Ciao Gianfranco, eccoci a ripercorrere la seconda parte della tua lunghissima carriera! Ti proporrei di ripartire dai primi anni Ottanta e dalla tua collaborazione con Franco Battiato, che durò per la maggior parte del decennio.
Dopo il grande successo dell’album “La voce del padrone” (1981), che vendette oltre un milione di copie in breve tempo, ebbi modo di suonare nel tour promozionale dell’album successivo, “L’arca di Noè” (1982), in parte legato alle sonorità del precedente; tra i brani di maggior successo ricordiamo Voglio vederti danzare, La Torre e Radio Varsavia. Il disco era uscito nel 1982 e il tour si fece nel 1983, con grandissimo riscontro di pubblico. Venne registrato anche un live a Napoli, trasmesso poi dalla RAI.
Nello stesso anno fu pubblicato il disco “Orizzonti perduti”, che contiene la particolare canzone Un’altra vita e il bellissimo brano La stagione dell’amore; io partecipai come batterista e percussionista alla registrazione, a cui seguì la tournée. Il 1985 uscì poi “Mondi lontanissimi”, in cui io suonai la batteria; tra i brani, citiamo L’animale, I treni di Tozeur, No Time no Space; vennero girati anche dei video promozionali, oggi visibili su YouTube.



Dal grande successo di questo disco nacque l’idea di realizzarne uno per il mercato internazionale, intitolato “Echoes of Sufi Dance”, che conteneva brani di “Mondi lontanissimi” più altri tratti da precedenti lavori, rivisti e arricchiti con nuovi arrangiamenti. L’album fu registrato agli studi Radius di Milano e venne poi mixato con registrazioni aggiuntive da David Cole allo studio Capitol Records di Los Angeles, con la partecipazione dell’Orchestra Sinfonica di Milano, Antonio Ballista al pianoforte, io alla batteria, Giusto Pio al violino, Alberto Radius alle chitarre e importanti strumentisti americani, che per la loro storia musicale è bene ricordare. Si tratta di nomi illustri come Dennis Herring (chitarrista di The Hives, Elvis Costello, Counting Crows), Gary Mallaber (batterista della Steve Miller Band e dei Poco), John Pierce (bassista dei Toto), Phil Shenale (tastierista di Tori Amos, Bangles, Rick Springfield, Jane’s Addiction, Janet Jackson, Tracy Chapman, Diana Ross e Dionne Warwick).
Questo fu l’ultimo dei suoi dischi a cui presi parte. La collaborazione con Franco Battiato, pertanto, si interrompe nel 1986, ed è durata per 27 anni, mentre l’amicizia con lui e con la sua famiglia è rimasta costante e presente.

Dopo un periodo di transizione, dunque, si apri una nuova fase del tuo percorso, a cui abbiamo accennato la scorsa volta: vorresti parlarcene?
Dopo il 1987 e fino al 1990 feci una pausa di riflessione e di approfondimento sui miei possibili futuri percorsi musicali e artistici, una ricerca interiore che mi portò a consolidare i miei contatti con la scuola di danza Fujiyama di Gallarate, con Adriano Spatola ed altre figure. Seguirono iniziative sul terreno multimediale, basate sulla commistione di diversi linguaggi come danza, musica, teatro, arti visive, poesia, audiovisivi. Fu un’opportunità di espressione autonoma; le mie esperienze ebbero luogo soprattutto in una dimensione regionale. A ciò fece seguito la mia attività in qualità di direttore artistico, che ebbi modo di svolgere anche grazie alla collaborazione con l’emittente Antenna Tre, che mi aveva consentito di entrare in contatto con moltissimi artisti. Negli anni Novanta si aprì dunque per me un campo nuovo, vale a dire la direzione artistica di locali e teatri in cui ero protagonista sia come musicista, sia come responsabile dell’organizzazione del cast, composto da importanti personaggi del mondo della musica, della danza, del cabaret, dello sport.
E poi la tua strada e quella del tuo grande amico Renato Franchi si intersecarono nuovamente…
A metà decennio riprese infatti la mia collaborazione con Renato Franchi, mio amico di gioventù insieme a cui avevo mosso, come ho avuto occasione di dire nella prima parte dell’intervista, i miei primi passi nel mondo della musica. Ci rincontrammo nella piazza di Rescaldina, luogo dove ci eravamo conosciuti tanti anni prima. Avevo cominciato a suonare con lui nel 1967, poi le nostre strade artistiche si erano divise due anni dopo, ma avevamo sempre mantenuto un bel rapporto di amicizia e di scambi culturali. Ogni incontro era occasione di parlare dei nuovi album in circolazione, di nuovi artisti e band, dei film, delle pubblicazioni letterarie, dei nostri progetti e concerti.

