Intervista a Lemuri il Visionario, musicista che si esprime attraverso molteplici linguaggi artistici
http://www.lemurivisionario.com
Il mondo è un gigantesco palcoscenico. Ogni uomo ed ogni donna, nessuno escluso, recita la sua vita… Si entra in scena in un giorno qualunque, nudi e piangenti, senza nessun copione, e pian piano s’impara il grande gioco dell’esistenza... Ogni ruolo costa fatica e sacrificio. Io ho scelto di essere sincero. È la mia maschera. Soltanto quando la indosso riesco a raccontare la mia verità. Interpreto il ruolo di un sognatore caparbio ed incallito. Seguo una strada controcorrente e cerco, a modo mio, di essere diverso e se alla fine avrò perso… sarà stato comunque diverso.
Questa affermazione di ascendenze shakespeariane (“All the world’s a stage/ And all the men and women merely players; /They have their exits and their entrances /And one man in his time plays many parts…” – As You Like It, atto 2, scena 7) esprime la visione della vita di Lemuri il Visionario, musicista e performer che ha scelto di esprimersi attraverso la parola, il gesto e l’immagine. L’artista si è rivelato tra le proposte più interessanti incluse nella rosa dei finalisti del concorso “L’Artista che non c’era”, indetto da “L’Isola che non c’era/ L’Isola della Musica italiana” e giunto alla diciannovesima edizione. La carismatica presenza scenica di Lemuri, che unisce canzone e teatralità, e i testi dei suoi brani, improntati all’esistenza di un alter ego che contrappone la propria autenticità alla superficialità del mondo circostante, lasciano presagire che si tratti di un personaggio tutto da scoprire.

Dopo la militanza nel gruppo rock “Futuritmi” di Pordenone, la sua città di origine, un album da solista ed una presenza come autore al festival di Sanremo con il brano Chi sei non lo so, scritto per Verdiana nel 2003, Vittorio Centrone (questo il suo vero nome) si è sperimentato nel 2008 in qualità di attore e cantante nel musical Karma Party e nello spettacolo Chroma, dedicato al regista Derek Jarman. In seguito a queste esperienze, basate sulla commistione di differenti linguaggi espressivi, è nato il personaggio di Lemuri, artista visionario e affascinante, che è poi diventato il protagonista di un fumetto e di un’opera rock. Ma lasciamo che sia lui stesso a raccontarcelo…

Ciao Vittorio, benvenuto nel mio blog! Per prima cosa, volevo chiederti quando, esattamente, è nato il personaggio di “Lemuri” e da dove deriva il suo nome.
In realtà questo nome mi appartiene fin da ragazzino. Devi sapere che in quel fantastico mondo che si creò a Pordenone a cavallo tra la fine degli anni 70’ e i primi ’80 chiamato Great Complotto nessuno veniva chiamato con il proprio nome di battesimo. Tutti avevano un nome di battaglia, un po’ come per gli indiani o i gruppi tribali. “Lemuri” mi venne dato durante un’intervista in una radio locale. Il chitarrista della mia band di adolescenti dell’epoca vide un documentario su delle proscimmie che vivono in Madagascar chiamate così, trovò alcune somiglianze e, alla domanda del conduttore circa il mio nome, lo disse. Beh, alla fine quello pseudonimo rimase, al punto che ancora oggi a Pordenone ci sono persone che non mi conoscono come Vittorio, ma come Lemuri. Con il tempo, poi, ho avuto modo di scoprire che quelle proscimmie si chiamano così perché sono anche denominate “gli spiriti della notte”. Questa denominazione deriva dal fatto che, per gli antichi Romani, i Lemuri erano gli spiriti dei defunti; la leggenda, inoltre, afferma che in origine la mitica Atlantide si chiamava Mu o Lemuria e che i primi abitanti della terra sotto forma di spirito si chiamassero “Lemuri”. Tutto questo ha anche molto a che fare con il mio rapporto personale con il mondo dell’aldilà. Non è sicuramente un caso. Quindi, quando cominciai ad immaginare la vita e le incredibili storie inter-dimensionali del mio alter ego, capii subito che non c’era per lui nome migliore di quello che il destino ci aveva già assegnato.

