Si ricorda oggi, con momenti conviviali in tutta Italia, l’episodio della “pastasciutta antifascista” organizzata dalla famiglia Cervi

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25 luglio: per coloro che si riconoscono nei valori dell’antifascismo questa è una ricorrenza importante. Una data che richiama un momento di festa, di convivialità, di condivisione di speranze in un futuro di libertà, democrazia e giustizia. 79 anni fa, nel 1943, in questo giorno, a Campegine (RE), la famiglia dei sette fratelli Cervi (protagonisti, come è noto, di uno dei tanti drammatici episodi che ebbero luogo durante il lungo processo di liberazione dal fascismo) organizzò un pranzo a base di pasta al burro e parmigiano che venne offerta a tutti gli abitanti del paese. È quella che viene ricordata come la “Pastasciutta antifascista” e che ogni anno viene celebrata con iniziative in tutta Italia nella settimana a cavallo della storica data. Si tratta di una tradizione molto sentita, legata ad un momento fondamentale della storia del nostro Paese.

Proprio il 25 luglio del 1943, a seguito della riunione del Gran Consiglio del Fascismo, Mussolini venne destituito dopo 21 anni di dittatura del suo partito, ed il re Vittorio Emanuele III designò il maresciallo dell’esercito Pietro Badoglio come nuovo capo del governo. La notizia si diffuse rapidamente e giunse anche a Campegine, in provincia di Reggio Emilia, in quella Pianura Padana dove l’antifascismo era diffuso grazie all’operato di figure come quelle, appunto, dei sette fratelli Cervi. La storia di questi ultimi, una delle pagine più note e tragiche degli anni del secondo conflitto mondiale, è stata narrata tante volte: dal padre Alcide nel volume “I miei sette figli”, pubblicato nel 1955; da Adelmo, figlio di Aldo, terzogenito dei sette, nel suo libro “I miei sette padri”; nel film di Gianni Puccini del 1968, con Gian Maria Volonté nel ruolo di Aldo; in numerosi brani musicali (tra i quali quelli di Gang, Casa del Vento, Mercanti di Liquore, Filippo Andreani) ma anche nelle poesie di Salvatore Quasimodo e di Gianni Rodari.

Quel giorno di fine luglio i Cervi non vennero immediatamente a conoscenza della notizia della caduta di Mussolini perché erano impegnati, come sempre, nel lavoro dei campi, ma sulla via del ritorno a casa incontrarono numerose persone entusiaste per l’accaduto. Sebbene ci fosse la consapevolezza del fatto che la guerra non era davvero terminata, la famiglia decise di festeggiare l’evento, che rappresentava uno spiraglio di pace dopo 21 anni di regime fascista e quattro anni di guerra, organizzando un grande banchetto. “Si procurarono la farina, presero a credito burro e formaggio dal caseificio e prepararono chili e chili di pasta. Una volta che questa fu pronta, caricarono il carro e la portarono in piazza a Campegine, pronti a distribuirla alla gente del paese. Fu una festa in piena regola, un giorno di gioia in mezzo alle preoccupazioni per la guerra ancora in corso” (dal sito https://www.istitutocervi.it/2020/06/25/lorigine-della-pastasciutta-antifascista/).

Adelmo Cervi descrive nel suo libro quella memorabile, caldissima giornata, dal clima rovente come quello di queste settimane d’estate 2022:

Fa caldo, quel caldo pesante e pieno di afa che è una specialità della Bassa, quello che ci sudi fuori tutta l’acqua del pozzo e tutto il vino della vigna… Bidoni pieni di pastasciutta… Chili e chili di farina impastati a mano dalle donne dei Campi Rossi con l’aiuto di qualche vicina. Pasta messa a bollire nei pentoloni sotto lo sguardo del vecchio Alcide… Chili di burro giallo e grasso e un diluvio di grana grattato sopra”. Per festeggiare la caduta del regime fascista, la famiglia Cervi ha organizzato a casa propria un banchetto a cui accorre gente da tutto il paese. Racconta Adelmo (immaginando tutta la scena, perché lui nacque esattamente un mese dopo, il 24 agosto 1943): “la gente si fa sotto… col piatto, con la scodella, con la zuppiera. Con le mani… Arriva del vino. Arriva il contadino, il calzolaio, il postino, la sarta…” arrivano anche i carabinieri e persino un ragazzo in camicia nera, ma un piatto di pasta viene offerto anche a lui. La narrazione prosegue: “All’ombra dei platani anche il caldo sembra meno caldo e il sudore poi si asciugherà. I Cervi danno da mangiare a tutti. Finché ce n’è. E per oggi il tempo sembra fermo, in questa piazza di paese di campagna. Sventola anche una bandiera rossa, tirata fuori da qualche cassettone dov’era sepolta, ma davvero sembra solo un simbolo di festa, un papavero in un campo di frumento. Domani la storia si rimetterà in moto. Ma oggi, per piacere, lasciateci mangiare in pace”.

