L’area dell’ex Opificio Visconti, che un tempo ospitava un’attiva industria tessile, è di recente rinata a nuova vita
Spesso le aree post-industriali divengono luoghi caratterizzati dal degrado e non è facile riqualificarle; in altri casi, invece, ciò che ne resta viene integrato nel territorio e trova una nuova destinazione, o viene preservato a testimonianza degli accadimenti del passato, delle storie delle donne e degli uomini che tra quelle mura hanno trascorso un periodo significativo della propria vita, ma anche dell’impronta che la presenza delle fabbriche ha impresso sul territorio stesso. Molti di questi siti, in entrambi i casi – sia se restano abbandonati a se stessi, sia quando vengono ristrutturati – emanano un grande fascino. Osservandoli è infatti inevitabile ripensare ai momenti in cui all’interno di essi fervevano le attività produttive, con tutte le loro implicazioni, positive e negative, sulle persone e sull’ambiente. Al tempo stesso, ciò che resta di queste strutture – anche quando si tratta di resti che l’incuria e il tempo hanno danneggiato e ridotto a qualche brandello di muro – attira spesso l’attenzione di molti artisti che vengono coinvolti in attività di ristrutturazione, ad esempio realizzando dipinti e murales, o di chi sceglie queste location per realizzare servizi fotografici, video musicali o per girare scene di film.

Tra i tanti luoghi di questo genere presenti sul territorio lombardo, concentreremo la nostra attenzione su uno di essi, situato in una delle aree più operose della regione, l’Alto Milanese. Si tratta dell’ex Opificio Visconti a San Vittore Olona, in via Barlocco, non lontano dal centro della cittadina. Il borgo si trova lungo la statale del Sempione, che segue in gran parte l’antica via Saveriana Augusta tracciata dai Romani; intorno all’anno Mille vennero qui costruiti dei mulini che, utilizzando le acque del fiume Olona, macinavano grano ed altri cereali, e ciò attirò l’attenzione delle famiglie Torriani, Visconti e Sforza, che se ne contesero il possesso. Nei secoli successivi il feudo di San Vittore venne acquisito da diverse casate nobiliari. La rivoluzione industriale toccò anche questo paesino: dal 1820 nacquero diversi opifici lungo la valle dell’Olona e alla fine dell’Ottocento a San Vittore, che contava circa mille abitanti, le attività praticate erano la tessitura e la produzione di calzature.

Presso il Consorzio del Fiume Olona è conservata la documentazione che descrive gli inizi dell’attività tessile a San Vittore. Nel secolo XIX i duchi Visconti di Modrone erano i proprietari dei campi da San Vittore a Canegrate e dei tradizionali mulini. Inizialmente i Duchi decisero di adattare uno di essi per la filatura di cotone e tra i lavori di ristrutturazione ci fu l’aggiunta di una ruota idraulica in ferro. La nobile famiglia milanese poi acquistò il cotonificio di Vaprio d’Adda, avviando un’attività industriale destinata a durare per oltre un secolo, e in seguito ristrutturò la filatura di San Vittore installando una caldaia per la produzione del vapore, innalzando la tipica ciminiera, a supporto della forza idraulica fornita fino a quel momento soltanto dall’acqua del fiume. Di padre in figlio, i Visconti di Modrone gestirono lo stabilimento investendo nell’ammodernamento degli impianti e delle attrezzature. Qui era prodotta la famosa “tela Olona”, un tessuto molto resistente, impiegato soprattutto nel settore nautico, che veniva esportato anche oltreoceano.


