La regina dei fiori nel panorama musicale italiano di ieri e di oggi
La rosa è uno dei simboli più persistenti nell’immaginario collettivo, è protagonista di opere letterarie ed artistiche, ma anche emblema in ambito religioso, storico, politico, come si è visto nella prima puntata di questo excursus. Anche la canzone d’autore e il rock non sono rimasti indifferenti al fascino di questo fiore: innumerevoli, dunque, sono le composizioni in cui esso compare e talvolta la rosa è anche parte dell’iconografia di cantanti e di band. La mia trattazione, data la vastità dell’argomento, non potrà essere che soggettiva, senza alcuna pretesa di esaustività. In questo articolo verrà preso in considerazione il panorama musicale italiano, mentre quello internazionale sarà esaminato nella terza ed ultima puntata.

La regina dei fiori è un simbolo complesso e affascinante, sinonimo di perfezione e di passione, di eternità ma anche dell’ineluttabile scorrere del tempo; è spesso associata alla figura femminile, con la sua intrinseca bellezza, mentre le sue spine rappresentano l’insidia che si nasconde dietro il suo splendore e le pene d’amore. In molte canzoni essa è presente nel titolo, ma con differenti attributi: uno dei più comuni è quello di semplice motivo floreale.

I primi brani che affiorano alla mente, in questo caso, sono Rose rosse per te di Massimo Ranieri (1968), uno dei più celebri del repertorio dell’interprete napoletano, ma anche quella Io, tu e le rose che, l’anno precedente, si era conquistata il quinto posto al Festival di Sanremo ed stata citata nel biglietto d’addio scritto da Luigi Tenco prima del proprio suicidio, come sinonimo dell’insensibilità della giuria che lo aveva escluso dalla finale, selezionando invece l’innocuo valzer nazional-popolare di Orietta Berti.

In tempi più recenti, Simone Cristicchi ha descritto in modo realistico e impietoso in Ti regalerò una rosa (2007) la condizione di un uomo internato in un ospedale psichiatrico che immagina di porgere un omaggio floreale alla donna dei suoi sogni, aggrappandosi ad un amore impossibile per dare senso alla propria esistenza da recluso. L’immagine del fiore, rosso o bianco, è dunque un simbolo di riscatto e costituisce l’unica fonte di speranza per il protagonista. Anche Vinicio Capossela, in Con una rosa (2000), vuole donare fiori all’amata: qui però il contesto è quello della passione ricambiata, con la partner che chiede un pegno d’amore eterno. Nel brano il songwriter declina le sue conoscenze del linguaggio dei fiori per scegliere il colore più adatto alla sua bella: la rosa non sarà né bianca come il dolore, né gialla come la gelosia, né rosa come un sentimento di poco conto, bensì rossa ed ardente come le sensazioni che lui prova:
Come la porpora che infiamma il mattino
Come la lama che scalda il tuo cuscino
Come la spina che al cuore si avvicina
Rossa così è la rosa che porto a te.
La rosa può rappresentare anche la stessa donna amata, identificandola con le connotazioni contrastanti proprie della pianta: ardore e bellezza, ma anche transitorietà e rimpianto. Rosa Rosae di Francesco De Gregori (1996) è ad esempio la donna “d’amore signora, che digiuna e divora”, emblema della passione che non sazia mai, La rosa dell’inverno di Mango (1986) è invece “spina e poesia, chiara malinconia”, colei che attira l’io lirico proprio perché suscita emozioni opposte; La morte di una rosa di Riccardo Cocciante (1975) narra poi di una ragazza scomparsa prematuramente, nel fiore degli anni. Amore e morte ritornano anche in Tre rose (1981) di Massimo Bubola: i tre fiori sono altrettante fanciulle da lui amate, tre sartine (“una cuce i ricordi, l’altra fila l’allegria, una ricama la mia nostalgia”). Il brano è la title track del terzo album del cantautore veronese che vede la partecipazione di Fabrizio De André (che produsse anche il disco), del figlio Cristiano e di Dori Ghezzi ai cori:
Tre rose son cresciute al davanzale
Tre rose che nessuno può rubare
Una andrà sposa a un ricco, l’altra cadrà di malattia
Ma l’ultima sarà soltanto mia

La rosa può anche essere un semplice appellativo, che però evoca sempre le caratteristiche tipiche del fiore, come il fascino e la sensualità (Bocca di rosa dello stesso De André, 1967). Tatuata sulla pelle, come in Una rosa blu di Michele Zarrillo (1982), essa personifica il mistero e la crescente attrazione che il protagonista prova verso la nuova compagna: “una rosa blu che non va più via/ dolce e un po’ perversa come un po’ diversa è la tua fantasia”. Il binomio Pane e rose, inteso come l’esigenza di bellezza insito in ogni essere umano che, al di là dei bisogni primari, rende la vita degna di essere vissuta, dà poi il titolo ad un album di Angelo Branduardi del 1988, pubblicato anche in versione francese. Il disco non ha una title track e prende il nome da un verso della canzone Benvenuta donna mia.