L’improvvisato momento conviviale fu per i Cervi e per tutta la cittadinanza di Campegine non soltanto un’occasione per fare festa, ma anche per riappropriarsi della piazza del paese, che negli anni era stata utilizzata prevalentemente per i comizi di partito e per le adunate fasciste, con il divieto di assembramento per ritrovi di altra natura. L’intervento dei Carabinieri per disperdere la folla fu incerto, dato che la situazione attuale non era chiara, pertanto gli stessi militari finirono per unirsi alla tavolata.

Al momento di gioia, purtroppo, fecero seguito numerosi drammatici episodi a seguito di sollevazioni popolari. Solamente tre giorni dopo, il 28 luglio, i fascisti trucidarono nove operai delle Officine Reggiane. I sette fratelli, poi, vennero fucilati per rappresaglia dai repubblichini esattamente cinque mesi dopo, il 28 dicembre 1943. La seconda metà di quell’anno era stata densa di avvenimenti: dopo l’8 settembre, data in cui Badoglio firmò l’armistizio con le forze alleate a Cassibile, la casa colonica dei Cervi, situata nella località dei Campi Rossi, tra Campegine e Gattatico, era diventata un rifugio per ribelli, resistenti e fuggiaschi di ogni nazionalità. Il 25 novembre Casa Cervi era stata assalita dai fascisti che l’avevano individuata come luogo chiave perché sede di una “banda” antifascista; stalla e fienile erano stati dati alle fiamme, quindi la resa era inevitabile. Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore, il padre Alcide, il compagno di lotta Quarto Camurri ed alcuni ribelli stranieri vennero arrestati. L’epilogo è tristemente noto: i sette fratelli e Camurri caddero sotto gli spari alle 6.30, un mese dopo, al poligono di tiro di Reggio Emilia. Il momento dell’arresto viene così descritto da Marino Severini nel celebre brano dei Gang, La pianura dei sette fratelli:

Nuvola, lampo e tuono,
Non c’è perdono per quella notte
Che gli squadristi vennero
E via li portarono coi calci e le botte.
Avevano un saluto
E, degli abbracci, quello più forte,
Avevano lo sguardo,
Quello di chi va incontro alla sorte.

Sandro e Marino Severini con Adelmo Cervi

Tornando alla tradizione della pastasciutta, quest’ultima, come si è detto rivive ogni anno in tutta Italia: in centinaia di città sono state organizzati, sia nel weekend appena trascorso che nella giornata di oggi, pranzi e cene in memoria dello storico banchetto. Ma anche all’estero ci sono delle località in cui la ricorrenza viene celebrata. Ovviamente la rievocazione più importante si terrà a Campegine, a Casa Cervi, con una grande festa che, oltre alla cena, comprenderà gli interventi delle autorità locali e momenti di musica e spettacolo. Casa Cervi è da molti anni un museo – l’Istituto Alcide Cervi è stato fondato nel 1972 – e, tra le numerose iniziative che vi si organizzano, la principale è la commemorazione del 25 aprile.

Così Pietro Calamandrei, nel 1954, riassunse la vicenda dei Cervi:

“La storia della famiglia Cervi, meglio di ogni altra, riassume in sé gli aspetti più umani, più naturali e più semplici della Resistenza, e insieme i suoi aspetti più puri e spirituali e, direi perfino più celestiali: questa famiglia patriarcale di agricoltori emiliani, composta del padre contadino e di sette figli contadini, la quale, subito dopo l’armistizio, nell’ora delle generali perplessità, si trovava tutta unita e concorde fin dal primo giorno, senza un attimo di esitazione, dalla parte della libertà e della riscossa, dando l’impressione, più che di un gruppo di uomini, tenuti stretti da un comune senso di solidarietà, di una perfetta fusione di volontà, da cui nasce una ripartizione di compiti coordinati da una coscienza unica e dal senso di responsabilità, quale non può trovarsi che in una persona sola.”

Ed è dunque nel loro nome, e nel loro ricordo, che tutti gli anni, il 25 luglio, in tutta Italia ci si riunisce per celebrare quell’episodio di festa che preludeva a tanti drammatici eventi. Tra momenti conviviali all’insegna di un cibo semplice che però ha il potere di unire tante persone, accomunate dalla condivisione dei medesimi valori, alla stessa tavola, concerti ed altre iniziative culturali, la calda giornata estiva riporta in vita nel cuore e nella mente di molti queste figure fondamentali della storia italiana. Queste le parole poetiche del brano Campi Rossi della Casa del Vento:

… e anche ora se ci hanno tagliato
sette piante dai fiori rossi
verrà un giorno che raccoglierà
nuovi fiori nei Campi Rossi

I miei sette fiori smisero di ondeggiare
ma i loro semi saprò far sbocciare
dopo ogni raccolto ne verrà un altro
dai Campi Rossi ne verrà un altro…