Ci sono degli artisti, nell’ambito musicale ed in quello delle arti visive e performative, che consideri dei punti di riferimento?
Lungo la mia strada artistica ci sono state tante passioni, ma soltanto due mentori. Uno, quello fondamentale, è Peter Gabriel. L’altro, che purtroppo non c’è più almeno fisicamente, è David Bowie. È grazie ai loro insegnamenti che ho sempre pensato al cantante come ad una sorta di mago-sciamano capace di creare un incantesimo e di trasportare il pubblico in una dimensione parallela, almeno per la durata dello spettacolo.
L’incontro della canzone con il fumetto è sicuramente un connubio inedito: dalla tua fortunata partnership con il disegnatore Giulio De Vita è nata una vera e propria opera rock, che è andata in scena in Italia, Europa e Stati Uniti… vuoi parlarcene?
L’incontro con Giulio è stato magico. Lui vive a Pordenone ed è amico di mio fratello. Quando seppe del mio strano progetto, volle leggere la bozza del romanzo che raccontava le vicende di un ragazzino bullizzato in uno sperduto villaggio tra le montagne, il quale un bel giorno decide di affrontare un viaggio solitario verso un mondo sconosciuto e alla fine si trasforma nell’eroe visionario chiamato Lemuri. Il tutto gli piacque moltissimo ed insieme decidemmo di adattare la storia per realizzare un fumetto. Per me, che sin da bambino sono sempre stato un grande appassionato e lettore di fumetti, è stata la realizzazione di un sogno. È stato fantastico vedere tutti i personaggi e le ambientazioni nati dalla mia fantasia trasformati in immagini reali dal talento di Giulio. Nel frattempo, i suoi disegni sono anche diventati la scenografia di molti miei spettacoli ed abbiamo già in cantiere un nuovo show per quest’autunno in cui musica e disegno si fonderanno in un “concerto disegnato”. Che dire… Lemuri è diventato il personaggio di un fumetto e se qualcuno me lo avesse detto da ragazzino non ci avrei mai creduto.

Lo scorso anno hai pubblicato l’album “Viaggio al centro di un cuore blu”. Quali sono le tematiche e le fonti di ispirazione di questo lavoro?
Il disco è stato composto quasi interamente a Budapest, in uno scenario veramente ispirante. È il racconto metaforico, attraverso le canzoni, dell’unico viaggio che dà veramente un senso alla nostra vita, e cioè quello all’interno di noi stessi. Il “combustibile” principale per affrontare questo viaggio è un sentimento che viene spesso vilipeso e confuso con la tristezza, cioè è la malinconia. Io trovo che la malinconia sia invece un sentimento profondo, struggente, propositivo ed enormemente creativo. Senza la malinconia, a mio parere, non sarebbero esistite l’80% delle opere d’arte della storia umana. C’è una canzone all’interno del mio disco che afferma con certezza che, soprattutto in questo periodo storico, la malinconia è rivoluzionaria.

Uno dei brani che hai presentato alla finale del concorso è Don Chisciotte. Il testo rimanda al tema del “doppio”: il protagonista vive “una vita apparentemente normale” lavorando di giorno, mentre di notte combatte “nell’indifferenza totale”. L’io lirico, a contatto con lo stile di vita superficiale ed effimero tipico della società odierna, auspica di riuscire ad essere egli stesso simile al contesto in cui è costretto ad inserirsi, come strategia di sopravvivenza… è davvero così?
È sempre più difficile vivere controcorrente. Spesso capita di chiedersi se non sarebbe più facile uniformarsi alla massa conformista. Ma è impossibile. Quindi si continua imperterriti a combattere contro i propri mulini a vento.
Piero Dorfles ha definito Don Chisciotte un “emblema della moderna alienazione”, simbolo “dell’uomo solo, insoddisfatto di fronte all’enigma della vita, che deve inventare ideali utopistici per sostituire il nulla che si sente dentro, una volta persi i punti di riferimento della tradizione e del passato”. Il tuo Chisciotte può rientrare in questa descrizione?
Non conoscevo questa definizione di Dorfles, ma ti ringrazio perché corrisponde in gran parte a quello che Lemuri vive nella sua condizione di eterno sognatore visionario, insieme a molte altre persone che con fatica sono riuscite a non soffocare la voce del loro bambino interiore.

Nel brano Il mondo perfetto l’io lirico recita: “cerco sfide da raccogliere/ e nuove strade da percorrere/ con la testa tra le nuvole/e gli occhi di un bambino che non smette mai di credere/e cerco cieli da dipingere/e aspetto treni da non perdere/ e favole da vivere /senza avere più paura di sentirmi un po’ più fragile…” Quello in cui viviamo, dunque, è “il migliore dei mondi possibili” in cui l’individuo si può realizzare in maniera autentica? Questa idea è in armonia o in contrasto con la visione “donchisciottesca” della realtà?
Neanche a farlo apposta mi aggancio alla risposta precedente. La felicità è una scelta. Ogni giorno noi decidiamo di essere felici o no in base a quanto riusciamo ad avvicinare la vita che conduciamo ai nostri desideri più profondi. Il problema è conoscere quello che ci renderebbe veramente felici. Sembra facile ma non è così scontato. È proprio quello il vero scopo del “viaggio al centro del cuore blu”.

Tra gli ultimi successi che hai ottenuto, anche il premio di “Rock Targato Italia” lo scorso anno: questa vittoria ti ha aperto prospettive interessanti?
In questo momento la missione di Lemuri il Visionario è far conoscere le sue canzoni e la sua storia a più persone possibili. In questo senso ogni premio e ogni partecipazione ai contest più interessanti, e “Rock Targato Italia” fa parte di quella categoria, apre nuove prospettive.
Per concludere, quali sono i tuoi prossimi progetti?
In questo periodo mi sto dividendo tra i concerti e la scrittura di nuovi brani. Non solo per il mio progetto personale, ma anche come autore per altri cantanti e gruppi. Cerco di vivere il presente impegnandomi per dare il massimo ogni giorno, senza pensare troppo al futuro. La vita è un miracolo da vivere momento per momento. Grazie di cuore per le tue belle domande e a prestissimo.