Lo storico edificio comasco ospita la mostra “Between Dante and Rauschenberg” fino al 31 luglio
Tra Medioevo e suggestioni di contemporaneità, il Castello Baradello, torre che domina l’abitato di Como, ospita ancora per due settimane, fino al 31 luglio, una mostra visitabile il sabato e la domenica, dalle 9.30 alle 18 . “Between Dante and Rauschenberg”, questo il titolo dell’esposizione, comprende 34 tavole dedicate all’Inferno di Dante, realizzate dall’artista americano Robert Rauschenberg, ed alcune opere di Enrico Cazzaniga.

Lo storico edificio si configura nuovamente, dunque, come suggestiva cornice per lavori molto diversi tra loro, in un inedito connubio ideato dallo stesso artista comasco e realizzato grazie all’associazione Slow Moon, che aveva già organizzato la precedente mostra, “La Luna e il Medioevo” di Marcella Chirico, di cui avevo già avuto occasione di parlare qualche mese fa.
Il concept dell’esposizione, inaugurata lo scorso 28 maggio, ha avuto una genesi molto lunga e articolata. Così ha spiegato Cazzaniga: “L’idea nasce per la passione e amore verso l’arte di Rauschenberg, che ho avuto modo di incontrare e conoscere in Italia, nel 1998 alla Galleria Rubin Milano e a Ferrara, in occasione della sua retrospettiva a Palazzo dei Diamanti, nel 2004. Avendo di recente acquisito questo suo particolare lavoro, il mio desiderio è quello di condividerlo in uno spazio importante che lo sappia ben valorizzare…”.

Il trait d’union tra i lavori dei due artisti è costituito da un omaggio che Cazzaniga ha voluto dedicare a Rauschenberg, vale a dire un trittico che affianca il ritratto del Sommo poeta a quello dell’artista americano, inframmezzati dall’immagine di un cono stradale rovesciato che rimanda alla struttura dell’oltremondo infernale dantesco. Quindici anni fa, nel 2007, il comasco aveva reso un altro tributo all’estetica di Rauschenberg nell’omonimo villaggio, situato in Assia, nel cuore della Germania.

Le opere di Cazzaniga sono situate all’entrata e ai piani superiori della torre, mentre per ammirare le litografie di soggetto dantesco bisogna scendere al piano inferiore, come indica la segnaletica stradale visibile all’entrata. Segnaletica che rimanda al concept denominato “Alphabet Street”: le lettere dell’alfabeto ispirate ai segnali stradali fanno parte di un nuovo modello di comunicazione, concepito dall’artista brianzolo nel 1996, in cui si parte dalle intersezioni delle linee dei parcheggi e dalle linee di mezzeria delle strade per concepire un originale alfabeto ricavato, appunto, dalla segnaletica stradale orizzontale. Esso è stato poi utilizzato per realizzare opere con smalto stradale su asfalto, in una inedita interpretazione del concetto di “street art”, ed altri lavori.

Al Baradello le lettere di questo alfabeto, sotto forma di piccole tavole simili a istantanee Polaroid, sono posizionate sul corrimano che conduce al piano superiore. È presente poi un rimando al lago di Como nelle linee di un parcheggio a pagamento che sono state in parte “strappate” all’asfalto nella forma di una Y rovesciata che ricorda, appunto, la forma del Lario.

Asfalto e fustagno sono due dei materiali che Cazzaniga predilige e pertanto la maggior parte delle opere esposte è realizzata con queste sostanze. I due ritratti di Jack Kerouac (che, autore di On The Road, rievoca il concetto di “strada”) e di David Lynch (mi chiedo, e dovrei chiedere conferma all’artista, se il regista sia stato prescelto perché autore di un film che ha come soggetto, una celeberrima e lunga via losangelina, Mullholland Drive) sono realizzati, appunto, su asfalto.


