Un concept album, in uscita a novembre, per non dimenticare la strage milanese del 12 dicembre 1969

Pensiamo che le stragi italiane debbano essere storicamente riconosciute come una sola catena di eventi di egual segno e senso, al di là delle diverse contingenze dei diversi episodi: ovvero, che siano riconosciute come un evento solo, variamente replicato, pluralmente nefasto ma con un unico fine: fermare, impedire a qualunque costo ogni cambiamento sostanziale nell’assetto politico interno e nella collocazione internazionale del nostro Paese, ancorché raggiungibile o raggiunto per vie pacifiche e con metodi democratici.

(Carlo Tombola, Comitato promotore “Non Dimenticarmi”)

La “strategia della tensione” è l’oscuro disegno che fa da sfondo ad uno dei periodi più terribili della storia recente del nostro Paese: tra il 1969 e il 1980, in una serie di attentati dinamitardi che ebbero luogo in siti affollati come piazze, stazioni, banche, treni, persero la vita 136 persone. Questi inermi cittadini, sorpresi dalla fatale esplosione di una bomba mentre erano intenti in scambi commerciali, si recavano in vacanza, partecipavano ad una manifestazione antifascista o, semplicemente, vivevano la propria quotidianità, furono vittime di atti terroristici dietro i quali si celavano organizzazioni eversive di estrema destra, elementi deviati dell’apparato statale – governo, magistratura, forze dell’ordine, servizi segreti -, logge massoniche e connivenze internazionali.

La strage alla stazione di Bologna, 2 agosto 1980

In poco più di un decennio avvennero otto stragi: la prima all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, il 12 dicembre 1969; l’ultima, la più terribile, fu quella alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, con 85 morti. Le altre: Gioia Tauro, 22 luglio 1970 (6 morti), Peteano, 31 maggio 1972 (3 morti), Questura di Milano, 17 maggio 1973 (4 morti), Savona, vari attentati tra il 1974 e il 1975 (1 morto), Piazza della Loggia, Brescia, 28 maggio 1974, (8 morti), Treno “Italicus”, San Benedetto Val di Sambro, 4 agosto 1974 (12 morti). Il malcelato scopo di questi eccidi, al di là di tutti gli insabbiamenti e i depistaggi, era quello di impedire eventuali cambiamenti nell’assetto politico interno ed estero dell’Italia, come emerge nella riflessione sopra riportata; il susseguirsi di questi luttuosi accadimenti avrebbe dovuto comportare il diffondersi tra la popolazione di un sentimento di insicurezza tale da giustificare o auspicare svolte politiche di stampo autoritario, sul modello di quanto avvenuto, ad esempio, in Grecia con la “dittatura dei colonnelli” in quegli stessi anni.
Ciò che sconcerta, a distanza di mezzo secolo, è il fatto che per tali stragi, nella maggior parte dei casi, non sia stata fatta giustizia, perché gli iter processuali, spesso lunghi e contorti, si sono chiusi senza che i responsabili abbiano pagato per le proprie azioni. Questi fatti sono stati oggetto di numerose indagini, di opere cinematografiche e teatrali ed hanno ispirato, negli anni, artisti e musicisti che, a vario titolo, hanno voluto esprimere il proprio sentire in merito. Importante, poi, è stata l’attività svolta dalle associazioni dei familiari delle vittime, che in diverse occasioni, istituzionali e non, hanno richiesto che venisse fatta luce sulle trame occulte che hanno impedito di ottenere verità e riparazione per quanto accaduto.

