Oggi, 6 agosto 2020, Andy Warhol avrebbe compiuto 92 anni e per l’occasione condivido qui i miei articoli usciti nel mese di aprile 2020 su ArtOverCovers (www.artovercovers.com), relativi alla progettazione e realizzazione di copertine di dischi da parte dell’eclettico artista e dei suoi collaboratori.
La produzione di artwork di album da parte del padre della Pop Art fu intensa e proficua e copre lo spazio di oltre un quarantennio, dal 1949, in cui il giovane Andy era uno squattrinato artista in cerca di notorietà, fino al 1986, poco prima della sua morte. A questo settore dell’arte di Warhol è dedicato il volume di Paul Marechal Andy Warhol – The Complete Commissioned Record Covers, edito da Prestel.


Warhol si inserì attivamente nel mondo dello showbiz newyorchese e fu amico e collaboratore di numerosi musicisti: non solo dei Velvet Underground, che furono da lui lanciati nell’Olimpo delle rockstar, ma anche di personaggi già affermati come John Lennon, Yoko Ono, Elton John. Molti artisti emergenti o in cerca di nuovi stimoli, come Loredana Bertè e Miguel Bosé negli anni Ottanta, si rivolsero a loro volta ad Andy e alla sua Factory per la realizzazione di copertine di album e videoclip e videro la loro popolarità ulteriormente consolidata.

Se uno degli assunti della Pop Art e dello stesso Warhol è quello di considerare l’opera d’arte come un prodotto seriale, il disco rappresenta indubbiamente un oggetto che, venduto in centinaia di migliaia di copie ad un prezzo accessibile, ha la massima diffusione tra un pubblico vasto e variegato e diventa pertanto il veicolo di diffusione per eccellenza di questa concezione artistica. La carriera di Warhol in questo settore si snoda lungo l’arco di trentotto anni, durante il quale anche il supporto fonografico si evolve, dal 78 giri al 33 giri, al 45 giri fino al compact disc. L’evoluzione della tecnologia musicale va quindi di pari passo con le tappe della carriera dell’ artista.
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Gli anni Sessanta e Settanta sono quelli in cui la Factory di Andy Warhol produce le copertine più note di sempre, accanto a progetti meno conosciuti dal grande pubblico. I Sixties sono indubbiamente un periodo di fervente attività per Warhol e il suo entourage. Le immagini realizzate spaziano attraverso generi, artisti e produzioni molto differenti tra loro. Il decennio si inaugura con la cover della registrazione di un reading del poeta Tennessee Williams (1960), per poi proseguire con la già citata raccolta di interviste “Giant Size $ 1.57 Each” che vira nettamente in direzione della Pop Art (1963), passando per i due dischi del cabarettista John Wallowitch e i relativi esperimenti con le istantanee da cabina (1964).
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Il 1981 fu un anno di intensa attività per Andy Warhol e la sua Factory in vari ambiti artistici e visuali e, ovviamente, nel settore dell’artwork per i dischi, in cui Andy vantava ormai oltre trent’anni di esperienza. La copertina più celebre tra quelle realizzate in questo periodo fu Liza Minnelli – “Live at Carnegie Hall”, basata su un ritratto della cantante statunitense risalente a tre anni prima e considerato uno dei suoi migliori dopo quello di Marylin Monroe.


Ma i collaboratori di Warhol operarono anche per artisti meno conosciuti sulla scena internazionale, che grazie all’incontro con l’eclettico Andy acquisirono ulteriore visibilità in tutto il mondo. È il caso di Loredana Bertè, interprete già affermata in Italia da diversi anni per le sue straordinarie doti vocali, il look trasgressivo e la prorompente personalità: una perfetta musa, quindi, per il padre della Pop Art. In vacanza a New York con il compagno Mario Lavezzi, produttore discografico, la cantante calabrese ebbe la fortuna di imbattersi in Warhol nel negozio “Fiorucci” e fu da lui invitata alla Factory. I due divennero grandi amici e, durante il suo soggiorno newyorkese, Loredana fu spesso sua ospite e preparava per lui tortellini ed altre specialità italiane, tanto da meritarsi il soprannome di “Pasta Queen”.
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Per un “golden boy” come Miguel Bosè, figlio d’arte (i suoi genitori erano, come è noto, il torero Luìs Miguel Dominguìn e l’attrice italiana Lucia Bosè), vissuto in un ambiente in cui Picasso e Hemingway erano amici di famiglia e Luchino Visconti era suo padrino, una collaborazione con un artista come Andy Warhol fu quasi d’obbligo in un periodo come gli anni Ottanta. Il giovane cantante spagnolo era reduce dallo straordinario successo degli anni precedenti, ottenuto grazie a brani come “Super Superman” e “Bravi Ragazzi”, che ne avevano fatto l’idolo delle teenager in Spagna, in Italia e nei Paesi latinoamericani.


I produttori volevano dare una svolta alla carriera di Miguel e dunque, per il mercato iberico e ispanoamericano, venne progettato un album di inediti in lingua spagnola, con un sound più latino rispetto a quello degli album precedenti, che contenevano anche canzoni in inglese. Una cover firmata da un personaggio di spicco come Warhol avrebbe inoltre contribuito a segnare, secondo i discografici, un’altra luminosa tappa della carriera di Bosè, fino a quel momento costellata di successi. Fu così che Miguel e Andy si incontrarono il 1 aprile 1983 per realizzare dei ritratti fotografici dai quali, in seguito, il pittore avrebbe preso spunto per l’artwork dell’album.
Una delle rockstar più famose della storia come John Lennon ed un autore di opere iconiche come il padre della Pop Art Andy Warhol non potevano non incontrarsi. I due si frequentarono a New York negli anni Settanta; si erano conosciuti, ovviamente, grazie alla consorte di Lennon, Yoko Ono, artista d’avanguardia ben introdotta negli ambienti culturali e nel jet-set della Grande Mela. Dell’amicizia tra i tre ci restano una serie di istantanee e qualche sporadica testimonianza. Eredità di questa relazione è poi la copertina disegnata da Warhol di un disco postumo di John, “Menlove Ave.”, pubblicato nel 1986.
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