Piazza Fontana – La strage e Pinelli è il titolo di un’antologia poetica dedicata ai tragici fatti del dicembre 1969

Il corpo di Giuseppe Pinelli
continua a cadere dal quarto piano d’ogni edificio italiano
ogni giorno per ogni donna italiana
che nella voce di vita del suo corpo protesta contro questo cadere
uguale al suo stesso cadere ai piedi d’ogni uomo italiano
mente femminile serrata in sottomissione

Il corpo di Giuseppe Pinelli
ancora e ancora cade dal quarto piano
d’ogni palazzo del privilegio
emblema d’un popolo ridotto al silenzio

Il corpo di Giuseppe Pinelli
è buttato giù dal quarto piano del cielo
ogni giorno per ogni lavoratore italiano
con la sua vita buttata via
dal lavoro forzato che uccide

Il corpo di Giuseppe Pinelli
giace sprecato sul selciato
tragico rifiuto
come i corpi di tutti i disoccupati
stivati da capitale e stato nei campi di concentramento della povertà

Il corpo di Giuseppe Pinelli
è cacciato fuori dalla finestra d’una piramide
da sicari militari che brindano a princìpi
scritti su tavole di pietra e pergamene
tenuti assieme da ganci di morte

(Julian Beck, Pinelli-Baader Manifesto, 1979)

Licia e Giuseppe Pinelli con le figlie Silvia e Claudia

Sono passati 54 anni dalla morte di Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico precipitato in circostanze mai chiarite da una finestra della Questura di Milano il 15 dicembre 1969. L’uomo si trovava in stato di fermo da tre giorni ed era stato sottoposto a pressanti interrogatori relativi alla presunta responsabilità degli anarchici nell’esplosione di Piazza Fontana. Verso mezzanotte Pino, così lo chiamavano tutti, cadde dal quarto piano, ufficialmente per un “malore attivo”, come dichiarò il giudice D’Ambrosio – l’ipotesi del suicido, sostenuta inizialmente dalla polizia che lo teneva in custodia, venne smentita – ma, presumibilmente, venne gettato giù da coloro che erano con lui nella stanza. Il commissario Calabresi, che lo aveva convocato personalmente, in quel momento – pare – non si trovava nel locale.
Sulla morte di Pinelli non è mai emersa una verità accertata, nonostante la coraggiosa battaglia per la giustizia portata avanti dalla moglie Licia, dalle figlie Silvia e Claudia e da una parte della società civile, della stampa, di molti intellettuali, dei movimenti libertari e democratici. La “doppia versione” dei fatti (“morte accidentale” o assassinio) ha poi preso forma, come è noto, nella realizzazione di due lapidi commemorative in Piazza Fontana a Milano: quella istituzionale, con l’ambigua scritta “innocente morto tragicamente”, e quella voluta dai compagni anarchici, che reca la dicitura “ucciso innocente”.

La verità su Giuseppe Pinelli (riconosciuto, nel 2009, dall’allora presidente della repubblica Giorgio Napolitano come diciottesima vittima della strage del 12 dicembre 1969) era emersa, fin da subito, tra la gente comune: nei circoli, nei movimenti operai e giovanili, nelle forme spontanee di espressione come la canzone. Così, il 21 dicembre, il giorno dopo il funerale di Pino, quattro giovani (G. Barozzi, F. Lazzarini, U. Zavanella, D. Mora) del circolo “Gaetano Bresci” di Mantova improvvisarono, sulla melodia della celebre Il feroce monarchico Bava, la composizione La ballata del Pinelli, in cui l’uccisione del ferroviere veniva esplicitamente denunciata. La canzone, di cui esistono diverse versioni, è stata incisa, tra gli altri, da Claudio Lolli. Una recente incisione di Alessio Lega è poi presente nell’album collettivo 17 fili rossi + 1, dedicato alla strage della Banca dell’Agricoltura e alla tragica fine dello stesso Pino.
La vicenda di Pinelli, uno dei tanti episodi che si collocano nell’oscuro disegno della “strategia della tensione”, ha ispirato innumerevoli opere, dalla saggistica al teatro (Morte accidentale di un anarchico di Dario Fo, 1970),  al cinema, con numerose rappresentazioni, fino all’arte figurativa: celebre è la monumentale installazione I funerali dell’anarchico Pinelli di Enrico Baj, rimasta lungamente senza una collocazione.