La prima strage, quella che è stata definita “la madre” di tutte le successive, ebbe luogo come si è detto a Milano, in Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969: alle 16, 37, nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura, esplose una bomba che causò 17 morti e 88 feriti. Per il cinquantennale dell’evento, nel 2019, sono state promosse diverse iniziative commemorative; oggi, a 54 anni da quel giorno, è nato un progetto discografico che vuole ricordare, ma anche denunciare, tutto ciò che si lega a quanto accadde quel fatidico pomeriggio.
17 fili rossi + 1 – Ricordando Piazza Fontana”, questo il titolo dell’album, si compone di 16 tracce – musica, canzoni e monologhi – per rievocare l’attentato e le sue 18 vittime: le 17 persone che persero la vita nell’esplosione più l’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della Questura tre giorni dopo e riconosciuto come diciottesima vittima dal presidente Giorgio Napolitano nel 2009.
Il progetto nasce da una lirica di Fulvio Mario Beretta che, con alcuni interventi sul testo e la composizione della musica da parte di Renato Franchi, ha dato origine alla canzone che dà il titolo al disco. Ma le fonti di ispirazione per la realizzazione dell’album, che si vuole configurare come un autentico documento sonoro, sono anche altre. Il titolo “17 fili rossi + 1” è stato infatti suggerito a Beretta e Franchi dalla visione del docufilm “Io ricordo, Piazza Fontana”, diretto da Francesco Miccichè e coprodotto da Rai Fiction e Aurora TV nel 2019, in occasione dei 50 anni dalla strage. Nella narrazione filmica Francesca Dendena, figlia di Pietro, uno dei caduti, fondatrice dell’Associazione Piazza Fontana 12 dicembre ’69 e interpretata da Giovanna Mezzogiorno, collegava con dei fili rossi le foto delle 17 persone decedute a causa della bomba, di Pino Pinelli e dei presunti responsabili dell’attentato.

Un altro elemento che ha contribuito alla realizzazione del concept è il brano Fontana del dolor, scritto dal cantastorie milanese Angelo Cavallini negli anni Settanta e recentemente riportato alla luce da Claudio Bernieri in un suo documentario, a sottolineare il notevole impatto che la tragica esplosione nella Banca Nazionale dell’Agricoltura ebbe sulla cultura popolare rappresentata dagli artisti di strada. Partendo da questi spunti, Renato Franchi ha contattato numerosi cantautori e band che nel loro repertorio avevano pezzi dedicati alla strategia della tensione, a Giuseppe Pinelli e a Piazza Fontana.
Alcuni degli artisti coinvolti si sono dichiarati disponibili a comporre una canzone “ad hoc” o a interpretare brani già esistenti. Si tratta di musicisti da sempre impegnati nella difesa della memoria storica del nostro Paese, come Gang, Renato Franchi & His Band, Yo Yo Mundi, Filippo Andreani, Alessio Lega, Come le foglie, Casa del Vento e la Banda degli Ottoni a Scoppio. Al loro fianco troviamo band e musicisti emergenti come Daniele Ridolfi, Andreacarlo e l’ensemble Emily Collettivo Musicale. Accanto a loro, cinque attori – Moni Ovadia, Renato Sarti, Daniele Biacchessi, Silvano Piccardi e Paolo Raimondi – hanno interpretato monologhi che illustrano, da diversi punti di vista, ciò che accadde quel terribile pomeriggio, ma anche gli eventi antecedenti e successivi, come la morte dell’anarchico Pinelli e i funerali delle vittime in Piazza Duomo.

L’album, che per il momento uscirà solo in formato fisico e non digitale, è pubblicato dalla casa discografica Latlantide. Significativo è l’artwork, curato dallo studio VISE Photograph di Cristian Visentin: la copertina rappresenta i funerali in Piazza Duomo in un’opera grafica di Giovanni Tagliavini, mentre altre immagini realizzate dell’artista milanese arricchiscono il booklet del CD. All’interno di quest’ultimo sono presenti i contributi di Fulvio Mario Beretta, di Francesca Dendena, di Licia, Claudia e Silvia Pinelli, oltre alle foto delle lapidi delle 17 vittime della strage e di Pino Pinelli e, non ultima, l’iconica immagine delle esequie delle vittime nel celeberrimo scatto di Uliano Lucas.
Il progetto discografico “17 fili rossi + 1” va ad inserirsi in un contesto più ampio di iniziative legate alla denuncia e alla memoria della strategia della tensione, di cui la bomba in Piazza Fontana fu solo il primo drammatico atto. Per ricordare tutte le persone scomparse nelle stragi che hanno avuto luogo tra il 1969 e il 1980, nella piazza del capoluogo lombardo – non lontano dalle lapidi delle 17 vittime del 12 dicembre 1969 e di Giuseppe Pinelli – verrà realizzata “Non Dimenticarmi”, un’installazione permanente composta da 137 steli metallici che sostengono altrettante campane a vento, ciascuna dedicata a una delle vittime delle stragi stesse (i 136 più Pinelli). Il memoriale, progettato dall’artista Ferruccio Ascari, si configura come una doverosa riparazione nei confronti della mancata giustizia e delle ferite ancora aperte inflitte alla società italiana. Un’immagine del monumento è anch’essa presente nel booklet.