I pannelli in fustagno nero, sui quali Cazzaniga “disegna” con un pennello intriso di candeggina, sottraendo il colore, hanno una qualità quasi fotografica nella precisione con cui i soggetti sono raffigurati e nel gioco di chiaroscuri. Il primo è intitolato Via Fontana (con asfalto?) e rappresenta una strada del centro storico del capoluogo lariano, in cui le persistenti impalcature e una striscia di asfalto (qui realizzata con uno strato di microasfalto) deturpavano il contesto (l’opera è del 2013). Dello stesso anno, un altro scenario urbano, un Sottoponte berlinese.


Due pannelli verticali raffigurano poi una coppia di dormienti: il titolo, Togliere al sonno, rimanda all’operare per “sottrazione” proprio della candeggina che toglie il colore della stoffa, delineando le immagini.


Si prosegue con Togliere alla mela, una serie di 20 pannelli di 40×40 cm, in cui il particolare inedito è l’utilizzo del pastello rosso per dare colore al frutto morso da una figura maschile. Si tratta di una sequenza di immagini, simili a scatti fotografici, in cui la mela viene progressivamente addentata.

Nella stessa stanza, altri due pannelli di grandi dimensioni rappresentano l’illusione ottica che la tela venga strappata da una persona posizionata dietro di essa.


Salendo le scale verso la sommità della torre, incontriamo una veduta di Arezzo e un ritratto di Giuseppe Sinigaglia, canottiere comasco caduto nella Prima guerra mondiale a cui è intitolato lo stadio cittadino. A questo punto, dopo gli ultimi gradini, è possibile contemplare lo splendido panorama che si può godere dalla balconata.



Scendendo le scale fino alla base della torre è poi possibile ammirare le opere di Rauschenberg, 34 tavole realizzate tra il 1958 e il 1960, litografie di opere della collezione del MoMA di New York.

Robert Rauschenberg, precursore della Pop Art, si accostò all’opera di Dante dopo un soggiorno in Italia nel 1952. L’artista decise di concentrarsi solo sulla prima cantica della Divina Commedia con l’intento di esprimere il proprio pessimismo nei confronti del declino della società americana. Le immagini sono ricche di riferimenti a personaggi politici e alla situazione degli USA del secondo dopoguerra. Si tratta un’opera ermetica e non sempre di facile lettura, sicuramente lontana dalle più note interpretazioni dell’Inferno, come le incisioni realizzate da Gustave Dorè e le tavole visionarie e surrealiste di Dalì recentemente esposte a Cantù.
In Dante’s Inferno Rauschenberg utilizza la tecnica del transfer drawing di immagini prese da Life, Time, Sports Illustrated e Newsweek con manipolazioni successive che impiegano tecniche differenti – acquarello, matita, inchiostro e tempere – lasciando un margine di casualità al risultato finale. Rauschenberg volle mantenere la suddivisione in tre parti, come tre sono le cantiche formate da 33 canti (più il proemio dell’Inferno) in tre fasce orizzontali in cui l’azione viene illustrata dall’alto verso il basso.

L’opera si presta a molteplici letture. Nella composizione ritroviamo in modo ricorrente le cosiddette “trasfigurazioni”: Dante è rappresentato da un uomo a torso nudo avvolto in un asciugamano bianco, un uomo “medio” inserito in un contesto talvolta più grande di lui; Virgilio è incarnato da un atleta o un astronauta, quindi una figura oltre la media, in virtù del proprio ruolo di guida del poeta fiorentino. La critica ha poi associato a Dante l’immagine di John F. Kennedy, mentre Virgilio è stato accostato a Adlai Stevenson, esponente del partito democratico. Per quanto riguarda i colori, rosso e marrone caratterizzano i dannati, il bianco intercala la narrazione, mentre le tonalità di grigio rimandano all’oscurità dei luoghi infernali. Elementi di modernità come le macchine da corsa potrebbero simboleggiare il frastuono provocato dai diavoli nei gironi. La rilettura della poetica dantesca dell’artista americano, originale e provocatoria, rende dunque il poema attuale e universale, allegoria dei tempi in cui venne concepita e della loro complessità.

La mostra, come si è detto in precedenza, è visitabile fino al 31 luglio, nel fine settimana, negli orari di apertura del castello; è previsto un biglietto di ingresso che comprende anche la visita guidata all’edificio.
Per ulteriori informazioni è possibile contattare Slow Moon al numero 3920279675.