I funerali dell’anarchico Pinelli di Enrico Baj (1972)

Di recente Angelo Gaccione, scrittore milanese d’adozione e curatore – tra le tante sue attività – del periodico di argomento letterario Odissea, ha deciso di indagare l’universo poetico al fine di realizzare un volume antologico che omaggiasse, con i tributi di autori noti e meno noti, la figura del ferroviere anarchico e delle vittime della bomba del 12 dicembre 1969. Così, pochi mesi fa, ha visto la luce Piazza Fontana – La strage e Pinelli: la poesia non dimentica, edito da Interlinea Edizioni. Il libro si avvale di preziosi contributi: oltre ad un’introduzione dello stesso Gaccione, in cui viene raccontata la genesi dell’opera, è presente un’introduzione del magistrato Guido Salvini, a lungo impegnato nel processo su Piazza Fontana; a seguire, una testimonianza di Silvia Pinelli, un excursus storico sulla strage del 12 dicembre a firma del presidente dell’ANPI regionale Roberto Cenati ed una riflessione di Federico Sinicato, presidente dell’Associazione Piazza Fontana 12 dicembre ’69, che rappresenta i familiari delle vittime.
Sulla copertina è stata riprodotta una tavola inedita di Dario Fo intitolata Volo dell’anarchico, realizzata per il manifesto dello spettacolo Morte accidentale di un anarchico, che debuttò il 10 dicembre 1970 nel capoluogo lombardo.

“Pinelli amava, tra le altre cose, anche la poesia, ma mai avrebbe immaginato che ne sarebbe diventato il soggetto” ha dichiarato la figlia Silvia. E a questo proposito la ricerca di Gaccione sui componimenti poetici dedicati al ferroviere e a Piazza Fontana si è articolata in due momenti: a ridosso dei fatti, nei primi anni Settanta, e in tempi recenti. I testi, tra editi e inediti, d’epoca o di attualità, sono in totale 42.
Il volume si apre con Patmos, la lunga orazione funebre dedicata ai morti nella Banca dell’Agricoltura, scritta di getto da Pier Paolo Pasolini tra il 13 e il 14 dicembre 1969 mentre si trovava sull’isola greca dove l’evangelista Giovanni scrisse il libro dell’Apocalisse. In essa vengono delineati dei vividi ritratti dei caduti, con i loro nomi, le loro abitudini di vita, i loro affetti, intervallati da brani del libro biblico.
Un altro illustre poeta che volle dedicare i suoi versi ai tragici eventi fu Giovanni Raboni, con le quartine di L’alibi del morto, composta subito dopo la morte di Pinelli. Ma anche Roberto Sanesi, tra il 17 e il 18 dicembre, volle ricordare L’agonia dell’anarchico Pinelli. Nel 1972, anche Pietro Valpreda, inizialmente accusato ingiustamente come autore materiale della strage, volle realizzare (nelle sue Poesie dal carcere) un tributo in versi al compagno ucciso.

Pinelli assassinato – opera grafica di Giovanni Tagliavini

Il nucleo centrale del libro è invece costituito da liriche, in parte finora inedite, scritte tra gli anni Settanta e i Duemila. Su tutte spicca il lungo poema Pinelli -Baader Manifesto, firmato da Julian Beck, fondatore del Living Theatre e portato a compimento nel 1979. Il testo è stato più volte portato in scena da diverse compagnie teatrali ed è stato pubblicato solo nel 1993, su A-Rivista Anarchica, nella traduzione di Serena Urbani. La poesia è spiazzante per la sua straordinaria attualità: le sue parole contro i “signori della guerra”, il patriarcato, lo sfruttamento dei lavoratori non risultano affatto datate e denunciano l’autoritarismo, la repressione, l’alienazione. In esso si fa riferimento anche ad un infortunio sul lavoro che costò la vita a sette operai:

