Renato Franchi & His Band in un sentito e originale tributo a Battiato allo Spazio Gloria di Como

Il tempo perduto, chissà perché
Non si fa mai riprendere
I linguaggi urbani si intrecciano
E si confondono nel quotidiano…
Peccato che io non sappia volare
Ma le oscure cadute nel buio
Mi hanno insegnato a risalire…

E mi piaceva tutto della mia vita mortale
Noi non siamo mai morti
E non siamo mai nati

We never died
We were never born

Questi versi, tratti dal brano del 2012 Testamento, testimoniano come Franco Battiato sia stato un personaggio straordinario, unico per la sua profonda spiritualità e per la sua incessante attività di ricerca, condotta fino all’ultimo a livello artistico e personale. Ad un anno dalla sua morte il cantautore ha lasciato un vuoto incolmabile e proprio per questo motivo ha suscitato da parte di molti musicisti e intellettuali il desiderio di rendere omaggio alla sua opera con documentari, pubblicazioni e concerti che si sono moltiplicati in quest’ultimo periodo.

Ho avuto modo più volte, e ci saranno a breve altre occasioni, di parlare di alcune di queste iniziative e di personaggi legati alla vicenda musicale e umana di Franco. Un originale e suggestivo tributo è stato quello andato in scena ieri, sabato 28 maggio 2022, allo Spazio Gloria di ComoCircolo Arci Xanadù da parte di Renato Franchi & His Band, dal titolo “Io, sì, avrò cura di te… suggestioni cosmiche per Franco Battiato”. Il gruppo ha messo in scena un percorso musicale non cronologico, ma estremamente significativo, rievocando la produzione dell’artista siciliano tra canzoni, aneddoti e coreografie.

Il songwriter legnanese, che sta riscuotendo lusinghieri risultati con il suo ultimo album Mi perdo e m’innamoro e che di recente ha ottenuto notevole successo sullo stesso palco del cineteatro comasco nella serata dedicata a Fabrizio De André, si è presentato in versione “full band” con il suo ensemble composto dal percussionista Gianfranco D’Adda, presenza di rilievo in quanto membro della sezione ritmica di Battiato per quasi trent’anni, e poi Viki Ferrara alla batteria, Umberto De Paolis al violoncello, Dan Shim Sara Galasso al violino, Gianni Colombo (pianoforte, tastiere e organo Hammond), Roberto Nassini (fisarmonica e tastiera) e Joselito Carboni (chitarra elettrica e basso).

Opening act della serata, il quartetto lecchese Lucernari, che ha offerto una raffinata interpretazione di due sofisticati brani quali Berlin Alexanderplatsz e Chanson Egocentrique; a seguire il cantautore Andreacarlo ha proposto una propria composizione, Stella, e poi Tutto l’universo obbedisce all’amore, canzone del 2008 che Battiato cantò in duetto con Carmen Consoli.

La particolarità del tributo realizzato da Franchi e dai suoi musicisti consiste nell’aver abbinato canzoni scelte tra grandi successi e qualche rarità a brevi momenti di narrazione e alla danza, con le eleganti coreografie di Elena Lago, sospese tra intensa drammaticità e una teatralità a tratti fortemente emotiva, a volte ironica e liberatoria. La performance si è aperta con un assolo della danzatrice sulle note della versione originale del brano L’ombra della luce. Il velo nero che la avvolgeva, in un continuo celare e disvelare, voleva simboleggiare l’alternarsi delle “forze contrarie”: la pace e la gioia terrena, secondo il musicista catanese, sono soltanto, infatti, “l’ombra della luce”, perché nessuna esperienza tangibile è paragonabile alla beatitudine che deriva dalla fusione con il divino.