La vostra collaborazione, da questo momento in poi, si è svolta in diversi ambiti…
Il nostro rapporto, in questa fase, era legato al circolo “ARCI Arcadia” del nostro paese, del quale Franchi era attivista e direttore artistico. In quel periodo Renato lavorava infatti alla realizzazione e alla regia di un evento che ebbe luogo per più di dieci edizioni: il “Festival Rock e Nuove Tendenze della Valle Olona e dintorni”, che si svolgeva nell’arco di diverse settimane e che dava modo a molti gruppi emergenti (tra tutti citiamo i Punkreas) di farsi conoscere. Fui coinvolto nella selezione dei partecipanti al festival, ascoltando i demo inviati dalle band per la scelta di una ventina di formazioni che si sarebbero poi esibite nelle diverse serate. Il contest si teneva al Teatro La Torre di Rescaldina, dove lo stesso Battiato aveva presentato molti anni prima gli album “Fetus” e “Pollution”. Per me si trattava di una sorta di “ritorno alle origini”, dato che io e Renato avevamo tenuto in quella sede il primo concerto con i “New Vox” ai nostri esordi. Questa collaborazione, così come il coinvolgimento di Renato in alcune mie attività per conto della rete televisiva Antenna Tre, fu per noi un punto d’incontro, anche se ognuno dei due portava avanti i propri progetti. In seguito entrai nella formazione dell’Orchestrina del Suonatore Jones, inizialmente per sostituire occasionalmente il batterista Viki Ferrara.



In questo periodo hai realizzato un altro progetto fondamentale legato alla figura di Franco Battiato…
Si trattò di un progetto pensato e realizzato con la collaborazione del produttore Valentino Flesca, grande appassionato di musica prog, con lo scopo di rendere omaggio a Battiato: fu denominato “I cancelli della memoria” (dal nome di un brano dell’album “Clic”) e coniugava musica, danza ed arti visive. L’idea nacque nel giugno del 2007 dall’incontro tra me, Flesca (autore, tra l’altro, del libro “Il Pop &Progressive in Italia”) e il “ritrovato” Mario “Ellepì” Dalla Stella alla chitarra. Il periodo musicale di riferimento del gruppo era quello degli anni Settanta, quello dell’etichetta Bla Bla, considerato il miglior periodo sperimentale di Franco. Gli altri membri della band erano Paolo “Ske” Botta, Mauro Galbersanini, Roberta Pagani e Carlo Cilibrasi (dell’Orchestrina del SuonatoreJones). Un importante concerto-tributo tenutosi al Teatro Dante di Castellanza il 26 novembre 2010 venne registrato, pubblicato in CD e DVD e distribuito dalla BTF in tutta Europa. Il concerto comprendeva brani da “Fetus“, quasi integralmente “Pollution” e “Sulle Corde di Aries” e un pezzo da “Clic“, quello da cui la band prende il nome, rispecchiando la struttura originale delle canzoni, mantenendo le sonorità vintage e riprendendo anche la suddivisione degli effetti sonori, con i passaggi in rotazione dal canale da sinistra a destra.