Il corpo di Giuseppe Pinelli
cade come le speranze dei bambini
quando imparano che la vita dal dolce sapore
diventerà dalle otto di mattina alle otto di sera
come morte dal sapore di metallo paga zuppa denaro
quando verrà il loro turno di trovarsi un lavoro
ed essere cacciati fuori dalla finestra della vita

Il corpo di Giuseppe Pinelli cade
come la risposta delle autorità porta in faccia
alla richiesta del permesso d’aver sentimenti

Il corpo di Giuseppe Pinelli che cade
è l’eclisse di dio
l’oscuramento delle sante possibilità

Il corpo di Giuseppe Pinelli che cade
è il cibo faticosamente prodotto dai contadini
finché il cielo della loro vita s’è dissanguato all’orizzonte ed è sparito
è il cibo che viene poi sprecato
nelle fogne d’ammassi inceneritori istituzionali strategie di prezzi e mercati

Il corpo di Giuseppe Pinelli
è il corpo di tutti noi
che abbiamo spiato tra le fessure del crepuscolo

Il corpo di Giuseppe Pinelli che cade
è il corpo di sette lavoratori sette poeti caduti questa mattina
dalla finestra d’una fabbrica quando tutto è saltato in aria
chimica di morte valvole difettose e moralità
corpi buttati come zavorra da un sistema che non sa amare abbastanza i corpi…

Ricordiamo che Beck incluse il poema nella sua raccolta Songs of the Revolution e che il 12 dicembre 2020 un’installazione luminosa intitolata IV Piano costituita da una strofa della poesia e da una figura ispirata al Pinelli dell’opera di Baj venne proiettata sulla facciata della Banca dell’Agricoltura.

Le altre liriche variano per lunghezza, periodo di composizione e, ovviamente, stile; sono presenti, tra le tante, anche una poesia ambientata a Napoli, Portici 18 dicembre 1969, di Vincenzo Guarracino, una in dialetto siciliano (D’amuri e di duluri) di Giovanni Canzoneri ed una scritta da Claudia Pinelli (Omaggio). Quest’ultima è dedicata alla madre Licia e alla sua instancabile battaglia per la verità:  

I muri di falsità e di omertà non si sono sgretolati,
Ma si sono incrinati,
Lasciando intravedere la luce.
E tu ci sei, come una piccola goccia d’acqua, persistente,

Sconfitta, ma non vinta.

Di grande interesse è infine lo scritto che chiude il libro, Odissea di una lapide, curato dal Circolo AnarchicoPonte della Ghisolfa” e dall’Osservatorio democratico sulle nuove destre. La prima pietra commemorativa dedicata al ferroviere risale al 1977 e recava la scritta “ucciso innocente”: fu voluta dagli anarchici e dagli antifascisti. Negli anni Ottanta si parlò più volte di un’eventuale rimozione della lapide ed ebbe inizio una vera e propria odissea, dato che la pietra fu trafugata, ripristinata e vandalizzata a più riprese. Nel 2004, la giunta Albertini sostituì la stele recante la scritta “ucciso innocente” con un’altra, con la dicitura “morto tragicamente”. Dopo 4 giorni, l’originale venne riposizionato accanto alla nuova installazione e da allora, nonostante polemiche, proteste ed ulteriori atti di vandalismo, le due lapidi “convivono” a voler simboleggiare due versioni dei fatti: verità e falsità, sete di giustizia e insabbiamento dei reali accadimenti.

«Questa raccolta di poesie traduce il senso di una memoria che attraversa le generazioni, travalica le montagne di menzogne e si apre a quell’orizzonte in cui Pino credeva: sospende nell’aria quel suo cadere, uscendo dai confini del tempo».

Le parole di Silvia Pinelli riassumono efficacemente l’intento del volume: la poesia, la musica e l’arte, in tutte le sue espressioni, sono depositarie di quell’autenticità a cui l’essere umano difficilmente riesce a pervenire attraverso la razionalità. E le opere artistiche, molto più delle sentenze di tribunali, hanno espresso in questi ultimi 54 anni la necessità di non dimenticare mai e di chiedere giustizia per quanto accaduto a Pino Pinelli e a tutte le vittime della strategia della tensione.

Locandina di un evento di presentazione del libro – Gallarate, 20 gennaio 2024, CUAC