Ai primi del Novecento Uberto Visconti di Modrone, mecenate delle arti oltre che imprenditore (fu presidente del Teatro alla Scala) e podestà di Milano, si ritrovò a capo del gruppo tessile e si adoperò per superare un momento di crisi dovuto al cattivo raccolto del cotone e alle agitazioni operaie. La manodopera era composta da una settantina di persone, per lo più donne, che si sottoponevano a turni massacranti, fino a sedici ore al giorno, mentre i loro mariti e figli lavoravano nei campi. Tra i telai c’erano anche molte bambine, perché le loro mani piccole erano – purtroppo – perfette per riannodare i fili spezzati durante la lavorazione. Le testimonianze, prevalentemente orali, dei lavoratori dell’epoca raccontano le pessime condizioni di lavoro, con pesanti turni che avevano inizio alle sei del mattino e proseguivano per dodici ore con una breve interruzione di mezz’ora e a fronte di un misero salario.
L’attività dell’opificio continuò durante le due guerre mondiali e nei decenni successivi fino al 1990, quando la tessitura di San Vittore Olona chiuse definitivamente i battenti e la fabbrica fu abbandonata. Sopravvissero solo qualche muro di mattoni rossi, la grande ciminiera solitaria e le vele di alcune navi storiche come l’Amerigo Vespucci, realizzate con la tela che qui era prodotta.

Dopo un periodo di abbandono durato una ventina d’anni, la “rinascita” dello spazio dell’ex stabilimento ha avuto inizio con la realizzazione di un murale nel maggio 2018, a cura degli artisti dell’associazione culturale Spazio Ars. Da un lato ci sono una fabbrica stilizzata, con la ciminiera, e tre personaggi che si raccontano in un fumetto, mentre lunghi fili d’erba si fanno rocchetti e trame, intessuti nel verde della natura che si intreccia alle onde del fiume. Dall’altra, le pale curve di una ruota idraulica fanno parte del paesaggio, come il sambuco e il frumento, scelti per rappresentare il panorama dell’Olona Greenway, un percorso lungo una decina di chilometri, percorribile a piedi o in bicicletta, nel quale la storia del territorio e la natura si incontrano per essere compresi e vissuti.

Oggi lo spazio è una tappa per chi effettua passeggiate nel verde, nel Parco dei Cinque Mulini, e resta a testimoniare un operoso, importante ma a tratti drammatico passato. Le vestigia delle architetture in mattoni rossi, la ciminiera, le arcate – ora integrate nel parco pubblico – hanno sicuramente un che di suggestivo e sono state talvolta utilizzate come set fotografico. Anche Renato Franchi & His Band, di stanza nella vicina Legnano (tra l’altro uno dei componenti, il batterista Viky Ferrara, è residente proprio a San Vittore) l’hanno prescelta per il photoshoot i cui scatti, ad opera del fotografo Davide Morello, andranno ad arricchire l’artwork del loro prossimo album “Attimi di Infinito”, la cui uscita è prevista per il prossimo 25 aprile.

Foto di Davide Morello
Il prossimo 20 febbraio l’ensemble di musicisti lancerà, tramite la piattaforma “Produzioni dal Basso”, la campagna di crowdfunding per coinvolgere attivamente i propri ammiratori nella realizzazione del nuovo progetto discografico, il quattordicesimo firmato dal cantautore e dalla sua band (il sedicesimo, in realtà, se si contano i due album della prima formazione guidata da Franchi, il Canzonaccio/The Kanzonaccio Band). La scelta della location per il servizio fotografico non è casuale. L’album, infatti, unisce testi densi di suggestioni poetiche e letterarie, sostenuti dal sound folk-rock caratteristico della band, a brani che rivolgono uno sguardo verso la società e le sue problematiche. Realizzare, pertanto, degli scatti in un ambiente dalla valenza storica, significativo per il territorio, è stata una scelta coerente con il contenuto del disco. Così si è espresso lo stesso Renato Franchi al riguardo:

Foto di Davide Morello
Realizzare la copertina di un disco è un momento affascinante e importante per una band, un musicista, un progetto discografico e determinante è la scelta di una location coerente all’atmosfera dell’album… decisione delicata, soprattutto se l’album è titolato “Attimi di Infinito”… cosi inizialmente si guarda lontano e la fantasia ti fa volare verso il mare, le montagne, lungo una strada senza confini, una via di New York, di Londra, una periferia di Parigi… Poi si accende una piccola scintilla, qualcuno ti dice che lì a due passi dal castello Visconteo di Legnano, a San Vittore Olona, c’è un angolo di storia e di vita con le tracce di un passato, fissato nel presente e proiettato nel futuro. Conservati in un piccolo e gradevole parco giochi, abbiamo trovato una parte dei resti di una struttura industriale; l’Opificio Visconti di Modrone, una fabbrica tessile inattiva ormai da diversi anni, un vero e proprio museo sotto il cielo.