Ricordiamo infine che un frammento della title track dell’album è stato inserito da Daniele Biacchessi, giornalista e scrittore da sempre impegnato in un lavoro di indagine sugli eventi che hanno insanguinato il nostro Paese, nel suo documentario “Stragi d’Italia – Ombre nere 1969-1980”. Lo stesso Biacchessi è presente nel disco con il suo monologo Il Paese della vergogna.
La realizzazione di “17 fili rossi + 1” è patrocinata dall’associazione “Piazza Fontana 12 dicembre ‘69”, dal Comitato Promotore “Non dimenticarmi”, da ARCI “Ponti di Memoria” e da Licia, Claudia e Silvia Pinelli ed è stata sostenuta da diversi soggetti, tra i quali numerose sezioni provinciali e locali dell’ANPI.

Una delle opere di Giovanni Tagliavini presenti nel booklet

17 fili rossi + 1 – Recensione

L’album si compone di 16 tracce, undici brani musicali e cinque interventi attoriali. Delle canzoni che raccontano la strage nella Banca dell’Agricoltura, la title track, come si è detto, è stata scritta da Renato Franchi partendo da un testo di Fulvio Mario Beretta. Come sovente accade nelle composizioni del cantautore legnanese, un evento tragico come quello dell’esplosione della bomba è raccontato con delicatezza: la canzone si apre infatti rievocando una Milano invernale, avvolta in una fitta nebbia e illuminata dalle luci di Natale, e seguono alcuni “quadretti” che descrivono la quotidianità dei protagonisti, inconsapevoli del proprio crudele destino. In conclusione, vengono ricordati i nomi delle 18 vittime, “17 cuori in cielo con Pino Pinelli”. Dal punto di vista musicale, i timbri di chitarra, pianoforte, violino e percussioni dialogano con la fisarmonica di Roberto Nassini, a cui è affidata la toccante introduzione del pezzo.

Opera di Giovanni Tagliavini

Sempre dedicate a Piazza Fontana sono l’omonimo brano scritto da Claudio Bernieri nel 1975, noto anche come Luna rossa ed originariamente interpretato dal gruppo Yu Kung, qui nella rilettura di Come le Foglie, e la versione strumentale del medesimo pezzo da parte della Banda degli Ottoni a Scoppio.
Un’altra canzone d’epoca è Fontana del dolor, conosciuta anche come L’infame strage di Piazza Fontana, composta dal cantastorie meneghino Angelo Cavallini, molto attivo negli anni Settanta come artista di strada. Il pezzo è stato riscoperto dallo stesso Bernieri, che ha anche girato un documentario sull’argomento; nel concept è stato invece affidato all’ensemble piacentino Emily Collettivo Musicale, che ne ha realizzato una versione coinvolgente e trascinante. Altre due canzoni rievocano la strage: La fontana degli Yo Yo Mundi, in cui gli assoli di chitarra nella conclusione del brano sottolineano i versi finali “da un fascio di bugie spunta un germoglio di carezze”, e Oggi no, del cantautore milanese Andreacarlo, che racconta l’inquietudine di un passante dei giorni nostri che, sotto Natale, si ritrova a passare per il centro della città e non può fare a meno di ripensare ai drammatici eventi di mezzo secolo fa.
Dedicate a Giuseppe Pinelli sono La ballata di Pinelli, il tradizionale brano composto sull’aria della canzone popolare Il feroce monarchico Bava, interpretato da Alessio Lega; Quasi soltanto mia, che tratteggia con delicatezza il vissuto di Licia Pinelli, firmata da Filippo Andreani e già contenuta nel suo album “Scritti con Pablo” del 2011, e l’inedita Un ferroviere del cantautore lecchese Daniele Ridolfi, in cui viene data voce allo stesso Pino. Due brani “storici” per due formazioni altrettanto storiche dipingono poi l’oscuro affresco della strategia della tensione (Via Italia, Gang) e la volontà di riscatto dalle ingiustizie (Popolo unito, Casa del Vento).

