propria vita e dalla quale sentirsi sempre accettati, compresi e supportati, è un desiderio insito nella maggior parte degli individui.

Abbraccio di cuori

Letteratura, poesia, canzoni hanno nei secoli narrato e descritto innumerevoli volte questo sentimento e tutto ciò che è legato alla sua ricerca, costruzione e fine. La nascita di un amore si accompagna spesso ad un desiderio di eternità: si vorrebbe infatti che la magia dell’innamoramento non avesse mai termine. E quando si ama intensamente qualcuno ci si sente più attraenti, più seducenti, gli occhi si fanno più brillanti, i passi più leggeri, si guarda tutto sotto una luce nuova e ogni momento accanto alla persona amata appare speciale e memorabile.
Spesso questo anelito di perfezione si scontra, purtroppo, con la realtà dei fatti: non è facile incontrare il proprio partner ideale o, dopo qualche tempo, il compagno o la compagna dei nostri sogni si rivela una creatura inadeguata e deludente. Oppure, per svariate ragioni, la relazione si spegne, consumata dal tempo, o volge al termine in modo doloroso e drammatico. Quando una storia sentimentale si infrange contro  vari ostacoli e crolla, i suoi frammenti possono ferire l’anima profondamente, lasciando cicatrici che si rimarginano lentamente e a volte tracciano segni indelebili.

Talvolta, inoltre, quello che sembrava l’amore perfetto si può trasformare in un rapporto disfunzionale e malato, caratterizzato da dipendenza emotiva, violenza fisica, meccanismi contorti e perversi. Ciò può accadere quando si incontra un narcisista manipolatore, cioè una persona che riduce all’assoggettamento e all’annientamento psicologico il partner. Questi soggetti, in prevalenza uomini, si presentano all’inizio come figure ideali che ricoprono la compagna di attenzioni, ne conquistano la fiducia e consolidano il rapporto con lei, per poi mostrare la loro vera personalità, caratterizzata da egoismo e dispotismo. La partner viene gradualmente sminuita ed umiliata e giunge al punto di azzerare la propria autostima, entrando in un circolo vizioso perché, nonostante i torti subiti, non riesce a separarsi dal proprio carnefice.

La resa

Conseguenza di simili relazioni sono casi di violenza domestica, depressione e suicidio, ma anche di femminicidio. Secondo le statistiche, in Italia ogni anno circa cento donne muoiono per mano di compagni, ex partner o di figure legate all’ambito familiare. È un argomento di triste attualità che ha toccato più volte anche la sensibilità degli artisti, soprattutto di sesso femminile, che spesso hanno voluto esprimere e denunciare la sofferenza propria o di altre donne. E l’arte stessa può divenire un percorso terapeutico, attraverso il quale prendere coscienza del proprio vissuto e di tutte le fasi della propria storia, per ricostruire la propria personalità devastata e rinascere a nuova vita.

Lato B

L’arte di Roberta Stifano rappresenta pienamente tutto quanto descritto finora. L’artista, dopo un matrimonio caratterizzato da violenza domestica terminato con la separazione nel 2003, ha incontrato dopo alcuni anni un uomo con il quale ha intessuto una relazione che all’inizio sembrava ottimale ed appagante. In realtà il suo nuovo compagno era affetto da disturbo narcisistico della personalità, pertanto questa donna ha vissuto sulla propria pelle l’incubo della manipolazione, della denigrazione, dell’annientamento psicologico. Dopo un percorso di psicoterapia Roberta, che da anni aveva trovato nella pittura un canale espressivo privilegiato, ha deciso con grande coraggio di dar voce ai propri fantasmi e di narrare per immagini la propria storia. Da questa esigenza esistenziale ella è letteralmente rinata e la sua mostra Dal Tunnel ripercorre le tappe della sua esperienza. La mostra illustra in ordine cronologico le fasi di un rapporto con un narcisista patologico, dall’innamoramento alla liberazione.

Considerazioni

I primi dipinti incarnano sensualità, consapevolezza della bellezza del proprio corpo e totale fiducia nel rapporto di coppia, al quale ci si lascia andare con naturalezza e fiducia. Opere come Alberta, Lato B, Mi piego al tuo amore sono espressione di questa fase iniziale. Segue poi la presa di coscienza, in cui la donna comincia ad aver sentore di qualcosa che non va e si rende conto che il proprio legame non è sano e sereno come all’inizio.

