L’evolversi della formazione guidata da Renato Franchi dal 1976 al 2000

L’avventura del “Canzonaccio”, formazione evolutasi in “The Kanzonaccio Band” con diversi cambi di line-up, è durata oltre vent’anni, restando al passo con i mutamenti della società e del panorama storico- politico italiano e mondiale. Abbiamo lasciato, nella precedente “puntata”, l’ensemble guidato da Renato Franchi nel 1987, con il fortunato tour nella DDR. Due anni dopo, nel 1989, il crollo del muro di Berlino e, insieme ad esso, i primi segni di sgretolamento del blocco filosovietico. Ma anche le proteste di piazza Tienanmen, l’elezione di George Bush a presidente USA, la nascita ufficiale del World Wide Web. Sono anni di cambiamenti epocali che si riflettono, direttamente o indirettamente, anche sull’attività artistica del gruppo altomilanese, che tuttavia continua instancabilmente ad esibirsi dal vivo, a volte con 150 date all’anno. Continuiamo a ripercorrerne la storia insieme al suo fondatore.

La band a Berlino Est nel 1987

Con l’inizio del nuovo decennio, hanno luogo altre due tappe fondamentali nell’evoluzione della band: un viaggio e la realizzazione di un altro album…

Purtroppo i tempi si stavano facendo difficili: siamo all’inizio degli anni Novanta, un periodo – come si è detto – di cambiamenti epocali, di terribili conflitti, di eventi che trasformano la società. Pensiamo soltanto a quello che avvenne nel 1991: scoppiano la guerra nell’ex Jugoslavia e la Guerra del Golfo, l’Unione Sovietica avvia il processo di dissoluzione, mentre in Italia ha luogo il primo grande sbarco di profughi albanesi, il PCI assume la denominazione di PDS e a breve esploderà lo scandalo di Tangentopoli. Naturalmente la nostra attività artistica e creativa non poteva non risentirne. Una delle nostre esperienze più importanti in questo momento drammatico per il mondo ci portò a Pola, in Croazia, con la nuova denominazione di The Kanzonaccio Band e con una formazione più rock e più “snella”. Tenemmo diversi concerti presso dei campi profughi proprio nel momento in cui imperversava la guerra nei Balcani. Purtroppo, per evitare questi orrori e questi massacri, l’uomo ha ancora molto da imparare… Nel 1994 uscì l’album Quando la guerra finirà, ispirato al periodo trascorso in quei luoghi e scritto ripensando agli anziani e ai bimbi che incontrammo in quel viaggio, quando le nostre canzoni erano solo una piccola fonte di speranza per tutte quelle persone che avevano perso la casa, i familiari, i loro affetti. Questo disco è quindi dedicato a loro e a tutte le vittime innocenti delle atrocità della guerra, ma non parla solo di questo: l’atmosfera che pervade i brani è legata al clima storico, sociale e politico di quegli anni. Quando la guerra finirà, inoltre, ha ricevuto anche recensioni più che positive da riviste del settore, quali Buscadero, Mercatino musicale, L’isola che non c’era ed altre ancora.

Resta il fatto che l’ensemble è stato soprattutto una live band…

The Kanzonaccio Band ha sempre avuto una grande forza dal vivo: di fronte al pubblico, con le canzoni che avevano una loro importanza e una buona resa sonora, tutti i musicisti trovavano la loro reale dimensione nel vivere al massimo ogni live, dal piccolo locale alla grande piazza. Non saprei contare le date dei concerti che sono stati effettuati! Di fatto siamo orgogliosi di aver avuto la possibilità di suonare in contesti importanti dal punto di vista sociale, ad esempio davanti alle fabbriche occupate. Ma anche più volte in Piazza del Duomo a Milano e anche in Piazza della Scala, in una fredda giornata di dicembre, con i fiocchi di neve che scendevano a tempo di rock, e poi a Varese, a Como, a Faenza, Trento, Piacenza, e altre città. E naturalmente in spazi da grande concerto rock come quelli di Berlino Est, Dresda, Lusia in Croazia e Pola.

Vuoi ricordare qualche episodio o aneddoto particolare?

Mi piace ricordare quando, prima del concerto a Berlino Est, in un’intervista un giornalista mi chiese il significato del nome della band, e io “a caldo” non ci avevo neanche pensato. Dissi che volevamo sottolineare che il nostro genere musicale faceva riferimento al rock internazionale, alla musica che amavamo da sempre, dalle grandi band come i Beatles, i Rolling Stones, i Deep Purple, alla musica italiana, a Dylan e ad altri ancora. The Kanzonaccio Band definiva la nostra musica un genere di “canzone scomoda” che, spaziando dal rock al blues al reggae, con qualche sfumatura jazz, aveva questa matrice di fondo…. Musica scomoda per il potere!