In scaletta, una carrellata di brani immancabili, con l’alternarsi di Franchi e Ferrara alle voci, come Sentimiento Nuevo, Cuccuruccucu Paloma, Un Patriots To Arms, Bandiera Bianca, L’animale. Ma anche È l’amore, il pezzo con il quale, nel 1968, l’esordiente Battiato partecipò a “Settevoci” ottenendo un discreto successo, qualificandosi, per un breve periodo, come interprete di canzoni pop, fino alla sua svolta sperimentale che ebbe luogo nel 1971 e della quale anche D’Adda fu protagonista. E poi L’era del cinghiale bianco, brano che rimanda alla cultura celtica dalla quale riprende il simbolo dell’animale, ma che si caratterizza anche per le variazioni di tempo, il testo frammentario ed il memorabile assolo di violino. Tra le parti narrative, la lettura del testo della già citata Testamento ed il ricordo del primo incontro tra Franco Battiato, Gianfranco D’Adda e lo stesso Renato Franchi.

Densa di emozioni la coreografia che ha quindi accompagnato La cura, una delle canzoni più amate del repertorio del cantautore, in cui i ballerini (la stessa Lago, Silvia Macchi, Francesca Perale e Matteo Effimeri) hanno rappresentato l’urgenza dell’essere umano a dare e ricevere affetto. Festosa e coinvolgente, invece, l’interpretazione di Voglio vederti danzare, in cui il quartetto, avvolto in tute nere e in guanti luminosi, ha incantato il pubblico con sinuosi movimenti di scie colorate per poi coinvolgerlo nella danza, invitando alcune persone della platea ad unirsi a loro.

Quattro viaggiatori o esploratori, muniti di torce elettriche, erano invece la controparte visiva e coreografica di un brano che parla di viaggi ideali e reali come I treni di Tozeur. Franchi ha poi interpretato un brano di grande attualità per le amare considerazioni che esprime sulla situazione socio-politica del nostro paese, vale a dire Povera patria, e subito dopo, con grande partecipazione emotiva, due canzoni straordinarie per la loro capacità di descrivere il sentimento amoroso, quali La sua figura e La stagione dell’amore.

La band ha anche proposto due brani del proprio repertorio, Incanto e Angeli nel vento. La conclusione è stata affidata a E ti vengo a cercare, un altro pezzo dall’altissima intensità, autentico manifesto poetico di ricerca spirituale che si manifesta nell’incontro con l’Assoluto e non soltanto, come potrebbe apparire ad una prima lettura, una splendida canzone d’amore.

Gran finale, quindi, con un brano trascinante come Centro di gravità permanente, anch’esso impreziosito da una coinvolgente coreografia. Il riferimento contenuto nel testo, come è noto, è al filosofo armeno Gurdjeff, considerato da Battiato una guida spirituale, e all’esigenza da parte dell’essere umano di risvegliarsi dal proprio stato di incoscienza e di riconoscere se stesso e le radici della propria essenza, obiettivo raggiungibile solo con un incessante lavoro su di sé. La genialità del musicista, però, è stata quella di inserire questo messaggio in un brano che contiene tanto una colta allusione a Matteo Ricci, il “gesuita euclideo” che nel 1660 fu ammesso alla corte dell’Imperatore della Cina, quanto ironiche allusioni al panorama musicale (cori russi, la musica finto rock, la new wave italiana, il free jazz punk inglese… ) con una melodia accattivante e di presa immediata sull’ascoltatore.

Molto accurato il lavoro svolto da Gianni Colombo sugli arrangiamenti dei brani e particolarmente riuscito il contributo fornito dalla sezione degli archi per un sentito tributo che era già andato in scena, in anteprima assoluta, lo scorso dicembre nella chiesa parrocchiale di Rescaldina e che merita di essere riproposto per l’originalità e il valore del suo contenuto. Questo periodo, dunque, si configura, grazie a questa e ad altre iniziative, come una autentica “stagione dell’amore” nei confronti di Franco Battiato, artista e uomo che ha lasciato una traccia indelebile nel panorama musicale contemporaneo.