Mi inchino al tuo amore – Corteccia

Le offese ricevute dal partner vengono raffigurate in Accozzaglia di cose, un’installazione di oggetti su un manichino femminile che rappresenta la volontà da parte dell’uomo di sminuire la compagna, togliendole la dignità e denigrandola come fosse soltanto un accumulo di attributi e oggetti inutili.

Torre n. 5 è un’altra installazione che fa riferimento al palazzo abitato dall’uomo e alla sua apparenza attraente, che cela una persona spigolosa, vuota e sterile.

Larva rappresenta la rinascita: la donna appare piegata, due macchie rosse occultano la testa e i genitali, le parti maggiormente ferite nella relazione, ma al tempo stesso la donna ha preso coscienza della propria condizione e si guarda intorno in cerca di aiuto.

Fortemente significative sono tre statue in gesso, sagome vuote per indicare che la persona è stata svuotata, annichilita dalla relazione distruttiva. La prima, Ragnatela, mostra la donna avvolta nelle tele di ragno che rappresentano le bugie e le contraddizioni in cui il partner l’ha avviluppata. La seconda, La Gabbia dei pensieri, raffigura la condizione di prigionia rappresentata dalla relazione e l’incapacità di uscirne a causa della condizione di dipendenza da parte della donna, alimentata dal linguaggio del narcisista che destabilizza la sua vittima al punto di ridurla all’immobilità. La terza, Risorta dalle ceneri, rappresenta la donna in piedi, con un volto e con degli abiti che rivestono il suo nuovo Sé: ella è divenuta una persona libera, indipendente, fiera e desiderosa di tornare di nuovo incontro alla vita.

Ho avuto modo di incontrare Roberta personalmente al Teatro San Teodoro di Cantù, dove la sua mostra sarà visitabile fino al 7 ottobre prossimo, e di ammirare le sue opere ascoltando dalla sua viva voce la narrazione della sua esperienza e i progressi da lei compiuti grazie alla psicoterapia e alle associazioni di aiuto che l’hanno portata ad essere la persona che è ora, desiderosa di raccontarsi ma soprattutto di aiutare altre donne che si trovano in condizioni simili a quelle da lei vissute. Per questo motivo l’artista si è fatta promotrice di un progetto, intitolato anch’esso “Dal Tunnel”e realizzato in collaborazione con vari soggetti e associazioni del territorio, mirato a prevenire la violenza in tutte le sue forme, informare e sensibilizzare su queste problematiche, utilizzando diversi linguaggi espressivi.

Il vernissage della mostra ha avuto luogo lo scorso sabato 25 settembre, in occasione dello spettacolo Come Lei Io, dedicato alla violenza di genere e messo in scena dalla compagnia teatrale Trebisonda di Como. Oltre alla mostra Dal tunnel, è stata allestita anche l’esposizione fotografica Ruins You Cannot Erase, con scatti di Eleonora Pafundo legati alla tematica degli abusi sessuali.

Accostare due modalità espressive (la terza è rappresentata dallo spettacolo teatrale, che però qui non analizzo) che affrontano una problematica tanto complessa e densa di significato è un modo per portare all’attenzione dell’osservatore queste vicende: per qualcuno potrebbero essere lontane, aliene e quasi incomprensibili, per altri invece possono rievocare esperienze altrui, note solo indirettamente, relazioni disfunzionali o traumi subiti.

Queste opere d’arte ci invitano prepotentemente a guardare dentro noi stessi, ad indagare le profondità del nostro animo e a chiederci, anche senza che noi lo vogliamo, perché esista il male, perché alcuni individui possano diventare carnefici e perché altri ancora debbano imbattersi e fare esperienza di situazioni di violenza fisica e psicologica, per poi soccombere e annientarsi.

Il messaggio che le immagini veicolano, in ogni caso, è che dal tunnel della sofferenza e dell’oscurità, nonostante le cicatrici profonde, è possibile uscire, anche grazie all’arte che, pure quando descrive il dolore, celebra la vita e le innumerevoli possibilità che essa ci offre.

La mostra di Roberta Stifano, come si è detto, sarà visitabile fino al 7 ottobre prossimo, negli orari di apertura della biglietteria del teatro. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.teatrosanteodoro.it .