La fabbrica è chiusa e abbandonata, la sirena ormai da tempo non suona più e lì accanto sono sorte nuove costruzioni, delle palazzine e qualche villetta, in rappresentanza di ciò che c’era ieri e che si fonde con l’oggi. Quando siamo arrivati al parco di Via Barlocco per il servizio fotografico, mi sono immaginato gli operai e le operaie entrare e uscire per il loro turno di lavoro, a piedi, in bicicletta e poi, in ragione del progresso che ha dato un po’ di benessere, in auto o con i motorini. Mi sembrava di andare lontano, come quando si legge un libro, si spicca il volo nei luoghi descritti e ci si identifica con il protagonista del romanzo. Mi sono guardato attorno, consapevole che lì vicino passa il fiume Olona con le sue acque inquinate dall’incuria e dalla speculazione. Ho immaginato la vita, la gioia, ma anche la fatica di donne e uomini che hanno lavorato dentro le mura di quella tessitura. Questo luogo è inoltre vicinissimo a dove ho vissuto per tanti anni quando abitavo a San Vittore Olona ed è da lì che passano correndo veloci gli atleti dell’annuale gara podistica internazionale “La Cinque Mulini”. Questa cittadina e il suo piccolo parco sono diventati così per noi New York, Londra, Parigi, il mondo, l’idea viva e concreta che ci ha permesso di fissare le immagini nel booklet e nella grafica dell’artwork del nostro prossimo lavoro discografico, fatto di canzoni che viaggiano negli “Attimi di Infinito”. Nel frattempo io alzo lo sguardo al cielo e continuo a guardare lontano!



In concomitanza con il lancio del crowdfunding per la realizzazione dell’album “Attimi di Infinito” uscirà a breve su tutte le piattaforme digitali il singolo Ballata della pioggia e delle rose, dedicato ad una tematica di drammatica attualità, quella degli incidenti che ogni anno costano la vita a numerosi lavoratori e lavoratrici. Si tratta di un argomento molto vicino alla sensibilità del cantautore legnanese, che si è speso lungamente nel settore della sicurezza e della prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro. Nel brano parole di aspra denuncia vengono accostate ad immagini poetiche, come spesso accade nelle composizioni di Franchi, capace di narrare storie prive di lieto fine con toni delicati, come già era accaduto in Canzone per Ion, ispirata alla vicenda di Ion Cazacu, operaio arso vivo nel 2001 dal suo datore di lavoro.

Foto di Davide Morello
Per questa coinvolgente ballata combat-folk, in cui è protagonista il timbro della fisarmonica di Roberto Nassini, Renato ha voluto accanto a sé l’amico di lunga data Marino Severini dei Gang. Il testo riecheggia diverse situazioni legate allo sfruttamento e all’incuria e i fatali incidenti di cui sono stati, e sono tuttora, protagonisti numerosi lavoratori e lavoratrici. Si va dai cantieri edili, in cui a volte non si rispettano le norme di sicurezza, ai campi in cui i raccoglitori stagionali della frutta vengono sottopagati, all’esplosione presso la Tyssen-Krupp di Torino, in cui 7 operai perirono nel 2007. E poi, ancora, le malattie professionali dovute all’esposizione a sostanze tossiche, come l’amianto, e i tragici episodi in cui, recentemente, alcuni giovani hanno perso la vita, incastrati negli ingranaggi di un macchinario o schiacciati sotto il crollo di un soffitto. A tutte queste vittime viene reso un commosso omaggio: gli uomini e le donne che hanno perso la vita sono trasfigurati in pioggia, in fiori gettati a terra, in stelle comete che si dissolvono durante il volo.

Foto di Davide Morello
In attesa di ascoltare questa e le altre tracce del nuovo disco di Renato Franchi & His Band, ciò che resta dell’opificio, in una bella giornata di sole o in un mattino invernale spazzato da un gelido vento, ci racconta di esistenze passate e ci proietta su strade future… “verso l’infinito e oltre”.