La band in concerto presso il cotonificio Cantoni di Legnano e l’ARCI di Varese

Quando si è conclusa l’esperienza della band?

La band ha continuato la sua attività fino al 2000. Uno degli ultimi concerti si tenne per la CGIL Varese con Massimo Bubola, presso i Giardini Estensi. Negli ultimi anni, inoltre, il gruppo si era associato a una cooperativa di musicisti con sede presso l’ARCI di Rho, denominato “Il Serpentone” (del quale facevano parte, ad esempio, gli Ego&Co., Bruno Carioti, i Bacon, Beans & Gravy) che si proponeva come coordinamento per i gruppi per proporre concerti alle varie strutture. Si era creata un’aggregazione di cantanti e di band che cooperavano per realizzare progetti: una “piccola utopia”, un’aggregazione di persone e di musicisti che collaborassero fattivamente, rompendo quelle separazioni tipiche dello show business, che esistevano (ed esistono purtroppo ancora oggi) nella cultura di tanti musicisti. Eravamo ingenui e sognatori, ma fu una bella stagione di creatività! In quel periodo la band era composta, oltre che da me, da Antonio Vigliano alla batteria, Giorgio Restelli al basso, Max Piro alla chitarra elettrica e Gianni Colombo al pianoforte e tastiere.

Il concerto ai Giardini Estensi di Varese nel 2000

Potresti tracciare un bilancio dell’attività del “Canzonaccio”?

Oggi sono davvero orgoglioso di poter tracciare un bilancio dei progetti realizzati da questo gruppo. Dalle produzioni discografiche, agli apporti dati a diverse cause sociali, politiche e umanitarie, ai momenti di gioia vissuti insieme al pubblico che seguiva le nostre date… ma, soprattutto, il sia pure modesto contributo ai lavoratori che stavano perdendo il loro posto di lavoro. E poi il supporto nei confronti dei temi legati alle problematiche della sicurezza nei luoghi di lavoro e dell’ambiente. Il mio orgoglio e quello dei musicisti che ho avuto al mio fianco sta nell’aver messo a disposizione le proprie capacità per una causa importante, cioè quella di avere un mondo migliore, con meno ingiustizie e più umanità! Questo impegno nostro e di tanti altri non ha raggiunto pienamente questi risultati, ma io penso di aver fatto “la cosa giusta” e credo che ci sarà sempre qualcuno che lancerà il suo urlo e un assolo di batteria o di chitarra verso il cielo, con gli stessi intenti e propositi che ci videro nel lontano 1976 ad incamminarci sulla strada della musica e delle canzoni impegnate…

“con il suono delle dita si combatte una battaglia

che ci porta sulle strade della gente che sa amare…”

Quando la guerra finirà

“A volte è meglio avere senso che successo!”: con questa emblematica dichiarazione l’ensemble guidato da Renato Franchi si presentava nel 1994 sul mercato discografico con questo lavoro che, pur non approdando – purtroppo – ad una posizione di primo piano sotto i riflettori dello show business, ricevette, come ha ricordato il cantautore, notevoli consensi dalla critica, ma anche dall’affezionato pubblico che seguiva la formazione nel suo neverending tour.

Il titolo dell’album prende spunto da una canzone di Massimo Bubola, autore molto amato da Franchi, tanto che echi della scrittura del cantautore veronese si colgono qua e là nelle sue composizioni (soprattutto in quelle degli anni successivi). Ancora una volta, come nel disco del 1985, il songwriter legnanese punta il dito contro le ingiustizie, le sopraffazioni, le guerre che dilaniano la società. Ricordiamo, infatti, che questo album nasce dopo l’esperienza vissuta dalla band in un campo profughi dell’ex Jugoslavia, dove la musica e i concerti avevano costituito un contributo di solidarietà alle popolazioni straziate dal conflitto. I brani sono firmati da Franchi, autore di tutti i testi e della maggior parte delle musiche, e da Gianni Colombo, che ha contribuito agli arrangiamenti, alla stesura delle parti dei fiati e alle idee musicali nel loro complesso insieme al resto del gruppo. Ricordiamo che Colombo suona con Franchi attualmente ed è dunque il suo più “longevo” collaboratore.