Successivamente hai preso parte ad altri omaggi al musicista siciliano…
Dopo quell’esperienza nacque anche il progetto “Campi Magnetici”, denominazione presa da un album di musiche strumentali di Franco Battiato del 2000. L’idea artistica univa musica, teatro e danza e vennero coinvolti nuovamente Elena Lago per le coreografie e l’attore Paolo Raimondi, mentre la band era formata da musicisti differenti. In questo mio nuovo viaggio sonoro Renato Franchi fu promotore e direttore artistico a pieno titolo.
Negli anni immediatamente successivi, come abbiamo già detto, sei diventato un membro effettivo dell’Orchestrina del Suonatore Jones…
Nel 2011 fui presente nel loro concerto-tributo a Fabrizio De André a Como e poi entrai ufficialmente nella band nel 2013. Nell’album “Filastrocche scritte per strada”, realizzato in collaborazione con la docente della Bicocca Mariangela Giusti, autrice dei testi, suonai le percussioni e mi occupai anche della ricerca musicale, con l’inserimento di alcuni suoni naturali che arricchirono le sonorità del disco. Da questo punto in poi la mia presenza nel gruppo fu stabile: ho suonato in tutti gli album successivi, vale a dire Le stagioni di Anna Frank (2013), In anticipo sul vostro stupore (compilation live – 2013), Finestre (2016), Oggi mi meritavo il mare (2018), Con un bel nome d’avventura (2018), InCanto (2020), Penne e Calamai (2021) e Mi perdo e m’innamoro (2022); gli ultimi tre progetti discografici sono usciti con la denominazione “Renato Franchi & His Band”.


Per concludere il discorso su Battiato, veniamo ora all’attualità: tra pochissimo comparirai in un programma televisivo a lui dedicato, che andrà in onda sulla RAI…
È vero… qualche settimana fa ho infatti ospitato a casa mia il regista Angelo Bozzolini e la sua troupe per un’intervista e delle riprese che verranno inserite nel documentario “Il Coraggio di essere Franco”, che verrà trasmesso il prossimo 18 maggio, in occasione dell’anniversario della scomparsa di Franco Battiato. È stato per me un momento molto emozionante, in cui ho rievocato molte esperienze significative che ho avuto con lui. Il film ripercorrerà tutta la sua vita, da quando è nato e ha lasciato la Sicilia, quindi io sono il primo testimone “in ordine cronologico” insieme ad altri personaggi prestigiosi. Sono stati infatti stati interpellati suoi collaboratori storici come Francesco Messina, Juri Camisasca, Gregorio Alicata, Alice, Bruno Tibaldi, oltre che altri nomi molto popolari della cultura italiana, che si sono resi disponibili a raccontare la grandezza di Franco Battiato uomo e artista: Sonia Bergamasco, Marco Travaglio, Antonio Scurati (vincitore di un Premio Strega), e infine l’attore premio Oscar Willem Defoe.

E per chiudere la nostra intervista, visto che l’altra volta eravamo partiti dai Beatles, finiamo parlando di loro, visto che tra le tue innumerevoli esperienze hai anche suonato in una band- tributo ai Fab Four…
Last but not least, infatti… vorrei ricordare la mia presenza nella band Nine – O- Nine (909), con Renato Franchi, Giampiero Lecchi, Viki Ferrara e Roberto D’Amico in omaggio ai Beatles, che sono stati il nostro punto di partenza, le nostre radici, perché suonare e cantare le canzoni dei Fab Four è sempre una grande emozione e il cuore batte sempre forte.

Per me, invece, è stata una grandissima emozione avere avuto l’opportunità di intervistare un personaggio d’eccezione come Gianfranco D’Adda, che si è mostrato estremamente disponibile nel dedicarmi tutto questo tempo!
Ringrazio anche Renato Franchi per il supporto e la preziosa collaborazione.