I cinque interventi attoriali raccontano invece, da diversi punti di vista, non solo l’accaduto del 12 dicembre, ma anche le sue cause, riconducibili al complesso e torbido disegno della già citata “strategia della tensione” che affonda le sue radici già nell’immediato dopoguerra. Daniele Biacchessi, ne Il Paese della vergogna, descrive la festosa atmosfera natalizia, devastata dallo scoppio dell’ordigno, le vite distrutte delle vittime e i silenzi che si trasformano in urla, le stesse urla che purtroppo torneranno a straziare altri luoghi del nostro Paese. Il rumore del silenzio di Renato Sarti ricorda invece i funerali in piazza Duomo, gremita da oltre 300000 persone, la cui massiccia presenza rappresenta un atto “politico”. Scritta da Claudio Ravasi e interpretata da Paolo Raimondi, A Milano vado poco esprime i sentimenti di una persona che, in gioventù, ha vissuto gli eventi dell’epoca stragista in maniera inconsapevole e che a distanza di molti anni ne percepisce il peso e l’importanza. La prima strage di Stato di Silvano Piccardi e Non è finita di Moni Ovadia, infine, risalgono alle origini dell’eversione nera, riconducibili al 1945, e ai rigurgiti fascisti mai sopiti.

17 fili rossi + 1, ricordando Piazza Fontana” si assume la responsabilità di colmare un vuoto nella discografia italiana che il mondo della musica d’autore e dell’impegno sociale, civile e artistico italiano non poteva lasciare, sia pure ad oltre 50 anni da quei terribili accadimenti. Questo il commento di Claudia e Silvia Pinelli sul progetto discografico, che ne sintetizza efficacemente l’intento:

Non basta una canzone, ma quanto è importante per continuare a far sentire l’indignazione per quello che è stato, senza che sia l’indifferenza ad avere il sopravvento. Quella musica, quei testi, qualcuno li ascolterà e sentirà che ci sono storie che non svaniscono negli insabbiamenti processuali, ma continuano a volare e a raggiungere generazioni anche lontane. Così, dove non è arrivata la giustizia, sia l’arte a farsi araldo di quella Memoria che è consapevolezza, senza alcuna retorica e “con lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.

Pino Pinelli visto da Giovanni Tagliavini e in una foto del 1955

Track list

01.         17 fili rossi (F. M. Beretta/R. Franchi/M. Macchia)
Renato Franchi – voce e chitarra; Gianni Colombo – pianoforte; Gianfranco D’Adda – percussioni; –  Viki Ferrara – cori; Dan Shim Sara Galasso – violino; Roberto Nassini – fisarmonica
02.         Quasi soltanto mia (F. Andreani)
Filippo Andreani – voce, chitarra
03.         Il paese della vergogna (D. Biacchessi)
Daniele Biacchessi, voce; Renato Franchi, musica
04.         Piazza Fontana (C. Bernieri)
Come le Foglie – chirarre, voci e percussioni; Keith Easdale – Tin whistle e violino
05.         Fontana del dolor (A. Cavallini)
Matteo Carbognani- voce, chitarra acustica; Leonardo Barbieri – chitarra elettrica; Corrado Cantoni – batteria; Nicolas De Francesco – basso; Fiorenzo Fuscaldi – percussioni; Roberto Nassini – fisarmonica e tastiere
06.         Il rumore del silenzio (R. Sarti)
Renato Sarti (Teatro della Cooperativa), voce; Renato Franchi, musica
07.         La fontana (P. Archetti Maestri)
Paolo Archetti Maestri – voce, chitarra acustica ed elettrica; Eugenio Merico – batteria; Chiara Giacobbe – tamburello; Andrea Cavalieri – basso; Simone Lombardo – cornamusa, flauto basso; Dario Mecca Alenia – synth
08.         Oggi no (Andreacarlo)
Andreacarlo – voce, chitarra acustica; Francesco Bacigalupo – percussioni; Alessandro Diegoli – batteria
09.         A Milano vado poco (Claudio Ravasi)
Paolo Raimondi – voce; Roberto D’Amico – basso; Renato Franchi – musica
10.         Un ferroviere (D. Ridolfi)
Daniele Ridolfi – voce, armonica, ukulele
11.         Popolo unito (L. Lanzi)
Casa del Vento
12.         La prima strage di Stato (S. Piccardi)
Silvano Piccardi, voce
13.         La ballata di Pinelli (G. Barozzi/F. Lazzarini/D. Mora/U. Zavanella)
Alessio Lega – voce, chitarra; Guido Baldoni – fisarmonica; Rocco Marchi – basso
14.         Piazza Fontana (C. Bernieri)
Banda degli Ottoni a Scoppio
15.         Non è finita (M. Ovadia)
Moni Ovadia – voce; Roberto Nassini – fisarmonica
16.        Via Italia (M. e S. Severini)
Marino Severini – voce, chitarra; Sandro Severini – chitarra elettrica

Piazza Fontana – foto di Giovanni Dall’Orto