La band alla Festa Provinciale dell’Unità di Milano

La prima traccia, Mister P, stigmatizza una emblematica figura che personifica il potere e tutti i suoi abusi, i dittatori, i governi antidemocratici, ma anche la mentalità ristretta, l’indifferenza, le logiche economiche che prendono il sopravvento sull’attenzione ai bisogni individuali e collettivi. Un brano di drammatica attualità, se pensiamo al “signor P”(utin) e al recente conflitto russo-ucraino. Ci si chiede, poi, quando la guerra finirà nell’omonimo brano, ma si include anche una cover de Il disertore di Boris Vian, in una ispirata interpretazione che valse a Franchi un riconoscimento in Francia. In realtà la title track non vuole essere esplicitamente pacifista veicolando “facili” slogan, ma narra la vicenda di un protagonista “affamato di musica” e “assetato di attimi” che farà ritorno a casa solo “quando la guerra finirà”, un “cuore viaggiante” per usare una definizione cara al cantautore, e solo il tamburo e il flauto da marcia militare con l’esplosione a chiudere il pezzo ci ricordano che da qualche parte si continua a combattere. E spesso durante gli scontri si erige una Barricata, che in questo caso separa chi sfrutta e chi opprime da chi invece lotta con coraggio per un ideale, un diritto, un sogno, un cambiamento. Il cantautore vuole poi sottolineare come preservare la propria unicità e individualità, restando lontano dall’omologazione e coltivando i propri sogni come un giardino, sia fondamentale fin dalla più giovane età, e così invita la figlia adolescente (A Marta) a restare sempre fedele a se stessa. Per ognuno di noi descrive invece la quotidianità, fatta di momenti positivi e negativi, scelte da compiere, obiettivi da raggiungere: tutto è più facile, però, al fianco della persona amata. Qui sono le tastiere di Antonio Guzzetti a caratterizzare il brano con colori ed atmosfere tipicamente anni Novanta. Si vira decisamente verso altri lidi con il reggae di Via col vento, ma la tematica è sempre quella del bisogno di autenticità, della necessità di porsi in controtendenza rispetto alle mode e alle tendenze predominanti, con determinazione ma anche con leggerezza.

La band in due diverse edizioni della Festa Provinciale dell’Unità di Milano

Altri brani, come La luna o Ancora blues, si spostano verso altri orizzonti anche nelle sonorità. Nel primo l’intro di piano e l’ingresso dei fiati ci trasportano verso atmosfere notturne e sequenze quasi cinematografiche, ma l’attenzione è sempre sulla ricerca dei valori che rendono la vita degna di essere vissuta. L’assolo di chitarra finale e il dialogo con la voce femminile conferiscono intensità a un brano che fa rimpiangere che l’avventura discografica del gruppo si sia conclusa con questo lavoro. L’episodio forse più riuscito dell’album è però proprio Ancora blues, che si apre e si chiude con una registrazione d’altri tempi (Black Eye Blues di Ma Gertrude Rainey, del 1928). Il groove del basso, l’incalzante pianoforte, l’ingresso del sax conferiscono poi ulteriore carattere alla vigorosa interpretazione vocale di Renato, che duetta con Isabella Branca e racconta di vita notturna, di frustrazione, di come la musica abbia un potere liberatorio, e ciò viene ribadito dagli assoli di armonica e di sax e dal battito pulsante della batteria di Angelo Corvino.

Una bellissima avventura musicale, dunque, viene testimoniata da questo album, che avrebbe meritato di essere seguito da altri lavori discografici, ma che per svariate motivazioni si concluse, come si è detto, nel 2000. L’anno seguente, Franchi fondò, con altri collaboratori, l’Orchestrina del Suonatore Jones. Ma questa è storia recente ed è già stata raccontata altrove.

Formazione:

Renato Franchi – Voce & Chitarra

Giorgio Restelli – Basso

Max Piro – Chitarra Elettrica

Gianni Colombo – Pianoforte

Angelo Corvino – Batteria

Gianni Binaghi – Sax Soprano

Antonio Guzzetti – Tastiere

Track list:

1. Mister P.  4:34

2. La Luna     5:52

3. Ancora Blues      6:00

4. Quando La Guerra Finirà…     6:32

5. Il Disertore 3:44

6. La Barricata 4:48

7. A Marta 3:34

8. Per Ognuno Di Noi 5:01

9. Via Col Vento     4:52

10. Quando La Guerra Finirà (Ripresa) 1:03

Renato Franchi e la sua band (marzo 2022): a sinistra, Gianni Colombo alle tastiere

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