Nel canzoniere italiano moltissimi altri sono i brani che si potrebbero menzionare: tra i tanti, cito in ordine sparso Cinque petali di rosa di Alex Britti (2016), Rosa di Amedeo Minghi (2013), La rosa bianca di Sergio Endrigo (1963) tratta da una lirica del poeta cubano Josè Martì, Rose su rose di Mina dall’album Catene (1984) e Rose nere di Guè Pequeno (2013), in cui il rapper esprime il proprio disagio esistenziale e il proprio senso di inadeguatezza nei confronti della ragazza che desidera. E concludo l’excursus nel lussureggiante giardino musicale del Bel Paese con La tua rosa di Renato Franchi, brano incluso nell’album Oggi mi meritavo il mare (2018) ma già presente, con il titolo Piccola filastrocca delle dita fragili, nell’EP Canzone per Ion (2000). Qui l’esortazione a coltivare una rosa simboleggia l’invito a preservare intatti propri i sogni e l’anelito ad un’esistenza migliore, senza lasciarsi sopraffare dallo sconforto e dalle difficoltà del quotidiano. Il cantautore si esprime attraverso tenere e suggestive immagini, quasi da “nursery rhyme”:
Coltiva la tua rosa, proteggila dal vento
Piccolo fiore di miele e di frumento
Difendi la tua rosa dal dolore e lo spavento
Piccolo segreto da nascondere un momento
E quando la luna ti verrà a cercare
Troverà i tuoi ricordi fermi ad aspettare
Quando le stelle si fermeranno ad ascoltare
Le tue dita fragili cesseranno di sanguinare
Dal punto di vista iconografico, non sono molti gli artwork dei dischi di artisti nostrani che ritraggono la regina dei fiori in copertina. L’esempio più celebre è sicuramente Fleurs di Franco Battiato, pubblicato nel 1999, la cui cover presenta una rielaborazione digitale, a opera di Francesco Messina, di un dipinto dello stesso Battiato, Derviscio con rosa. L’album, il ventunesimo del cantautore siciliano, è una affascinante rilettura di brani altrui (da La canzone dell’amore perduto di Fabrizio De André a Te lo leggo negli occhi di Endrigo, passando da Ruby Tuesday degli Stones) più tre inediti. ll 22 marzo 2019 è stata poi pubblicata su vinile un’edizione celebrativa per il 20mo anniversario, il cui artwork raffigura una rielaborazione diversa del dipinto, sempre a opera di Messina: anche qui una rosa rossa, da diversi punti di vista, appare sovrapposta ad uno sfondo geometrico color ocra, con effetto legno. In allegato al disco è inoltre presente una riproduzione su cartoncino del quadro originale. A Fleurs si sono aggiunte successivamente altre due raccolte, Fleurs 3 nel 2002 e Fleurs 2 nel 2008, entrambe con motivi floreali in copertina.




Venendo alla contemporaneità, un album di recentissima uscita sceglie un essenziale b/n per raffigurare sulla front cover una mano che offre una rosa: si tratta di II, il secondo disco del cantautore “newpolitano” Liberato, già pubblicato il 9 maggio 2022 in digitale e disponibile in CD e vinile dal 9 dicembre. L’immagine, come tutta la parte visuale del lavoro dell’artista, è di Francesco Lettieri.


Uscendo dal territorio della canzone, vorrei infine segnalare l’ultimo lavoro, anch’esso appena uscito (è stato pubblicato il 4 novembre 2022) dell’apprezzatissimo polistrumentista Vincenzo Zitello, significativamente intitolato Le voci della rosa. Dieci tracce (Nel Mistero della Rosa, La Rosa della Vigna, Le Rose Senza Pace, Fragile Sorella dei Poeti, Rosario d’Amor, Rosa Alchemica, Una Rosa al Posto del Cuore, La rosa che non Sà, La Rösa, L’Ultima Rosa), mediante le suggestive sonorità dell’arpa celtica e bardica, strumenti di cui il musicista è maestro indiscusso (oltre all’ultilizzo di molti altri timbri, tipici delle sue composizioni) costituiscono le illustrazioni sonore del libro omonimo di Elisabetta Motta, edito da Pendragon. Il volume “coglie” nove diverse rose, corrispondenti a nove poeti italiani contemporanei, esplorando anche il mondo interiore di ognuno di essi. L’artwork dell’album, così come la copertina del libro, raffigura una rosa infilata in un calamaio.
Molto numerose sono le cover di album di artisti internazionali che raffigurano la regina dei fiori, così come moltissimi sono i brani ad essa dedicati ed i riferimenti di altra natura: una trattazione in merito – che si limiterà prevalentemente al panorama anglo-americano – sarà pertanto l’oggetto della terza ed ultima parte di questo viaggio nell’ideale roseto musicale dai viali disseminati di petali multicolori.
